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Il compagno Berlusconi

 

Sulla politica europea dell’ecchissenefrega ed altri particolari minimi

La definizione “compagno Berlusconi” non è la mia, credo sia del bravissimo Sansonetti. Tuttavia, difficile non farla nostra per divagare ed elaborare ulteriormente. Il tema è il problema degli immigranti e più generalmente le conseguenze sul destino del Bel Paese della crisi libica. Inutile dire che la situazione, una volta ancora, ci è sfuggita di mano. E ci è sfuggita di mano fin da subito. Ovvero, da quando, per eccesso di prudenza, abbiamo lasciato che la Francia facesse il bello e il cattivo tempo, gestisse come meglio le garbava l’intera faccenda. Come a dire che anche le vie della Realpolitik sono più complicate di quanto si possa immaginare e che la politica eccessivamente attendistica non premia quasi mai.

Così come non premia, davanti agli interessi politici e nazionali, la tentazione vittimistica. In Italia arrivano barconi di migranti? Ecchissenefrega. I cadaveri di decine di quei poveri cristi vengono recuperati al largo delle coste libiche? Ecchissenefrega. Lampedusa rischia il collasso? Ecchissenefrega. Di fatto, la politica dell’ecchissenefrega è quella che sembrerebbe più compatibile con la Storia dell’Unione Europea di oggi e di sempre, inutile quindi andare a piangere sul latte versato. Così come è inutile dire che per certi versi abbiamo ciò che ci meritiamo. Per altri, l’occasione dovrebbe essere di quelle che dovrebbero indurci per lo meno a ripensare molto del nostro europeismo-a-tutti-i-costi. Del nostro idealismo di maniera.

La verità recita che l’interesse nazionale la fa ancora da padrone nell’Europa democratica dei giorni nostri, il vizietto del summit a tre o a quattro non è mai venuto meno e i problemi degli immigranti, così come delle sponde italiche che li accolgono fanno fatica ad arrivare finanche sulle prime pagine dei quotidiani stranieri. Che occorra mandare i nostri dispacci di fiera protesta a Bruxelles, in Francese? Probabile. Nell’attesa degli eventi, bisogna registrare un altro di quei repentini cambiamenti di “casacca” caratteristici del personaggio Silvio Berlusconi. Così, dopo il Silvio Presidente, il Silvio Operaio, il Silvio Magistrato, il Silvio Carpentiere, il Silvio Intrattenitore, non poteva mancare il Silvio-Che, ovvero il Compagno Silvio.

Il quale compagno, occorre riconoscergli, non si tira mai indietro. Eccolo dunque, abbigliato con una camicia e una giacca straordinariamente dimesse, che vola a Lampedusa per arringare il popolo in rivolta. Ci compra pure una villa, ma questi sono particolari minimi ai tempi di Ebay. E poi un quartier generale serve comunque. Quindi torna sul continente e rilascia interviste e dichiarazioni a tutto campo dove predica contro la necessità di smuovere il cuore-duro dell’Europa, ricorda (pure ai suoi alleati in quel della Pianura Padana), che l’Italia è stata una nazione di emigranti e che è “doveroso” per noi accogliere quanti arrivano sulle nostre sponde in cerca di asilo politico. Infine, promette un viaggio a Tunisi, per risolvere la faccenda. In maniera non violenta.

Mahatma Berlusconi. Anche. Ormai non ci si stupirebbe se, alla maniera di Ghandi, impegnato nella eccezionale Marcia del sale, partisse pure lui, alla testa delle migliaia di profughi sbarcati a Lampedusa, in direzione di Bruxelles e dei palazzi del Parlamento Europeo. Qualora l’impresa riuscisse, da dire vi è che cotali alti scranni, occupati da quei ragazzi dell’Africa meditarrenea, per la prima volta nella loro Storia, servirebbero finalmente a qualcosa. Di utile. Ai più.

Rina Brundu, 03/04/2011