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Giornalismo online: la memoria

Sulle “brillanti promesse”, i “soliti stronzi” e i “venerati maestri” del giornalismo online.

di Rina Brundu. Una delle differenze fondamentali tra giornalismo tradizionale e giornalismo online è che quest’ultimo è capace di creare memoria ad un passo molto più accelerato. Ad un tempo, la memoria non vive dentro un universo concluso, quanto piuttosto marcata dalla caratteristica dimensione atemporale che governa le cose della Rete. Tutto qui e ora per la precisione, e a segnare lo scorrere dei giorni, a volte è delegato solamente un modesto simbolo grafico, una data, stampata qui o lì, a margine o in calce all’articolo.

Naturalmente l’atemporalità è soprattutto illusione, incalzata appunto da un processo formativo di memoria tanto veloce quanto è veloce l’upload di nuovi post, nuovi commenti, nuovi articoli. E tanto corposo quanto lo è il numero di pezzi pubblicati. Un numero grandissimo. Senz’altro, un numero impossibile da immaginare dentro le dinamiche del mondo cartaceo. Ma la memoria non riguarda solamente i fatti o le notizie riportate, che si succedono a ritmo impressionante (o i follow-up di diversa natura che si producono tra i commenti in calce). Riguarda anche la formazione dello stile e dunque dell’identità delle firme che si occupano di riportare le notizie. Sì, perché identità fa anche equazione con memoria quando vista come somma di risultati e dei diversi momenti che hanno portato all’ottenimento degli stessi.

Non sembrerebbe, perché i pezzi pubblicati sono decine di migliaia, e gli autori altrettanti, ma è mia convinzione che in questi tempi epici del giornalismo online, un altro processo molto importante si vada delineando. Ovvero si possa già intuire quali siano le “brillanti promesse”, “i soliti stronzi” e finanche quali saranno i “venerati maestri” di questa specifica professione. In altre parole, quali saranno i giornalisti digitali che in un tempo futuro potranno incidere in maniera fattiva sulla società di riferimento, riportando al giornalismo-online le responsabilità che gli competono e smarcandolo nettamente dall’universo limitante del fare-mera-opinione (disinformata et disimpegnata). Et, dulcis in fundo, quali saranno i professionisti capaci di creare memoria che un giorno saprà diventare Storia del Giornalismo a tutti gli effetti.

Certo, nulla si può ancora dire sui “venerati maestri” che, se mai ci saranno, giungeranno buoni ultimi, come sempre si conviene a chi se ne va in giro responsabilizzato da uno status prestigioso, acquisito in virtù dell’esperienza e della qualità di quanto ha saputo produrre (per la serie i conti si fanno sempre alla fine). Ma è indubbio che di “brillanti promesse” ce ne siano parecchie. Giovani giornalisti-e-giornaliste-di-belle-speranze che provano la loro capacità e la loro bravura ogni giorno, postando pezzi validi e informati e che la maggior parte delle volte lo fanno a-gratis. Per quanto mi riguarda questa è una gavetta ben più importante (considerando anche quanto sia facile in Rete ridicolizzare un lavoro non valido) della classica pubblicazione sul giornaletto di provincia per diventare pubblicisti, e finanche dell’esamino di Stato, all’insegna del motto nazional popolare risposta-numero1-2-o-3, per diventare professionisti.

Sarebbe dunque logico che a questo grande serbatoio di talenti naturali (e non raccomandati), guardassero i grandi giornali nel delineare le loro strategie di lungo termine. E non tanto per realizzare il futuro di quei giornalisti-in-nuce, quanto piuttosto per assicurare il loro stesso avvenire. Lo abbiamo detto, più volte, che è impossibile pensare ad un giornalismo-che-verrà governato dalle regole vigenti. Sotto ogni punto di vista. E soprattutto sotto la prospettiva del mero impegno economico editoriale. L’editore del domani avrà infatti ogni diritto di pretendere un giornale in linea con il minimo requirement-tecnico (in senso lato, anche e soprattutto rispetto al know-how del professionista impiegato) che gli può garantire la tecnologia. E dunque di pretendere il risultato corrispondente. Qualsiasi altra posizione determinerebbe il suo fallimento come imprenditore, la quale cosa non porterebbe il bene di nessuna delle parti in causa.

Se é indubbio che la Rete brulica di “brillanti promesse”, è anche vero che tra i giornalisti digitali già non mancano i membri di un’altra categoria fondamentale. Una categoria a cui sempre ci piacerebbe appartenere, se non per merito almeno per vocazione. Sto parlando ovviamente dei “soliti stronzi”, ovvero dei giornalisti o pseudo-tali che si barcamenano ogni giorno senza “infamia e senza lode” e a cui le visioni del giornalismo-paradisiaco sono, se non precluse, bonariamente negate. Ma che alla fine della fiera sono pure coloro che girano-la-ruota. Vivendo di riflesso. Temo infatti che questo genere di “memoria” continuerà a riprodursi in Rete, sebbene è pure certo che fare l’agognato salto di qualità dipenderà soprattutto dalle capacità del singolo. Ed è questo un fattore di crescita la cui rilevanza occorrerebbe non sottovalutare.

Un genere di “memoria”, di deleteria modalità propositiva, caratteristica delle cose del giornalismo cartaceo, che invece vorremmo non fosse mai riprodotta in Rete, sono le assurde dinamiche pensate per castrare lo spirito del professionista che scrive e per privarlo della sua libertà di espressione. Finanche della sua libertà personale. Come purtroppo insegnano le cronache di questi giorni. Giornalismo cartaceo o giornalismo online, il rispetto delle idee altrui, delle sue opinioni, dei suoi credo politici, religiosi,  non dovrebbe venire a mancare in nessuna circostanza. Perché vivere la Rete, anche dalla mera prospettiva del fare-notizia, dovrebbe significare sempre guardare avanti con fiducia, e non voltarsi indietro temendo le lunghe ombre che gettano gli improbabili vecchi peccati.

Dedicato