Polonia spaccata a metà
di Michele Marsonet.
Nessuna sorpresa dunque nelle ultime elezioni polacche appena concluse. Ha vinto di nuovo il premier uscente Andrzej Duda, espressione del partito PiS (“Diritto e Giustizia”) fondato nel 2001 dai gemelli Lech e Jaroslaw Kaczynski, formazione politica nazionalista, conservatrice ed euroscettica.
Come altri Paesi ex satelliti dell’Unione Sovietica, la Polonia ha approfittato della caduta del Muro di Berlino per recuperare uno spirito nazionale che decenni di dominazione comunista avevano conculcato in ogni modo, in nome di un internazionalismo proletario di facciata che nascondeva, in realtà, il semplice dominio russo-sovietico.
Il fatto è, però, che la vittoria di Duda è stata assai meno netta delle attese. Il presidente uscente ha infatti ottenuto il 51% del suffragio popolare, mentre il suo avversario Rafal Trzaskowski, sindaco di Varsavia dal 2018, si è fermato al 49%. Non sbaglia quindi chi sostiene che i due sono divisi soltanto da una manciata di voti.
Ovviamente la polarizzazione del mondo politico non è una caratteristica precipua della Polonia. Basti pensare alle vittorie, sempre risicate, degli ultimi presidenti Usa, e a quanto sia divisa l’America di Donald Trump.
Nel contesto polacco, tuttavia, è abbastanza facile individuare le aree geografiche di influenza. Hanno votato Trzaskowski le città, inclusi tutti i grandi centri. Duda ha invece ricevuto il sostegno compatto delle campagne, rammentando che nel Paese l’agricoltura ha ancora un ruolo fondamentale, nonché quello della Chiesa cattolica, forse meno importante di un tempo, ma sempre decisiva.
Si tratta di una Chiesa che ispira in modo diretto l’ostilità del partito vincitore, il PiS, nei confronti di quella che viene definita la “lobby Lgbt” mondiale. Difficile quindi parlare in Polonia dei diritti degli omosessuali. Al tutto si aggiunge un antisemitismo che, per quanto meno virulento di prima, continua ad allignare nella società polacca.
La storia tragica di questo Paese può aiutare a spiegare molte cose. Per secoli la Polonia, dopo aver perduto la sua indipendenza, è stata spartita tra gli imperi russo (ai tempi degli Zar), tedesco e austro-ungarico. La parte orientale, soggetta ai russi, è rimasta più arretrata ed è il vero serbatoio elettorale del PiS. Quella occidentale, soggetta ai tedeschi, è invece più avanzata e da lì è venuta gran parte dei voti conquistati dal partito di ispirazione liberale di Trzaskowski.
E’ una dicotomia che non sembra superabile con facilità, proprio come negli Usa è difficile in questo momento prevedere accordi tra democratici e repubblicani. Da questo punto di vista è addirittura sorprendente che i liberali siano quasi giunti a sfiorare la vittoria, e per capire perché occorre dire qualcosa circa l’Unione Europea.
In Polonia l’euroscetticismo scorre forte. Il PiS, per esempio, è nettamente contrario alla politica migratoria di Bruxelles e ne respinge le critiche rivolte al suo tentativo di porre sotto controllo politico la magistratura. D’altro canto il Paese è uno dei maggiori beneficiari dei fondi europei. Si è affermato, a tale proposito, che il PiS è euroscettico ma utilizza al contempo la Ue come una sorta di bancomat.
Filo-europea è invece la coalizione che ha sostenuto Trzaskowski, il quale ha notato che non si può essere anti-europei sulle questioni di principio e poi invocare (e accettare) i fondi copiosi che Bruxelles mette a disposizione. Si vedrà ora se il partito vincitore attenuerà le sue critiche alla Ue, ma lo scetticismo in proposito è grande.
Nel frattempo Duda ha cercato di ingraziarsi Donald Trump in nome del comune sovranismo. Ha infatti chiesto che le truppe Usa che verranno ritirate dalla Germania vengano dislocate in Polonia (anche in funzione anti-russa). Il presidente americano sta tuttavia facendo orecchie da mercante poiché vuole mantenere la promessa elettorale di diminuire la presenza militare degli Stati Uniti all’estero, ed è attualmente più interessato allo scenario asiatico che a quello europeo.
La vittoria tutt’altro che travolgente di Duda e del Pis ha comunque soddisfatto gli ambienti anti-nazionalisti e anti-sovranisti dell’Unione Europea. Occorre vedere quanto abile sarà Angela Merkel, nel suo semestre di presidenza, a sfruttare questa occasione che era, in fondo, inattesa.