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Un Sardo di carattere: il nuorese Indro Montanelli

di Massimo Pittau. Il prof. Sestilio Montanelli, padre di Indro Montanelli, il famoso giornalista deceduto di recente, era stato mandato a fare il preside nella Scuola Normale di Nuoro (che corrispondeva all’odierno Istituto Magistrale) nel 1920 e vi rimase per cinque anni e per altrettanti suo figlio frequentò a Nùoro gli ultimi due anni delle scuole elementari e i primi tre del Ginnasio.
Il futuro giornalista fu compagno di scuola di uno degli Offeddu, Orazio, e con lui mantenne sempre buoni rapporti di amicizia. Il figlio di Orazio, Luigi Offeddu, in seguito, entrò nel mondo del giornalismo appunto dietro la scia di Indro Montanelli.

La famiglia Offeddu abitava in via Giorgio Asproni, accanto alla cattedrale di Nùoro, ed i ragazzi del vicinato avevano come normale campo di giochi il “piazzale” di Santa Maria della Neve, alla cui parte opposta, nel rione di Lollobeddu abitava la mia famiglia, in una casa posta nell’angolo tra la piazza e via Guerrazzi. Ebbene, proprio nel “piazzale di Santa Maria” il più grande dei miei fratelli, Francesco, ebbe modo di giocare con gli Offeddu e con Indro Montanelli ragazzi, e tutti parteciparono alle scorribande che la banda effettuava oltre Monte Jaca, nella direzione di Isporósile e di Sutta ‘e Crèsia, fatte per rubacchiare ciliegie, mele appie e mandorle ancora verdi (sa cucuja).

Una trentina di anni fa mi è capitato di assistere a Dorgali alla cerimonia di consegna ad Indro Montanelli di un premio, uno degli innumerevoli che gli sono stati assegnati durante la sua lunga vita e carriera. In risposta alle parole di saluto e di motivazione del premio, egli ebbe modo di parlare della sua fanciullezza passata parecchi decenni prima a Nùoro e, con nostro grande stupore, egli parlò con commozione di quel suo soggiorno nuorese e soprattutto della formazione di carattere che ne aveva derivato dalla frequenza coi ragazzi di Nùoro. D’altronde, in un incontro che Montanelli ebbe con l’ex-bandito di Orgosolo Graziano Mesina nel 1992, il giornalista ritornò sul tema della formazione del suo carattere ricevuta tra i ragazzi di Nùoro esprimendosi testualmente in questo modo: «Ricordo che a Nuoro si faceva a botte per un nonnulla. Per guadagnare un certo credito non bisognava mai subire, ma rispondere colpo su colpo. Se uno non reagiva era considerato un mezzo uomo, umiliato, massacrato. Io ero gracilissimo, ma presi ottime lezioni di botte, e quando lasciai la Sardegna avevo un discreto stato di servizio» (Venerdìde “La Repubblica” del 3 agosto 2001).
Non mi ricordo esattamente se da mio fratello Francesco oppure da Orazio Offeddu io sia venuto, molto tempo dopo, a conoscenza di uno dei primi “insegnamenti” di furbizia e di formazione del carattere che il ragazzo Montanelli subì appena arrivato a Nùoro ed appena venuto in contatto coi ragazzi del “piazzale” di Santa Maria. Egli fu sottoposto allo scherzo detto del «Re zoppo», sa brulla de su Re thoppu. Al malcapitato veniva prospettato un gioco, nel quale il ruolo del ragazzo gabbato appariva un altro, mentre in effetti lo era soltanto lui. Un ragazzo dunque doveva fare la parte del cavallo, sul quale sarebbe montato il Re, che risultava essere zoppo. Invece il ragazzo da gabbare si doveva semplicemente prestare a fare il palafreniere e quindi doveva aiutare il Re a montare sul cavallo sollevandone il piede con le sue mani unite. Il Re dunque si avvicinava al cavallo aiutato da un compagno, anche perché zoppicava fortemente, con un piede sollevato dal terreno. Arrivato il Re zoppo vicino al ragazzo-cavallo, il ragazzo-palafreniere gli porgeva le due mani unite per aiutarlo a montare; ed il Re faceva strisciare sulle mani del palafreniere la pianta della sua scarpa, che in precedenza, non visto, aveva ampiamente intriso di sterco umano, materiale che in quei tempi era ampiamente diffuso negli angoli delle piazze e delle strade di Nùoro, dato che non era stata ancora fatta la rete fognaria. Ed il palafreniere – in questo caso il ragazzo Montanelli – restava allibito e mortificato con un bel gruzzolo di materiale schifoso e puzzolente attaccato ad entrambe le mani.
Comunque, circa quarant’anni dopo, nel suo libro Tagli su misura (Milano, Rizzoli, 1960, pag. 176), parlando del costume morale dei Nuoresi, lo aveva definito «il più austero, il più nobile, ma anche il più difficile e duro della Sardegna». Ed io, nato a cresciuto a Nùoro, mentre dico di condividere appieno la seconda parte di questo giudizio di Indro Montanelli, a quattr’occhi e sommessamente faccio scorrere nelle orecchie dei miei soli concittadini qualche mia riserva sulla sua prima parte.
D’altronde è un fatto che nella pagina precedente Indro Montanelli, parlando dei Sardi in generale, aveva scritto: «Forse i Sardi, che sono tra i pochissimi Italiani ad avere un “carattere”, lo stanno perdendo»….

(nella foto Montanelli ripreso da Fedele Toscani nella sede del Corriere della Sera a Milano nel 1940)

Questo brano è tratto da una recente opera di Massimo Pittau, L’Era Fascista nella provincia italiana – Il Littorio a Nugoro e in Sardegna, edizioni EDES, Sassari 2011.

EDES, Editrice Democratica Sarda, tel/fax 079/262221, Sassari

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Ringraziamento e nota biografica redazionale: Intanto un rinnovato grazie al Prof Pittau per la cortesia di sempre e per la grande disponibilità ad inviarci altri lavori in futuro. Per i pochi che non lo conoscessero pubblico qui di seguito una breve nota biografica.

Massimo Pittau è professore ordinario nella Facoltà di Lettere e già Preside di quella di Magistero dell’Università di Sassari, è nato a Nùoro nel 1921, dove ha seguito tutti gli studi elementari e medi. Iscrittosi all’Università di Torino, sotto la guida di Matteo Bartoli si è laureato in Lettere con una tesi su «Il Dialetto di Nùoro»; si è dopo iscritto all’Università di Cagliari, dove si è laureato in Filosofia con una tesi su «Il valore educativo delle lingue classiche». Nell’anno accademico 1948/49, nella Facoltà di Lettere di Firenze, ha seguito come perfezionamento corsi di Carlo Battisti, Giacomo Devoto, Emidio De Felice, Bruno Migliorini e Giorgio Pasquali.

Nel 1959 ha conseguito la libera docenza e nel 1971 la cattedra in Linguistica Sarda nell’Università di Sassari. Contemporaneamente ha tenuto a lungo l’incarico di Glottologia oppure quello di Linguistica Generale.

Ha conosciuto personalmente il linguista Max Leopold Wagner, Maestro della Linguistica Sarda, col quale è stato in rapporto epistolare nell’intero decennio precedente alla morte di lui.

È autore di una cinquantina libri e di più di 400 studi relativi a questioni di linguistica, filologia, filosofia del linguaggio. Per le sue pubblicazioni ha ottenuto nel 1972 un “Premio della Cultura” dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, e nel 1995 il premio del Gruppo Internazionale di Pisa per la sezione “Letterati del nostro tempo” per la sua opera Poesia e letteratura – Breviario di poetica (Brescia 1993). Ha inoltre ottenuto due segnalazioni in altrettanti premi nazionali per opere di filosofia del linguaggio e altre due nel “Premio Grazia Deledda” per la saggistica. Nell’ambito del “Premio Ozieri” per la letteratura in lingua sarda gli è stato assegnato il premio per la Cultura per l’anno 1995. Inoltre gli è stato assegnato il «Premio Sardegna 1997» di Sassari per la sezione «Linguistica» e un diploma di benemerenza nel “1° Festival della letteratura sarda”, Bono, agosto del 2004. Infine gli è stato assegnato il “Premio Città di Sassari – Lingue Minoritarie, Culture delle Minoranze” per il 2009.

È da 40 anni socio effettivo della «Società Italiana di Glottologia» e da 30 anni del «Sodalizio Glottologico Milanese».

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