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Filosofia dell’anima – Di un sogno bellissimo e quasi kafkiano

building-390634_960_720.jpgOggi ho fatto uno di quei sogni bellissimi che sovente faccio. Sono talmente belli, anche artisticamente, che ho sempre desiderato poterne scrivere, buttarli giù, farne una sorta di libretto, ma naturalmente non c’é mai tempo. Altre volte mi sarebbe piaciuto avere qualità pittorica, fermare quelle immagini straordinarie anche sul piano del reale, ma purtroppo ho lo stesso talento pittorico di un ratto in fuga… da simili opportunità.

Nel sogno di oggi mi sono improvvisamente ritrovata in un luogo incredibile, che in inglese non esiterei a chiamare la “hall of fame”, ma che in italiano non saprei come nominare. Si trattava di un locale immenso, lunghissimo, alla distanza riuscivo a vederne la parete di fondo. Questa preziosa sala era uno strano miscuglio tra una sala da ballo reale, una biblioteca sofisticata, una cattedrale prestigiosa: le pareti erano letteralmente rivestite d’oro e all’interno si scorgevano banchi costruiti con legni rari, finanche profumati.

Mentre percorrevo quella che sembrava essere la lunghissima navata di mezzo, mi sentii allegramente spiegare a un qualcuno che mi accompagnava, che intuivo una ragazza ma di più non saprei: “Io sono stata qui in un’altra vita”. Lei rise, sembrava quasi che non mi credesse. D’improvviso ci trovammo fuori da quell’immenso luogo, in un orto adiacente che pareva terreno che gli appartenesse, un poco come accadeva tanto tempo fa quando le abazie medievali possedevano anche i terreni d’intorno, i quali erano per lo più destinati alle colture.

Anche questo enorme terreno era coltivato. Stranamente però, in tutta questa immensa superficie, che pareva arata di fresco, con la terra che si mostrava dunque di un marrone vivo, come quando piove e il colore s’iscurisce, non si vedeva un solo albero. Il terreno era arato soltanto. Ben presto, io che mi scoprii già con un frutto maturo tra le mani, esortai colei che mi accompagnava a scavare anche lei. Tosto, pure questa ragazza ne tirò fuori uno, meno maturo del mio ma sempre bellissimo, da quell’orto magico che a ben pensarci somigliava al giardino delle monete descritto da Collodi.

Per la verità si trattava di un giardino anche più incredibile, dato che evidentemente tutto colà funzionava all’incontrario, dato che i frutti si trovavano sottoterra e non tra gli alberi che non c’erano. Poi, d’incanto, in virtù di quelle dinamiche tutte particolari dei sogni. dove d’improvviso ti accorgi di sapere più di ciò che dovresti e non hai idea di come questo sia potuto succedere, mi è parso di capire che il significato di quella visione fosse che la fama (ricordate la hall of fame di cui sopra?) ce la guadagniamo in terra (sotto), non dopo morti (sopra, in cielo?). Il problema è che non mi risulta che io mi sia mai posta questa domanda e dunque lo sconcerto mi resta.

A quel punto, mentre ancora in quest’orto favoloso in compagnia di questa ragazza di cui non saprei, ho sollevato lo sguardo e da quell’altezza ho visto un panorama immenso. Non ricordo che cosa ci fosse nel mezzo ma ricordo perfettamente come si chiudeva l’orizzonte: con delle vallate nere che formavano come una piccola mezzaluna nel cuore di una bellissima montagna innevata, che si ergeva altissima e la cui punta brillava e quasi sfiorava il cielo.

Non ho davvero idea da dove venga questo sogno, ma in quello ero felice e in virtù delle sue atmosfere quasi kafkiane ho deciso, una tantum, e in attesa del mio libro sui sogni, di renderlo pubblico, anche in barba alla mia privacy su cui di norma non transigo,  ecchessaramai?!

Rina Brundu

2 Comments on Filosofia dell’anima – Di un sogno bellissimo e quasi kafkiano

  1. questo mi piace! sarà che anche io ne ho scritti talmente tanti di sogni bellissimi e dettagliati nel mio “libro dei sogni” ideale, che mi fa piacere accompagnarti tra queste stanze dorate e valli innevate e giardini curati.E tuttavia, ho imparato in tanti anni di innumerevoli”sognate” a smetterla di raccontare i miei sogni. Annoiano chi ascolta tutti i segnali che invece per me hanno un significato magico. Ma con te è diverso. Tu capisci e io capisco. E allora ti dico, vai avanti. Mi ricordo di una riunione tra colleghi del MCE, negli anni 80, quando andava di moda scrivere i propri sogni e poi leggerli e commentarli nel gruppo. Fu la prima e unica volta che parlai di mio padre, che non sogno quasi mai. E riuscii a capire alcune cose a cui prima non avevo mai pensato. Io vivo la mia seconda life nei miei sogni e mi piace.

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