ARGENTO VIVO LA LEGGENDA DI DON PIETRO VINANTE. Dal monito di Padre Pio all’omaggio di Giulio Andreotti.
Ho già scritto diverse volte che per me questo 2018 è stato un anno mirabile. Per tanti motivi. E più passa il tempo più ho ragioni per credere che sia stato proprio così. Una delle ragioni che hanno reso memorabile quest’anno, è il fatto che sono finalmente riuscita ad abbracciare quel percorso scritturale e intellettuale che ho sempre sentito mio, ma che per qualche motivo non riuscivo ad iniziare. Si tratta di un percorso che in dato modo modella l’esistenza e cambia le prerogative… non del mese, dell’anno, di vita. Credo che sia anche per questo che negli ultimi mesi senta una maggior “distanza” anche da Rosebud, da quello che è stato il luogo privilegiato di espressione in questi anni e a cui debbo tanto.
In questo anno così pieno di tutto, del meglio-per-l’anima, mai avrei pensato di chiudere occupandomi di uno studio che riguardasse quello che, l’ho capito negli ultimi tempi, è stato senz’altro il mio più grande maestro di vita, un gigante spirituale di portata unica come concorderà chiunque lo abbia conosciuto. Non ho intenzione di rendere pubbliche le motivazioni che mi hanno portato a scrivere questo ultimo libro dedicato a Don Pietro Vinante, penso che date cose debbano restare private, ma non ho problemi, come non potrebbe averli nessun autore davvero degno di questo nome, a raccontare la “crisi” che in dato modo la scrittura di questo testo, una quasi-biografia, mi ha causato. Mi sta causando.
Il primo problema si è posto per me quando, studiando tutto il materiale che ho avuto a disposizione, anche grazie allo splendido supporto della famiglia Fadda Vinante, ho nuovamente penetrato la dimensione Don Vinante. Nessuno che non abbia conosciuto questo straordinario soldato della Chiesa di Roma può capire cosa voglio significare qui, perché francamente io non ho figure simili da comparare come, sembrerebbe, avessero ben capito Padre Pio e lo stesso Giulio Andreotti (pensa tu!). Basti dire che emozioni, pensieri, fatti, eventi, accaduti circa 35 anni fa si sono riversati su di me come un fiume in piena e mi hanno aiutato a capire ciò che in tutti questi anni pensavo di avere capito e invece non avevo capito affatto. La figura del don Vinante che esce dalla lettura di questo studio, specialmente grazie alle sue stesse scritture, è infatti spaventosamente intimidante. Certo, non ho provato una tale intimidazione quando all’inizio di quest’anno mi sono confrontata con le biografie dei criminali nazisti, per quanto noti, e neppure quando ho affrontato le scritture di Heidegger, di Heisenberg e degli altri spiriti anche grandi.
La figura di don Vinante è intimidante perché è idealità allo stato puro, praticata senza mezze misure, fatta vivere con un solo target in mente: obbedire alla sorgente-delle cose che lui serviva come nessuno! Eccoci… infine ci sono arrivata: ah, la sorgente-delle-cose! Di fatto neppure in questo contesto più distaccato sono riuscita a usare il termine “Dio”, ma ho usato la terminologia che ho creato e usato in Quantum Leap il mio ultimo saggio.
Qui debbo fare una pausa e spiegare alcune punti. Sì, perché avendo cominciato il percorso-intellettuale-diverso di cui parlavo nell’incipit, anche il breve lavoro che volevo dedicare a don Vinante era di natura saggistica. Poi mi sono resa conto che il materiale che avevo a disposizione andava pubblicato, andava pubblicato perché aveva un importante valore storico per l’Ogliastra. Ma non solo… di fatto è stato in un momento successivo che ho capito che senza un lavoro di tipo biografico, teso a rivelare finalmente tutta la potenza spirituale, ma anche intellettuale di quello straordinario sacerdote trentino che per cinquant’anni aveva camminato per le strade d’Ogliastra, e servito nei suoi altari, non si sarebbe mai potuto scrivere alcun saggio sulla sua figura.
Mi sono dunque ritrovata nella situazione del serpente che si morde la coda… senza considerare la forte-avversione mentale che tutto il mio essere opponeva al trattare la vita di un sacerdote, per quanto eccezionale, per quanto amato. Poi il maestro Vinante, il filosofo Vinante, una volta di più, mi ha aiutato a meglio comprendere le ragioni di quella che ho chiamato “una terra di confine dove si annullano le differenze tra filosofia e religione…” e in fondo anche questo è stato un dono. Un dono che alla fine di un anno iniziato studiando le vite dei peggiori criminali che hanno camminato sulla faccia della terra si è chiuso nell’ammirazione di uno spirito che ha scelto un diverso cammino. Un cammino che io non potrei fare mio ma che in virtù dell’etica, della forza, della determinazione, della coerenza, della bontà di cuore, dell’onestà dell’anima con cui è stato portato avanti, non si può che… ammirare… appunto!
Rina Brundu
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