LA BARBA DI DIOGENE, Dublin (EIRE) – 20 Years Online. Leggi l'ultimo pezzo pubblicato...

Mauro Maxia – Lingua e Società in Sardegna

Sociolinguistica e glottopolitica - Articoli Interventi Saggi


Chi non conosce la sua lingua

non conosce nemmeno le altre

Sardo o italiano? La difficile scelta dei genitori

  1. Pregiudizi nell’educazione linguistica. “Ohi ahi! Povera di me: e quello è perché ti ho imparato in italiano!”.[1] Così si esprimeva qualche tempo fa una signora al rientro dai colloqui con le insegnanti del figlio, da cui aveva appreso che il ragazzino andava molto male in italiano sia perché non riusciva a parlarlo correttamente sia perché nello scritto era un disastro. Sennonché lei non si rendeva conto che non era al figlio che doveva addebitare la colpa per la sua impreparazione in italiano, bensì a se stessa perché aveva commesso l’errore di educarlo in una lingua che lei non conosceva abbastanza. Difficilmente questa circostanza si verificava fino agli anni Sessanta, quando nei nostri paesi non solo le madri non educavano i figli in italiano, ma addirittura si presentavano ai colloqui parlando esse stesse in sardo con gli insegnanti.

Chi oggi ha almeno una cinquantina d’anni ricorda bene quei dialoghi in due lingue durante i quali, pur parlando le mamme in sardo e le maestre in italiano, non esisteva alcun problema di intercomprensione. Dal punto di vista sociologico il fatto che le mamme di allora – pur essendo in grado di farsi capire in italiano avendolo appreso attraverso l’istruzione obbligatoria durante il ventennio fascista – sceglievano di parlare in sardo con le maestre forse è da vedere come una forma di rivalsa per i modi spesso brutali con i quali a suo tempo i loro insegnanti le avevano costrette a imparare l’italiano e a vergognarsi di parlare in sardo.

Da tre o quattro decenni a questa parte, invece, quasi tutti i genitori sardi, anche quelli dei piccoli paesi dell’interno dove fino agli anni Settanta quasi tutti parlavano in sardo, ogni volta che nasce un figlio (specialmente il primo) si trovano ad affrontare un dilemma. Quale lingua insegnare ai bambini: sardo o italiano? In molti casi il cuore risponderebbe “sardo” ma poi, dopo discussioni che si protraggono magari per qualche tempo, quasi tutti optano per l’italiano.

Alla base di questa scelta, che a partire dai primi anni dell’Ottanta ha assunto i caratteri di un fenomeno endemico, esistono diversi fattori che quasi sempre corrispondono ad altrettanti pregiudizi. Nella maggior parte dei casi le motivazioni, spesso concomitanti, per le quali i genitori scelgono l’italiano invece del sardo si possono riassumere nelle seguenti affermazioni:

  1. È meglio educarlo in italiano perché quasi tutti stanno facendo altrettanto mentre il sardo ormai lo parlano in pochi e non tutti lo capiscono”.

Alla base di questa scelta spesso è il desiderio di favorire i figli in uno scenario nel quale l’italiano è visto sempre più come lingua dominante e più idonea per la comunicazione al di fuori della propria area linguistica o dialettale. Il sardo, viceversa, è percepito come lingua che non favorisce la comunicazione al di là della propria comunità. Questa errata convinzione provoca il progressivo arretramento del sardo confinandolo in ambiti d’uso sempre più ristretti. In realtà questa motivazione è soltanto in apparenza logica e razionale poiché riflette un pregiudizio. Anche per esperienza diretta, è facile sostenere che, fino quando non intervenne la “moda” di educare i figli in italiano, l’intercomprensione tra sardofoni rappresentava un fatto naturale anche tra persone residenti in località situate negli opposti capi dell’Isola. Ma anche nella situazione attuale l’intercomprensione non è stata perduta.

  1. Scelgo l’italiano perché quando il bambino diventerà grandicello lo conoscerà già e non dovrà impararlo a scuola”.

Questa motivazione ha alla base la convinzione che i genitori siano in grado di impartire una corretta educazione linguistica ai propri figli. In realtà questo avviene solo in una minoranza di casi nei quali i genitori padroneggiano l’italiano. Più spesso i genitori non dispongono affatto di competenze sufficienti per tale scopo. La dimostrazione più evidente di questo fatto è mostrata dall’attuale situazione linguistica, nella quale la maggior parte dei ragazzi parla un italiano strutturalmente povero e caratterizzato da molti sardismi sintattici e lessicali.

  1. È preferibile parlargli in italiano perché da grande il bambino potrà avere meno difficoltà per sistemarsi, dato che il sardo per il lavoro non serve”.

In questo caso a determinare la scelta è un’aspirazione che non poggia su basi concrete. Se infatti il figlio non apprenderà correttamente l’italiano tale aspettativa sarà mal riposta per lo stesso motivo descritto al punto precedente. Inoltre per una serie di attività lavorative, specialmente nei settori primario e secondario, la scelta dell’italiano è del tutto ininfluente. L’attuale crisi economica dimostra che la conoscenza della lingua italiana è ininfluente rispetto alla gravissima situazione occupazionale dei giovani

  1. Educandolo in italiano il bambino avrà meno incertezze perché se imparerà prima il sardo poi apprenderà male l’italiano”.

Questo caso è analogo al n. 2. Nella realtà accade l’esatto contrario. Infatti i bambini educati in sardo apprendono meglio l’italiano a scuola per il fatto che possono operare dei confronti tra le diverse strutture delle due lingue e distinguere meglio i rispettivi lessici. Inoltre, per lo stesso motivo, sono avvantaggiati nell’apprendimento delle lingue straniere.

  1. Un passo avanti e uno indietro. Il disorientamento dei genitori sardi riguardo all’educazione linguistica dei figli comincia a manifestarsi già durante gli anni Sessanta, quando il numero dei bimbi italofoni, pur restando ancora largamente minoritario, iniziava ad aumentare per effetto del ruolo svolto dalla televisione che ben presto entrerà in quasi tutte le famiglie. A questo potente fattore si aggiunse poi, nel medesimo decennio, la scolarizzazione di massa indotta dall’istituzione della scuola media unificata in tutti i paesi dell’Isola e la maggiore facilità di accesso dei giovani alla scuola superiore.

Per effetto di tali circostanze si assiste sempre più spesso a situazioni inverosimili e assurde come quella che vede i primi due o tre figli educati in sardo e gli ultimi o soltanto l’ultimo educati in italiano.

Lo sviluppo di tale situazione andò assumendo dimensioni sempre più evidenti fino agli inizi degli anni Novanta, durante i quali i rapporti di forza tra le due lingue – che erano ancora favorevoli al sardo fino agli inizi degli anni Ottanta – si ribaltano completamente a favore dell’italiano. A partire da quel periodo si assiste a casi di interi paesi dell’interno nei quali i bambini sono stati educati esclusivamente in italiano.[2]

Al momento la situazione venutasi a determinare appare abbastanza compromessa per il sardo, che è stato progressivamente cacciato in una dimensione marcatamente dialettale, tanto che i suoi ambiti d’uso sono passati velocemente dallo status di lingua orale di comunicazione regionale (fino alla fine degli anni Settanta) a lingua impiegata quasi esclusivamente nei rapporti familiari e amicali. Tutto ciò è avvenuto nonostante nel medesimo periodo in cui le famiglie abbandonavano il sardo si sia assistito a una produzione straordinaria di opere scritte in sardo, sia poetiche sia in prosa, e alla diffusione di canzoni in sardo il cui successo ha perfino superato la naturale barriera costituita dal mare che circonda l’Isola.

Su un piano generale attualmente l’idea che il sardo vada valorizzato e possibilmente rivitalizzato, specialmente con la sua introduzione come materia di insegnamento nelle scuole pubbliche, risulta largamente maggioritaria, come è emerso inequivocabilmente dalla inchiesta sociolinguistica regionale del 2006. Dunque, la situazione mostra una lingua in grave crisi e, per converso, una volontà popolare di restituirle il suo ruolo naturale seppure in una prospettiva di bilinguismo con l’italiano.

Il problema principale che si pone davanti a tale stato di cose è ben evidenziato dal seguente quesito: “che cosa si può fare per rivitalizzare il sardo?”.

  1. Bilinguismo sì, ma quando? Per molti la via maestra è, come si accennava, la sua introduzione tra le materie scolastiche, meglio ancora se il sardo fosse utilizzato come lingua veicolare, cioè come strumento di insegnamento, oltre che come materia di studio.[3] Certamente la sua introduzione nella scuola potrebbe sortire diversi effetti positivi tra i quali:
  • aumentare il livello di autostima nei parlanti;
  • aumentarne l’impiego in un maggior numero di ambiti d’uso;
  • indurre nuovamente le famiglie a educare i figli in sardo.

Se su queste prospettive si osserva una larga convergenza, almeno di principio, si devono fare i conti tuttavia con alcuni problemi che rendono problematica l’introduzione del sardo a scuola, tra i quali:

  • la residua resistenza passiva dell’istituzione scuola che non favorisce l’insegnamento del sardo nonostante esso sia previsto da una legge di quindici anni fa (la 482 del 1999);
  • la scarsità di insegnanti formati per tale insegnamento;
  • il perdurante ostruzionismo esercitato da settori politici ideologizzati (vedi l’ultimo capitolo).
  • la scarsità delle risorse economiche stanziate dallo Stato e dalla Regione Sardegna.
  • La sensazione generale che, essendo ormai il sardo non più parlato dalla gran parte dei bambini, educarli nuovamente in sardo potrebbe essere inutile, senza contare le difficoltà alle quali i genitori andrebbero incontro iniziando un percorso in controtendenza.

Pertanto, quella che sembrerebbe una soluzione a portata di mano si scontra con le suddette difficoltà che non sono semplici da superare e che, comunque, richiedono dei periodi non facilmente determinabili, che verosimilmente potrebbero contribuire a determinare un ulteriore peggioramento della situazione, peraltro già molto seria, della lingua sarda.

Alcune esperienze maturate in altri contesti mostrano che l’insegnamento scolastico delle lingue di minoranza non sempre sortisce gli effetti desiderati. In diversi casi si sono registrati degli esiti deludenti. Dove le cose sono andate bene ciò è avvenuto perché a monte esisteva una forte e costante determinazione politica. Nel caso descritto nel cap. 7 si dà una dimostrazione di come la volontà delle persone possa invertire delle tendenze che possono sembrare incontrovertibili. In effetti, se si considera che l’abbandono del sardo è iniziato a partire da determinati preconcetti, smontare tali preconcetti può spianare la strada a una situazione che, quando anche non fosse identica a quella precedente l’inizio dell’abbandono, può favorire un riavvicinamento e una ripresa della trasmissione intergenerazionale. È questo ultimo fattore, infatti, che può garantire la sopravvivenza di una lingua in tutti i contesti d’uso che le sono propri……….

[1] Questa epressione in dialetto italo-sardo o italiardo traduce la frase in sardo “Ohi, ahi, iscura a mie! E cussu est ca t’appo faeddadu in italianu” che tradotta alla lettera significa ‘Ahi povera me! Nonostante ti abbia educato in italiano (sei in queste condizioni)!’.

[2] Vedi il caso di Laerru in Maxia, Lingua Limba Linga. Indagine sull’uso dei codici linguistici in tre comuni della Sardegna settentrionale, Condaghes, Cagliari 2006 e il caso di Ploaghe in Maxia, La situazione linguistica della Sardegna settentrionale cit.

[3] Su questi aspetti cfr. il volume Scuola e bilinguismo in Sardegna, specialmente il contributo di M. Teresa Catte, pp. 167-177.

Estratto da….


Lingua e società in Sardegna. È una raccolta di articoli, interventi e saggi di sociolinguistica e di glottopolitica dai contenuti attuali. Il volume spazia dalle difficoltà dei genitori sardi nella scelta della lingua in cui educare i figli alla particolare situazione linguistica dei giovani; dall’analisi di una situazione locale che vede un lusinghiero recupero del sardo alla critica della situazione delle lingue minoritarie a scuola e ai livelli di consapevolezza di alcune comunità linguistiche sub-regionali. Una parte del volume è dedicata alle cause della contrapposizione tra un settore del movimento linguistico, che si batte per salvare la lingua sarda dall’estinzione in un regime di bilinguismo con l’italiano, e un gruppo di intellettuali di sinistra che vi si oppone in vari modi. Dei nove capitoli in cui si articola il volume quattro sono scritti in italiano e cinque in lingua minoritaria (quattro in sardo e uno in gallurese) in coerenza col plurilinguismo della Sardegna. Questa scelta mostra che “anche le lingue regionali e sub-regionali possono essere usate in qualsivoglia contesto, dai registri colloquiali fino alla saggistica”.


Lingua e Società in Sardegna by Mauro Maxia

Mauro Maxia – Mauro Maxia è specialista abilitato come professore universitario di filologia e linguistica italiana. Ha insegnato nelle università di Cagliari e Sassari ricoprendo vari incarichi di lingua, letteratura, dialettologia e onomastica della Sardegna. Ha partecipato come relatore a numerosi convegni nazionali e internazionali. Ha pubblicato oltre un centinaio di lavori a stampa su temi di storia della lingua, filologia, fonetica, etimologia, sociolinguistica e onomastica. Ha ricostruito la storia della lingua della Sardegna settentrionale studiando a fondo gli idiomi sardo-corsi. È autore di ricerche e inchieste sociolinguistiche e di progetti per l’insegnamento del sardo e di altre lingue regionali. Fa parte del comitato scientifico del Repertorio Toponimico della Corsica ed è curatore delle Giornate internazionali della lingua gallurese. È presidente dell’Istituto Sardo-Corso di Formazione e Ricerca. (da http://maxia-mail. doomby.com/).


Hai scritto un romanzo che tieni da anni nel cassetto? Sei un ricercatore che vuole pubblicare i suoi saggi? Sei un autore che vorrebbe tradurre in inglese il suo libro?

Contattaci: le nuove soluzioni editoriali di Ipazia Books fanno al caso tuo!

www.ipaziabooks.com

info@ipaziabooks.com

Contact Form

 

 

1 Trackback / Pingback

  1. Ipazia Books: Lingua e Società in Sardegna — ROSEBUD – Arts, Critique, Journalism | O LADO ESCURO DA LUA

Comments are closed.