Scilipoti come San Pietro? O della fedeltà politica, ma non solo.
di Mauro Leonardi. Uno degli obiettivi che la riforma della legge elettorale vorrebbe perseguire è diminuire il fenomeno, spesso patologico, di onorevoli e senatori che "cambiano casacca", di gente cioè, che eletta in un partito passa - nella medesima legislatura - a un secondo gruppo e anche un terzo per poi (magari) ritornare al primo. Difficilmente però delle leggi possono correggere un problema del nostro tempo, che sembra endemico: quello della fedeltà. Al partito, all'azienda, al compagno, all'amico, alla parola data, al proprio Dio. Può essere interessante notare che nell'antichità - almeno a livello di giudizio sociale - un comportamento del genere non sarebbe stato accettabile. Basta riflettere su come il vangelo di Luca presenti il tradimento di Pietro: e, per farlo, non c'è bisogno di essere né credenti né esegeti. La versione lucana segna molto bene come il tradimento di Gesù, che può sembrare soprattutto qualcosa di spirituale e soprannaturale - tradimento di Dio, affronto a Dio - sia anche, con un movimento a cerchi concentrici, un gesto che coinvolge gli amici, cioè la propria comunità, ma soprattutto sé stessi, la propria identità.
Ricordiamo che Pietro, dopo aver pesantamente insistito con Gesù circa la propria indefettettibilità (cfr Mc 14,31) e aver combattuto nell’orto degli ulivi con la spada contravvenendo agli insegnamenti del Maestro (cfr Gv 18,10), si trova da solo, di notte, accanto a un fuoco con dei servi.
Già questo uscire dalle relazione normali, comuni, amicali, della propria vita, è molto triste ed è indizio di qualcosa che non va. Il marito che preferisce troppo frequentemente rimanere in ufficio fino a ora tarda, la moglie che parla con più facilità dei propri problemi con gli estranei che con i familiari, sono il segno di un disagio.
Ecco poi che una donna, una serva, fissa Pietro e dice di riconoscerlo come discepolo di Gesù dall’accento, ma Pietro nega nel modo che conosciamo: “sei dei loro; no”. Mettere da parte anche un solo iota della propria scelta di fondo dà inizio alla dissoluzione della propria. È passato poco e già la presa di distanza non riguarda più solo Gesù e la propria comunità – Pietro si allontana dai discepoli di Gesù dicendo “non sono dei loro” (cfr Lc 22,58) – ma anche la negazione della propria identità, della propria parlata: non sono galileo (cfr Lc 22,60). L’insegnamento è chiaro: venir meno al proprio dio – sia esso personale o sia quell’insieme di convincimenti più o meno espliciti sui quali ciascuno di noi basa la propria esistenza – conduce a perdere prima le proprie relazioni significative, e poi sé stessi.
Featured image, Pietro nell’Ultima cena attribuita a Cesare da Sesto, allievo di Leonardo da Vinci.
Certamente il problelema dell’infedeltà morale, sociale, e politica è un problema che coinvolge non solo l’individuo, ma tutta la comunità e ciò vale in particolare per la politica che, come si evince dal nome stessa, richiama l’inviduo che se ne occupa ad un “essere per”: un lavorare a servizio e in rappresentanza dela comunità. Chi cambia casacca politica non solo dà segno di non avere in sè solide radice identitarie e di non volersi vincolare a legami di reaponsabilità e coerenza, ma tradisce tutti coloro che votandolo erano sicuri del fatto che quel parlamentare, quel personaggio avrebbe rappresentato le idee, i “colori” che erano stati annunciati in campagna elettorale. Il passaggio da una parte politicva all’altras segna poi secondo me un punto di non ritorno rispetto alla vicenda evangelica di Pietro. Perchè Pietro Ha un Dio a cui rivolgersi. LO ha anche mentre lo tradisce. Il suotradimento è debolezza, paura, fragilità che però poi si riscatta nel pentimento successivo per forgiare un uomo la cui moralità lo conduce a buttarsi in acqua mezzo nudo in mare davanti al Suo Signore e soprattutto a morire, dopo un tremendo martirio, per non rinnegare quel Dio cui aveva donato la vita. Il problema è proprio qui: la politica pare svuotata di sentimenti e ideali alti. Sto parlando di quelli , che ne so, del Risorgimento, della Resistenza, quelli che hanno condotto all’elaborazione della Costituzione italiana, gli ideali relativi ai diritti: del lavoro, alla salute, etc. Pochissimi sono gli uomini politici disposti seriamente a vivere per uno di questi ideali. ieri era la giornata della memoria per le famiglie vittime della mafia. Ecco. quelle famiglie rappresentano un “credo” autentico, i magistrati ancora in lotta, il papa che è andato lì e ha gridato ancora una volta ai carnefici. “Convertitevi!”. E’ da quella parte sana, legata a ideali forti, del nostro paese che dobbiamo ripartire. Perchè se anche credendo in Dio o nella Giustizia è possibile cadere, per poi rialzarsi e ricominciare più forti, senza un orizzonte, senza un asse etico e culturale forte che dia orientamento…Non c’è niente da fare: l’interesse e l’egoismo prevaranno facendo della politica un mondo che impedisce la partecipazione attiva e reale della gente. Molto bello questo articolo, grazie