La Russia persegue la “sovranità informatica”

di Michele Marsonet.
Non è solo la Repubblica Popolare Cinese a muoversi a grandi passi verso la sua “sovranità digitale”. Altri Paesi, infatti, insistono sul proprio diritto di controllare in modo completo l’accesso dei loro cittadini al web.
Alcune notizie che giungono dalla Federazione Russa inducono a credere che Mosca si stia muovendo esattamente in tale direzione. Com’è noto, gli hacker russi sono stati spesso accusati di operazioni illecite in altri Paesi, e in quelli occidentali in primis.
Secondo Washington hanno in più occasioni interferito nelle elezioni Usa, cercando di favorire i candidati più favorevoli agli interessi del Cremlino. Il caso più emblematico è, ovviamente, quello di Donald Trump che, secondo alcune interpretazioni, sarebbe riuscito a prevalere su Hillary Clinton anche grazie agli “aiuti” garantiti proprio dagli hacker russi.
Ma non è tutto qui. Tali hacker avrebbero pure condotto azioni di sabotaggio nei confronti di aziende e agenzie governative Usa.
Ovviamente notizie di questo tipo sono difficilmente controllabili. Anche perché, di volta in volta, di azioni simili sono stati incolpati anche hacker cinesi e nordcoreani.
Ora si apprende che Mosca sarebbe – e uso la forma dubitativa per prudenza – riuscita a staccare completamente la sua rete nazionale, “RuNet”, da quella mondiale, vale a dire il “World Wide Web”.
Accade per la prima volta ed è ovvio che la notizia ha prodotto una notevole sensazione. A differenza della Cina, infatti, la Federazione Russa non ha mai bandito i network occidentali, limitandosi a censurare contenuti particolarmente sgraditi al Cremlino.
Questa volta però, tra giugno e luglio, i russi hanno condotto una “esercitazione” che ha consentito loro di sganciarsi totalmente dalla rete informatica globale.
L’operazione è stata affidata ai servizi federali di sicurezza, FSB e FSO e, secondo la Tass e altri organi d’informazione ufficiali, è stato un completo successo.
In realtà Vladimir Putin e il suo governo, pur accusati di favorire operazioni di hackeraggio a fini politici, temono molto l’eventualità – non più considerata fantascientifica come prima – di una “cyberguerra” tra le grandi potenze.
Si tratta, com’è noto, di un conflitto telematico che lo scopo primario di danneggiare i sistemi informatici dell’avversario. Dunque la Federazione Russa, pur essendo sul banco degli imputati per presunte campagne di hackeraggio, cerca di mettersi in una posizione più sicura.
Teme infatti che vengano attaccati anche i suoi siti industriali e istituzionali. Ricordando per esempio il caso di Chernobil, Mosca paventa attacchi informatici ai suoi impianti nucleari, alcuni dei quali sono tra l’altro obsoleti.
L’autonomia informatica consentirebbe inoltre a Mosca di limitare severamente l’attività di oppositori quali Alexei Navalny, che dai network occidentali ricevono molto appoggio.
Nel vaso di una “cyberguerra”, un’operazione come quella dianzi menzionata consentirebbe ai russi di sigillare il loro spazio informatico danneggiando al contempo gli avversari.
Stiamo insomma entrando in una nuova era, in cui la Rete conta più dei missili e dei carri armati. E mette conto notare, ancora una volta, che un tale scenario renderebbe del tutto obsoleto il concetto di “villaggio globale”, che tanto successo ha riscosso negli ultimi decenni.
