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Filosofia dell’anima – Sul perché non sono d’accordo con Liliana Segre: l’indifferenza di oggi non è la stessa degli anni ’30 e ‘40, ed è un falso storico sostenerlo!

C’é Male e male!

Certo, vedere la senatrice Liliana Segre che fa “presenza” da Fazio, il re delle marchette televisionarie, ci indigna in po’, soprattutto perché su questo sito l’abbiamo sempre celebrata, specie in virtù delle sue nette prese di posizione contro le vergogne renziste! Ma in fondo su questo la possiamo perdonare: del resto sembra che nessuno, ma proprio nessuno, riesca a impedirsi di lustrarsi le penne in uno studio televisivo, anche quando per-essere, per aver-da-essere, non avrebbe certo bisogno di presentarsi in codeste bettole intellettuali!

Diverso è sostenere che “l’indifferenza” di oggi sarebbe la stessa che si manifestò negli anni ’30 e ’40, nella Repubblica di Weimar, nella Germania nazionalsocialista e nell’Italia del ventennio: questo è un falso storico. “L’indifferenza”, seppur vogliamo usare lo stesso termine, che poi portò al sommo male del nazismo, e che trovò la sua maggior fioritura nel periodo della Repubblica di Weimar, nasceva di fatto da motivi molto precisi. Nasceva, nel caso di tanti tedeschi, da una rovinosa Guerra mondiale prima, e da un sentimento di annichilimento personale e individuale poi! I reduci che vivevano Weimar erano per lo più esseri distrutti nel fisico e nell’anima, e per certi versi ricordavano i personaggi della The Waste Land (1922) di T. S. Eliot, che fondamentalmente avevano la stessa malattia.

Attenzione, ho detto “nel caso di tanti tedeschi”, perché in realtà, almeno fino al 1929, anno del grande crollo della borsa di Wallstreet, che impattando sulla produzione industriale americana poi produsse disastrose conseguenze pure in Europa, esisteva anche un’altra Germania. Si trattava di una Germania tutto sommato “felice”, che si stava riprendendo benissimo dalla guerra e in alcuni casi di nazionalsocialismo, o di estremismo (perché i comunisti non erano migliori dei loro oppositori di estrema destra) non ne voleva neppure sentir parlare! Questo fatto è così vero che per lungo tempo, dopo il “putsch” di Monaco, anche a dispetto del loro grande impegno, i nazionalsocialisti trovarono difficoltà a “sfondare” politicamente come avrebbero voluto; ed è così vero che quando nel 1933 Hitler era già Cancelliere, dovettero comunque usare la scusa dell’incendio nel Reichstag (probabilmente appiccato da loro stessi), per imporre le loro leggi criminali speciali, con tutto ciò che ne è venuto.

Questo per dire che i fatti degli anni ’30 e ’40 sono stati anche conseguenza di una serie di fattori e congiunture esterne straordinarie, che hanno contribuito in maniera sostanziale non solo ad esacerbare gli animi, ma anche attivamente a creare i mostri che sono stati creati. Gli individui di quegli anni erano soprattutto vittime, e non avevano scelte a disposizione, se non una peggiore dell’altra. Nella maggior parte dei casi, infatti, coloro che avevano la forza per osare di più, la usavano come di norma la usa l’essere umano, ovvero per raggiungere i suoi privati fini, nulla più!

Raccontare che quella che viviamo noi sia la stessa società di quel tempo, anche solo rispetto al fattore “indifferenza” è, ripeto, un falso storico, ma non solo, è una falsità sotto un’infinità di prospettive. L’indifferenza di questi tempi, qualora esista (perché sappiamo che esistono tante persone che della Società e degli altri se ne prendono cura e non girano la faccia dall’altra parte), lungi dall’essere figlia di una guerra rovinosa, è soprattutto figlia di una precedente ricchezza esagerata ed immeritata. Anche di una falsa ricchezza che, infatti, è subito diventata bolla di sapone, quindi lasciando tanti nella merda e tanti altri… nell’indifferenza, appunto. Diceva qualcuno molto saggio che non vi è maggior sofferenza del ricordare una passata ricchezza in tempi di povertà; è sicuramente vero, se non fosse che nei nostri tempi “social”, indifferenti anche in virtù di una acquisita, profonda incapacità di pensare di tipo arendtiano, cioè di una banalizzazione totale del concetto di aver-da-pensare, sono appunto anche pochi coloro che sanno riflettere su questi argomenti, che sanno creare ideologia (anche quando declinata in positivo) da simili status-quo.

Dovendo definire l’indifferenza di questi tempi io lascerei dunque da parte il richiamo di antichi spettri, e la definirei come un importante malattia dei tempi, procurata non da una vera e propria malizia, non da cattiveria, ma da una quasi totale incapacità di pensare, da una grande pigrizia di pensiero, da una necessità compulsiva del sottomettere il maggior bene dell’essenza alle ragioni becere dell’apparire… proprio come si fa nello studio televisivo pallonaro dove lei si è recata, cara Liliana… e ho detto tutto!

Rina Brundu