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Trump apre un fronte anche con i militari

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di Michele Marsonet.

La proverbiale capacità di Donald Trump di scontrarsi con ambienti che, almeno in teoria, dovrebbero essergli favorevoli ha ricevuto in questi ultimi giorni un’ulteriore conferma. Dopo l’ondata di gravi violenze che ha sconvolto gli Usa a causa dei fatti di Minneapolis, il presidente ha addirittura invocato l’intervento delle Forze Armate per ristabilire l’ordine che la polizia, in molte metropoli, non riusciva più a garantire.
Ha scordato, tuttavia, che negli Stati Uniti non esiste una tradizione di coinvolgimento politico dei militari che da sempre, anche in situazioni di emergenza, si mantengono fedeli alla Costituzione. A loro spetta intervenire all’estero quando gli interessi nazionali vengono minacciati, oppure difendere il Paese in caso di aggressione esterna.
A fronteggiare eventuali disordini interni è destinata, per l’appunto, la polizia, che dipende da sindaci e governatori e non possiede un’organizzazione nazionale come la polizia italiana o francese. In casi particolarmente gravi può essere mobilitata la Guardia Nazionale, formata da riservisti e presente in ogni Stato della Federazione.
Quest’ultima è infatti intervenuta, ma senza particolari sfoggi di forza, e lasciando agli agenti di polizia delle varie città il compito di contrastare i dimostranti. I militari americani, insomma, non percepiscono come un loro dovere la repressione di rivolte interne, per quanto gravi possano essere. E’ questo uno dei tratti che distinguono gli Usa dalle nazioni dell’America Latina, dove i “golpe” militari hanno una lunga storia e rappresentano quasi una tradizione.
Non a caso, la risposta dei vertici delle Forze Armate al presidente è stata del tutto negativa. Il segretario alla Difesa Mark Esper, che è un ex militare, ha subito escluso l’intervento dell’esercito nelle strade, e lo ha fatto appellandosi alla Costituzione (che non prevede per i militari compiti simili). Esper ha ricevuto l’appoggio degli alti gradi delle Forze Armate, suscitando l’irritazione presidenziale.
In realtà, chi conosce la storia degli Stati Uniti sa che dei generali sono diventati presidenti. Per esempio Ulysses Grant, capo dell’esercito nordista nella Guerra di Secessione ed eletto presidente nel 1869. E poi Dwight Eisenhower, comandante supremo degli Alleati nel secondo conflitto mondiale, ed eletto alla suprema carica nel 1953. Entrambi, però, furono scelti per le loro doti politiche e non in quanto militari. Quando, nel corso della guerra di Corea, ci fu un aspro contrasto tra il generale Douglas MacArthur e il presidente Harry Truman, fu quest’ultimo a prevalere ponendo termine alla carriera di MacArthur.
Si tratta di fatti ben noti, sicuramente anche a Donald Trump, per cui è legittimo chiedersi perché egli abbia rivolto tale richiesta ai militari. Non penso che la risposta possa essere attribuita – come molti fanno – al presunto carattere “instabile” dell’attuale presidente. E’ molto più probabile, invece, che egli si attendesse una risposta simile, e che abbia comunque ritenuto di procedere su quella strada per motivi prettamente elettorali.
Tutti sanno che le elezioni Usa si terranno tra pochi mesi, martedì 3 novembre. Quella di Trump è una tipica mossa da “law and order”, che rammenta da vicino Richard Nixon. Una mossa forse in grado di rinsaldare il suo consenso tra l’elettorato conservatore, ma pure destinata a tutti gli elettori moderati, incerti e spaventati dall’entità dei moti di piazza.
E infatti il presidente ha subito accusato di debolezza il suo avversario democratico, l’ex vice di Obama Joe Biden, e molti sindaci e governatori democratici colpevoli, a suo avviso, di non aver gestito le dimostrazioni in modo autorevole ed efficace. Dunque la richiesta ai militari può anche giovargli dal punto di vista elettorale, visto che i sondaggi danno al momento Biden in vantaggio.
Certo, agendo così Trump potrebbe essersi alienato i favori di parte dei vertici delle Forze Armate, aggiungendo così altri nemici ai tanti che ha. Né si dimentichi che il presidente ha già avuto scontri anche con FBI e CIA. Del resto ha già dimostrato in parecchie occasioni di aver caro il motto “molti nemici, molto onore”.
Si vedrà ora come gestirà le conseguenze della pandemia dovuta al coronavirus e, soprattutto, la disoccupazione crescente dopo parecchi anni di crescita economica. Le prospettive elettorali sono piuttosto incerte, e il suo secondo mandato è legato anche alla capacità di convincere gli incerti che Biden farebbe peggio di lui.