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RAI – Il disastro nel disastro (10). Sull’emergenza informazionale in Italia.

october9di Rina Brundu. Onestamente non comprendo perché continuo a pensarci: non vivo in Italia, abito una dimensione in fondo privilegiata che mi permette di informarmi in mille modi su una infinità di argomenti, sovente finanche alla fonte e tutto sommato 100 Euro sborsati all’anno per un servizio non reso se sei nato nel Bel Paese non sono un argomento che ti dovrebbe togliere il sonno la notte.

Eppurtuttavia io continuo a pensarci e tra le altre domande che mi faccio vi è questa: ma è davvero giusto che dopo avere pagato il canone io sia per forza costretta a scegliere di non vedere più le reti del Servizio Pubblico televisivo causa la mia determinazione a voler pensare di testa mia? Con l’avvento del renzismo e la tipologia di pensiero unico che questa pseudo-dottrina (una sorta di berlusconismo riscaldato e peggiorato), ha imposto soprattutto sulle pedine mediatiche nazionali ho fatto anche altre scelte simili. Per esempio, sono settimane ormai che non visito più le pagine del Corriere della Sera fontaniano e, lo confesso, con un miglioramento visibile della mia pace dello spirito. Certo, all’inizio non è stato facile perché ero anche io un’altra di quelle anime semplici e rincoglionite che pensavano che il giornalismo avesse pure una funzione ideale, che vivesse di una sua etica, di una sua deontologia e che il Corriere fosse l’unico giornale italiano con una “storia” e un suo prestigio da difendere. Puttanate, naturalmente! Il Corriere è ovviamente un business privato e se non lo pensano i suoi azionisti di riferimento che quel quotidiano ha altre responsabilità perché dovrei pensarlo io?

Questo per dire che le “altre” scelte sono state più facili da fare, ma la scelta di non guardare più la RAI non riesco a digerirla. Naturalmente non vi è un solo programma trasmesso dai canali di questa azienda che io rimpianga perché non amo gli spettacolini e questa specie di “entertainment” da avanspettacolo ancora preferito in Italia, da noi non esiste e nessuno ne sente la mancanza, ma ciò che mi fa incazzare è la questione di principio che regolamenta nel background tutta la faccenda: come è possibile che in un paese mediamente civile dell’Europa occidentale una singola persona possa determinare il destino dell’informazione in quello stesso paese? E come è possibile che tutto questo accada nel silenzio connivente di tutte le associazioni che dovrebbero essere deputate ad assicurare la pluralità delle fonti informazionali?

Non riesco a spiegarmelo anche se la qual cosa non significa che non ne comprenda le profonde e importanti ragioni che determinato il nefasto status-quo… Certo é che mai come ora il nostro paese liberato dalla dittatura nazi-fascista aveva toccato il limite che esiste tra democrazia e dittatura e sperimentato quanto sia tenue, labile quel confine. Il confine che ci dichiara tutti cittadini liberi. Un monumento dovrebbe essere fatto in futuro – da chi verrà e saprà comprendere al meglio ciò che è successo in questa “debolissima” e “pericolosissima” Italia che viviamo – a quelle poche pedine che hanno osato ribellarsi, che hanno osato mandare un messaggio diverso e così facendo hanno salvato la decenza e la dignità civile di tutti noi. Anche quando noi stessi non abbiamo avuto il coraggio di ribellarci in maniera più convinta, di urlare con tutta la forza che sarebbe stata necessaria NOT IN MY NAME!

1 Comment on RAI – Il disastro nel disastro (10). Sull’emergenza informazionale in Italia.

  1. No comment, sarebbe come sparare sulla croce rossa

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