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Guerra informatica tra Usa e Cina

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di Michele Marsonet.

Continua senza soste la guerra, commerciale e informatica, scatenata da Donald Trump contro la Repubblica Popolare Cinese. Ormai non ci sono più limiti, e dopo i colossi informatici cinesi Huawei e Zte, ora tocca alla app “Tik Tok” che pure ha avuto in Occidente un grande successo.
Come tutti sanno si tratta di un nuovo social network controllato dal gigante cinese “ByteDance”, e dedicato in particolare alla condivisione di video, soprattutto musicali. Negli stessi Stati Uniti “Tik Tok” si è subito diffusa, in primo luogo tra i giovani.
Proprio al nuovo social network è stato addebitato l’insuccesso del comizio pubblico di Donald Trump a Tulsa in Oklahoma. Sono stati comprati a migliaia biglietti che, in realtà, erano solo virtuali, col risultato di lasciare vuoti gran parte dei posti nello stadio in cui si svolgeva la manifestazione.
Ora Trump e il suo segretario di Stato Mike Pompeo hanno in pratica vietato l’utilizzo della app negli Usa, vendicando così il bando cinese nei confronti di Facebook, Twitter e Instagram. I due Paesi stanno insomma diventando sempre meno comunicanti.
La motivazione ufficiale è la stessa fornita per spiegare la guerra contro Huawei e Zte. Anche “Tik Tok”, infatti, è strettamente legata al governo di Pechino, e Pompeo ha detto esplicitamente che, scaricando la app, gli ignari utenti occidentali forniscono in modo automatico i propri dati personali al Partito Comunista, così danneggiando in modo irrimediabile la propria privacy.
In realtà “Tk Tok” ha ora un amministratore delegato americano, ma Washington giudica questo fatto irrilevante. La Casa Bianca ritiene infatti che anche questo network sia un cavallo di troia mediante il quale la Cina punta ad acquisire i dati personali degli utenti, utilizzandoli poi per i propri fini politici e di egemonia globale.
Ovviamente è questo un altro tassello di una guerra di cui non si vede la fine. Evidente il proposito di danneggiare in ogni modo la crescita tecnologica cinese, anche compattando con ogni mezzo gli alleati europei e non.
La strategia di impedire l’affidamento ad aziende cinesi della diffusione della tecnologia 5G, dopo qualche incertezza iniziale, sta avendo successo e numerosi sono i Paesi che, dopo aver concesso a tali aziende lo sviluppo di questa importante tecnologia, hanno fatto marcia indietro.
E’ il caso del Regno Unito dove Boris Johnson aveva in un primo tempo favorito Huawei, per poi ritirarsi dopo le pressanti insistenze di Trump. Stesso discorso per Australia, Nuova Zelanda e Giappone. La Francia sta per ora adottando un atteggiamento più morbido, ma ci sono già segnali di cedimento.
Il discorso in Italia è ancora aperto. In un primo momento il nostro governo, soprattutto con la sua componente M5S, si era schierato con Pechino, mentre adesso molti indizi fanno ritenere che sia in atto un ripensamento.
La Repubblica Popolare, già aspramente criticata per la repressione a Hong Kong, deve dunque affrontare un altro conflitto, che rischia di mettere a repentaglio una crescita economica già seriamente compromessa dallo scoppio dell’epidemia di coronavirus.