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Delle solinghe autocelebrazioni italiane in salsa europea e del paese reale zittito e ignorato. Visti da fuori.

DSC02599.JPGNaturalmente all’estero non si é parlato granché né dei 60 anni dell’Europa né della visita a Milano del Papa. Ieri mattina, mentre il giornalismo italiano pareva invasato dagli “epocali avvenimenti” della giornata che avrebbe dovuto raccontare, nella speranza che si perfezionasse almeno un qualche casino allo scopo di proporre titoli roboanti e riuscire a vendere finalmente qualche copia in più (magari profittandone per buttare altra merda sui pentastellati), e mentre i direttori dei TG RAI si davano da fare per infangare il nome di Roma e il nome, nonché l’attività svolta dal suo primo cittadino, ho dato qualche occhiata alla stampa straniera. Al The New York Times la celebrazione europea importava quanto un fastidioso prurito sulla gamba altrui e infatti almeno fino a mezzogiorno della notizia non ve ne era traccia. Der Spiegel e El Pais davano qualche nota della stessa senza particolare entusiasmo e delle attività del Vaticano non fregava nulla a nessuno, come sempre del resto nei paesi normali.

Abitare fuori dai confini nazionali porta vantaggi che spesso non si comprendono immediatamente. Per esempio, ti dà la possibilità di osservare la tua stessa nazione di provenienza come vivesse confinata dentro la vaschetta di un pesce rosso. E ti dà la possibilità di fare uno “studio” in prospettiva che insegna molto. Non che ciò che si è visto ieri non lo si fosse già capito, tuttavia credo sia importante riproporre dati “argomenti” perché più il tempo passa più diventano preoccupanti. Di fatto, lo spettacolo offerto ieri dalla nostra amata Repubblica è devastante sotto prospettive multiple. Dimostra, per esempio, come esista un Paese “ufficiale” totalmente staccato dalla realtà di un pianeta attraversato da spinte di cambiamento e modernizzazione formidabili, e come questo “Paese ufficiale” ci appaia determinatissimo a restare il feudo provinciale e bigotto che è sempre stato dal Rinascimento in poi.

Colpiva, per esempio, una diretta televisiva made in RAI tutta tesa a dare, in pieno e perfetto stile Istituto Luce, magnificazione alla celebrazione di “compleanni” europei assolutamente fuori luogo visto anche il contesto storico-sociale che si vive. Una magnificazione lontana anni luce dagli interessi dei cittadini (finanche da coloro che in teoria avrebbero dovuto avversarla ma che invece se ne sono sbattuti le palle). Una celebrazione che per tanti versi appariva quale espressione plastica del modus autoincensante decadente e velleitario proposto dal renzismo negli ultimi anni.

Sull’altro versante ha impressionato anche la folla “oceanica”, stile pellegrini alla Mecca, che ha fatto da sfondo alla visita del Papa a Milano. Intendiamoci, fuor dall’aspetto religioso, Francesco oggidì è sicuramente l’unico leader globale che valga la pena di andare ad ascoltare. Alcuni lo stanno scoprendo soltanto adesso, ma in realtà la potenza “dirigenziale” di questo Papa straordinario (il primo della Storia della Chiesa che si possa davvero chiamare tale!), si è manifestata sin da subito. Come fattoide chiarificante basti scrivere che Francesco è stato pure l’unico con cui Renzi non abbia potuto fare il bullo, selfie o foto ricordo, mentre questo tratto minimale è per quanto mi riguarda un elemento-simbolo della grandezza del Papa argentino, della sua vera tempra e della sua indubbia sostanza. Il problema, tuttavia, sta nel fatto che quel “milione” di fedeli purtroppo non era lì per ascoltare un leader magnifico di destini umani, quanto piuttosto per perseverare nel coltivare visioni superstiziose animate da recite di preci ridicole, momenti autoflagellativi, desideri di redenzione dal peccato and so and so forth con tutto l’usato e ridicolo carrozzone che da secoli ci trasciniamo dietro alla stregua di una pesantissima palla da carcerati capace di frenare come nient’altro il nostro percorso di crescita intellettuale e spirituale.

Ho scritto prima di come  il Paese “ufficiale” non abbia dato ieri un bello spettacolo di sé (un’altra volta!). Di fatto, a dispetto ti tutto, finanche di tre anni di quel regime renzistico che ha calpestato senza vergogna ogni residuo di dignità nazionale e d’intelletto, io  resto convinta che nella mia amata nazione di provenienza viva ancora quella sua “altra-identità”. Quell’identità zittita, ignorata, irrisa dall’impronta di regime, quell’identità laica, pragmatica, logica, solida, sana avversata dal bigottismo religioso, quella straordinaria faccia della medaglia che nei secoli ha partorito i Machiavelli, i Giordano Bruno, i Galilei, nonché tutti gli altri spiriti grandi nostri concittadini che con grande sacrificio ci hanno permesso di sopravvivere e diventare una grande nazione. Soprattutto, io resto convinta che sarà quel nostro lato nascosto a salvarci alla fine. Una volta ancora. Una volta di più.

Rina Brundu