Reattività ed Equilibrio sociale
di Pietro Bondanini. Immaginiamo di scaldare una pentola contenente acqua e considerare molecole le persone componenti un gruppo. Se misuriamo la temperatura di ogni molecola e riscontriamo che è la stessa di tutte, possiamo affermare che il sistema “gruppo” è in equilibrio e tutte le molecole stanno immobili nel loro spazio di riferimento. Se, sotto la pentola, apportiamo calore, le molecole più calde si sposteranno nella direzione opposta alla fonte di generazione e quelle più fredde verso la fonte stessa, creando un vortice la cui velocità aumenterà tanto più quanto aumenterà la temperatura nella pentola stessa. Quando, infine, sarà raggiunta la temperatura di ebollizione, i movimenti da vorticosi diverranno caotici quando l’acqua bollirà. In fase di ebollizione le molecole si scontrano al punto da far trasformare l’acqua in vapore.
Abbiamo immaginato che le molecole siano persone. Se immaginiamo ancora che la pentola sia un contenitore come la famiglia, il rione o il borgo, il municipio o il comune, la provincia, la regione, la Nazione, oppure la comunità etnica, linguistica, religiosa o culturale, è ragionevole pensare che, quando ogni persona così associata sta immobile nella propria posizione, la reattività nel sistema considerato, ha valore nullo. Ma la persona non è una molecola; le persone non sono tutte uguali e ne consegue che non è solo il calore esterno alla pentola che muove il sistema, quanto, invece sono le stesse persone che interagiscono nel ricercare una nuova postazione conveniente. Pertanto, oltre alle forze esterne di varia natura, occorre considerarne ancora altre, come quelle interne create tra le persone che reagiscono con comportamenti da calmo ragionato ad agitato nella sua forma da istintivo a caotico senza controlli.
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Featured image, molecole
Cari amici, secondo voi, in Italia abbiamo bisogno di un leader propagatore, oppure un leader regolatore?
Ci riprovo chiedendo se è preferibile lo Stato “protettore”, “regolatore” o “propagatore”? Dal progetto di Matteo Renzi pare di evincere un mix di politiche protettive e regolatrici che non fanno presagire in brevi termini la ripresa delle iniziative imprenditoriali. All’Italia serve tutto tranne nuove leggi (eccesso di regolamentazione) e il sostegno assistenziale (eccesso di protezione) a persone e a imprese. Non basta togliere i privilegi creati nel passato, occorre stimolare le persone ad aiutarsi le une con le altre. Occorre restituire ai cittadini tutto quanto il welfare ha fagocitato, perché i cittadini possano ancora realmente coltivare liberamente un sentimento di carità solidale. Sto leggendo un ottimo libro: “La via della Libertà” di Arthur C. Brooks.
Credo che sia vano parlare di libertà e di democrazia senza considerare il sentimento di equità. Brooks ne individua di due tipi: equità distributiva ed equità meritocratica: diverse, ma valide entrambe secondo le circostanze. La prima riguarda i bisogni strumentali e i beni di prima necessitò, la seconda riguarda i valori insiti nel progetto di ogni persona. Se un tempo si stimava equo che a nessuno dovesse mancare il pane per alimentarsi, oggi si è convinti che la scuola che forma l’educazione civica del cittadino sia aperta a tutti, mentre quella che lo avvia alla scelta della sua futura occupazione, sia un’opportunità solo di chi segue un percorso di idoneità per accedervi.
Equità è un sentimento. C’è un qualche strumento che la possa misurare? In Italia siamo più equi dei Francesi e in Francesi meno dei Tedeschi. Ma i Tedeschi sono più equi o meno equi rispetto agli Italiani. L’equità sta alla base della giustizia distributiva. Il tutto gira attorno a tre teoremi, il primo riguardante la psicologia secondo il quale il donante è disposto a cedere sino al 20% di ciò di cui ha la disponibilità, mentre il donatario ritiene giusto di ottenere almeno 20%. La scientificità di tale principio deriva dalla teoria della distribuzione dei Redditi di Pareto estendendola alla psicologia: “Se il 20% della popolazione dispone dell’80% del reddito prodotto, significa che ogni individuo ritiene giusto che, di quanto sia disponibile per lui o per suo gruppo, gliene spetti almeno la quinta parte”.
Il gioco dell’ultimatum è un gioco in economia sperimentale in cui due giocatori interagiscono al fine di decidere come dividere una somma di denaro che viene data loro.
Il primo giocatore sceglie come dividere la somma tra sé e l’altro giocatore. Il secondo giocatore può accettare o rifiutare questa proposta. Se il secondo giocatore rifiuta, nessun giocatore riceve nulla.
Se il secondo giocatore accetta, il denaro è suddiviso in base alla proposta del primo giocatore. Il gioco è giocato una volta sola e in modo anonimo.
In molte culture, le persone offrono una “equa” divisione (vale a dire, 50:50), mentre le offerte pari a meno del 20% sono spesso respinte. Quanto scritto vale solo per i regimi democratici liberali. Il welfare ha ucciso il dono!
Cara Rina, “distratti” nel senso che al posto dello sguardo di una persona si pone l’occhio sul velo che nasconde le sue parti intime; così come si leggono libri solo per carpirne gli aspetti sorprendenti. I libri validi nessuno li legge perché il “sorprendente” è banale. Il mio autore è Pareto. Il suo trattato di sociologia consta di 2758 pagine (le note occupano più spazio del testo). Eppure le sue teorie si espongono con poche parole, ma, sino ad oggi, compreso illustri professori di sociologia, nessuno è riuscito ad afferrarne un uso soddisfacente per il superamento dei disagi psicologici ed economici delle persone e sociali. Il gioco dell’utimatum è la puntasecca che incide sul nostro senso altruistico. Credo che la conferma del teorema 20 80; 80 20, possa essere ancor meglio rappresentato dalla crostata che ogni tanto mia suocera sfornava, uso che mia moglie tramanda per due o tre volte al mese. In campo sentimentale, le misure sono approssimate, ma sono da considerarsi statisticamente esatte quanto più le osservazioni sono ripetute. Ebbene in casa nostra, della crostata appena freddata, una parte è consumata il giorno stesso, l’altra il giorno dopo. Sono due i tipi di consumatori: quelli del giorno stesso e quelli del giorno dopo. Non sono gli stessi perché domani si riproporrà il problema della divisione e oggi i golosoni vogliono per sé una fetta abbondante. Da persona “equa” io prenderei il coltello e dividerei a metà la torta: la prima per oggi e l’altra per domani. Invece cedo il coltello a mia moglie che inizia il taglio non dal centro della circonferenza, ma in un punto tale da ricavare una fetta equivalente a circa l’80% dell’area ricavando così la delizia da mangiar subito. La teoria dell’ultimatum spiega anche l’esistenza di una forma di altruismo verso se stessi. Pensiamo al risparmio. La tendenza di tutti è quella di sottrarre al guadagno almeno il 20 per risparmiare e con questa prospettiva nasce il sentimento di solidarietà che si risolve attraverso le istituzioni di previdenza e di assistenza sociale. Pubbliche, private e volontarie, ma non statali alimentate dal drenaggio fiscale. “20 80; 80 20” facciamone una bandiera che dia un senso alla libertà!
Cara Rina, spero di non averla distratta (senza virgolette) dalla premura che mi fa sui racconti della nonna. Non è mia nonna, ma quella di mio padre, ormai arcavola per i miei figli e nipoti. Emilia Belzoppi Bondanini fu figlia di Domenico Maria Belzoppi, Nobile Patrizio della Serenissima Repubblica di San Marino. Fu patriota nella prima e nella seconda Guerra d’indipendenza al termine della quale dovette esiliarsi per aver salva la vita. Dal 14 dicembre 1854 attende la risposta all’istanza rivolta a “Sua Eccellenza il Generale Consiglio Principe della Repubblica di Sammarino”.
Mi piace l’iperbole sulla quale si espande il pensiero! Ma ricavare la formula dallo sterco di vacca è come pensare di usarla per creare un profumo. Qualcuno potrebbe già obiettare che tra profumo e puzza non c’è confine, altri sostengono che il profumo serve solo a coprire la puzza … insomma ora, il discorso si allarga a tal punto che non basta la storia universale per spiegare perché lo sterco di vacca s’allarga e, invece, i miei pensieri debbano restringersi in una formula che non esala profumi né puzze. Ancora oggi mi arrovello il cervello per capire se tra pecunia e moneta c’è differenza.
http://www.pibond.it/argomenti/pecunia_e_moneta/pecunia_e_moneta.htm