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ARGENTO VIVO LA LEGGENDA DI DON PIETRO VINANTE. Omaggio. Storia. Memoria. Presentazione

AV3

Dalle falde della montagna…

Qualche tempo fa mi sono fermata a guardare la parete rocciosa del Gennargentu e poi la croce votiva che domina la sua cima. Come tutti coloro che sono nati alle pendici di quella montagna, le conoscevo entrambe molto bene. La croce l’avevo vista anche da molto vicino, proprio su Punta La Marmora, ma scorgerla così piccola, alla distanza, mentre sulla sommità del monte si perdeva tra le nuvole, è stato uno spettacolo che mi ha colpito. L’inattesa epifania mi ha riportato alla mente lo spirito brillante che molti anni prima aveva faticato per collocare quel monumento lassù, e mi ha fatto capire, una volta di più, come la forza, la determinazione, la testardaggine anche di un solo uomo possano mettere in subbuglio persino un’intera montagna.

Per me è stato un onore potermi occupare di questo libro che ricorderà la vita e le opere di don Pietro Vinante. Come tutti, nel corso degli anni ho conosciuto molte persone, alcune ricche, altre povere. Tante di queste conoscenze erano personaggi noti, potenti, oppure capaci, intelligenti, ma nessuno di loro aveva le qualità formidabili di quel mio parroco. L’argomento don Vinante ha portato con sé una responsabilità che ha fatto nascere dubbi mai avuti prima quando si è trattato di sedermi a scrivere di qualcosa, o di qualcuno. Forse è anche per questo che ho dovuto mettere mano più volte a questa premessa.

E poi si poneva il problema della prospettiva di studio. Certo, io non avrei scritto un libro di natura religiosa, o che contemplasse un’analisi di tipo teologico, non me lo avrebbero permesso i miei credo, non me lo avrebbe permesso la considerazione che ho sempre avuto per quel prete che ho ammirato in virtù del suo intelletto vivace. Non avrei creato neppure un testo encomiastico, o un panegirico che non avrebbe reso merito a quel concetto di verità così caro al maestro Vinante. Sapevo solo che il racconto imbastito sarebbe stato di genere intimistico, dato che sentivo di dover raccontare per lo più il parroco che ho conosciuto, ascoltato, frequentato da ragazza. Il rigore nell’approccio erano d’obbligo, anche perché esistono tanti don Vinante, uno per ciascuno degli individui con cui questo esemplare servo della chiesa si è confrontato.

Sono quindi andata avanti alla maniera dell’incauto che capitando in un giardino di delizie procede a tentoni meravigliando a ogni passo che compie, ma che fortunatamente ha sufficiente presenza di spirito per preoccuparsi di fare incetta di quei frutti prelibati, comprendendo che una tale occasione di apprendimento spirituale non gli capiterà mai più

Argento vivo

Che da piccolo lo chiamassero Argento vivo non lo avevo mai saputo. L’ho scoperto di recente leggendo una sua intervista. L’ho scoperto solo dopo che avevo già cominciato a raccogliere il materiale per questo lavoro a lui dedicato. Il “lui” di cui sto parlando è sempre don Pietro Vinante, quel sacerdote trentino, nativo di Tesero nella Val di Fiemme, che per oltre cinquanta anni ha svolto la sua missione percorrendo, a piedi, le strade dell’Ogliastra e della Sardegna, e quando se n’è andato, nel silenzio e con l’umiltà che più si addiceva alla sua anima ammirevole, ha lasciato dietro di sé una importante eredità spirituale e umana.

Don Pietro Vinante è stato l’intelletto più brillante, la figura più importante che abbia abitato le zone interne dell’Ogliastra, in ogni tempo. Anche per questo motivo, pur avendo aggiunto solo in un secondo momento il nomignolo del prete bambino al titolo di questo libro, il titolo principale, La leggenda di don Pietro Vinante, è sempre esistito in me.

Esempio di forza, determinazione, coraggio, audacia, ardimento, lealtà, onestà, modello didattico, etico, morale, don Vinante è stato anche il mio più grande maestro di vita e il maestro di vita di tanti altri ogliastrini e sardi che lo hanno conosciuto. Riflettendoci, mi rendo conto solo adesso che il vincolo che sviluppai con quell’uomo di religione era qualcosa di profondo, qualcosa che a quel tempo non compresi appieno. Non capii neppure alcuni gesti che egli fece nei miei confronti, come quando, insieme a un’altra compagna, mi chiamò per fare dei lavori in biblioteca. Ancora oggi non so perché abbia pensato a me, dato che, da sempre restia a frequentare messa, non ero una delle più facili da governare, dato che a quel tempo non gli avevo mai parlato dei miei obiettivi, dei libri che avrei voluto scrivere, degli altri argomenti attinenti di cui mi sono sempre interessata.

Non gliene avevo mai parlato fino a quella ultima burrascosa telefonata Dublino-Elini, durante la quale gli rinfacciai di avere fatto piazza pulita delle nostre tradizioni ataviche, di averle raccolte e buttate nello scarico, di essersi scordato che gli Esseri si fanno di spirito e di una forma incarnata che avrebbe meritato maggior rispetto. Non riuscii a smuoverlo dalla sua convinzione: non è l’abito, neppure quando si tratta di un pregiato e antico costume sardo, che veste l’anima! Sarebbero passati molti anni prima che mi interrogassi seriamente su quali fossero le “tradizioni ataviche” che avevo difeso a spada tratta, e comprendessi che, sebbene su posizioni molto distanti dalle mie, don Vinante aveva avuto più ragione di quanta mi fossi sentita disposta a concedergli. Nel tempo ho conosciuto meglio la sua opera e l’anelito infaticabile che la ispirava, dunque ho avuto modo di capire che quell’eccezionale sacerdote non si era mai scordato neppure dell’eredità culturale dei suoi parrocchiani, come dimostrerà, ampiamente, questo studio.

L’ennesima discussione con lui non mi preoccupò: era solo l’ultima delle tante, nell’attesa della prossima volta. In quella circostanza però non ci fu una “prossima volta”, e nell’aprile del 2012, quando quel sacerdote morì, lasciò dentro di me un vuoto che non è stato mai colmato e non sarà possibile colmare mai. Il suo spirito luminoso l’ho tuttavia sentito accanto fin dal primo momento della sua scomparsa, mentre i suoi insegnamenti, sebbene scevri della componente religiosa, vivono ancora in me con la stessa forza con cui si imprimevano nell’anima quando egli li impartiva. Don Vinante oggi più che mai è parte di me, è parte integrante delle comunità che ha servito.

A volte, quando torno nelle mie zone, mi pare persino di vederlo mentre, con la caratteristica andatura veloce, maestosa, degna del miglior soldato della chiesa che è stato, la sua figura allampanata, vestita del lungo abito talare, passeggia ancora lungo le strade di Sardegna. E, no!, non è un fantasma senza dimora, ma un raro spirito splendente, apolide per sua natura, mitico quasi, che come tutti i miti non ha tomba, non l’avrà mai!

Rina Brundu, ottobre 2018

 

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Un ringraziamento speciale a una famiglia speciale

Questo libro, che al suo interno contiene diversi scritti inediti riguardanti don Pietro Vinante, non sarebbe mai potuto esistere così come esiste senza il contributo della famiglia Fadda Vinante. Un sentito ringraziamento va a tutti i suoi componenti, in particolare modo alla sorella di don Vinante, Giuseppina, per l’intervista che mi concesse nell’aprile del 2013, e alla nipote Maddalena Fadda che, con il suo sostegno e con i suoi apporti documentativi e fotografici, ha permesso a questo lavoro di diventare una esperienza unica e indimenticabile.

Avvertenze autorali

Le scritture, le note e le opinioni contenute in questo studio sono le mie. In alcuni casi, come nei capitoli 4 e 5, dedicati alla sistemazione della croce sul Gennargentu e alla creazione del Laboratorio San Basilio Magno, ho lasciato che fosse don Vinante stesso, tramite i suoi scritti e i suoi carteggi, a raccontare quei momenti, parendomi che fosse questo il modo migliore per dare il giusto risalto a della documentazione ormai storica. Inoltre, tali scritti e carteggi, salvo rare eccezioni, sono stati pubblicati con scrittura conforme all’originale. Allo scopo di rendere viva la partecipazione del protagonista a questo lavoro, ho preferito inserire tale documentazione in forma di capitoli facenti parte integrante del discorso testuale, piuttosto che relegarla tra le note in calce, o trattarla alla stregua di materiale paratestuale inserito a corredo nelle appendici. Seguendo la stessa metodologia narrativa, quando è stato possibile, ho anche tentato di far sentire la voce altrui, specialmente attraverso i numerosi articoli ritagliati dai quotidiani che, in tante occasioni, hanno raccontato le vicende più o meno eclatanti legate a questo parroco.

Nato a Tesero, in Val di Fiemme, don Pietro Vinante ha svolto la sua missione, durata oltre cinquanta anni, in Sardegna, nella zona interna dell’Ogliastra, prima a Villanova Strisaili e poi nel villaggio di Elini. Spirito brillante, uomo di straordinaria qualità intellettuale e di grande inventiva, sacerdote dotato di una Fede incrollabile e di una forza unica che lo ha portato a issare più volte una croce sulla cima più alta dell’isola, don Vinante è diventato nel tempo un personaggio leggendario tra le vallate del Gennargentu. La sua figura alta, snella, vestita dell’usato abito talare, solinga mentre camminava lungo le strade e le carreggiate di Sardegna, resta ancora oggi impressa nella mente e nel cuore dei tanti che lo hanno conosciuto e amato, e che hanno avuto modo di imparare dalla sua eccezionale carica spirituale e umana.

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