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SOLDATI del Giuseppe Ungaretti sublime. Un’analisi (breve).

soldatidi Rina Brundu. Tra i lavori classici che abbiamo scelto quali elementi d’ausilio didattico per il lancio della primo numero della rivista L’APPRODO dedicata all’autunno, ci sono due versi di Giuseppe Ungaretti che continuano a meravigliarmi, a commuovermi, ad emozionarmi, a lasciarmi letteralmente senza parole, si tratta della poesia breve SOLDATI.

Raramente, infatti, ho letto qualcosa di così conciso e significante. Qualcosa di così sublime. In questa metafora dei soldati paragonati alle foglie d’autunno vi è di fatto tutto. Tutti i discorsi che si possono fare sulla caducità, fragilità, fugacità, fuggevolezza, instabilità, labilità, precarietà, provvisorietà …della vita, sul nostro destino, sul vero status-quo nella nostra esistenza, su ciò che dovrebbe essere l’arte poetica. Ma non solo.

C’é una delicatezza, una ritrosia nell’espressione che tiene il cuore in mano, quasi che parlando si temesse tutti quanti, l’io lirico incluso, di fare vento e provocare la caduta di quelle foglie malamente sospese, in bilico, prima del tempo, s’intende, perché poi il loro destino si compirà comunque.

D’autunno. Semplicemente, meraviglioso!