Caos in Tunisia

di Michele Marsonet.
Difficile dare un giudizio sulla caotica situazione che la Tunisia sta vivendo attualmente. Il presidente Kais Saied, peraltro noto per le sue posizioni equilibrate, ha davvero realizzato un colpo di Stato appoggiandosi alle forze armate?
Oppure sta solo cercando di evitare che nel Paese nordafricano prevalgano le componenti islamiste radicali, con il pericolo di avere un altro “caso Libia” a così breve distanza dalle nostre coste?
Ovviamente nessuno nega che le proteste popolari siano state innescate da problemi reali e molto gravi. Per esempio la disastrosa gestione della pandemia di Covid 19. Le strutture ospedaliere, già in affanno in tempi normali, sono ora al collasso per la carenza di ossigeno e di postazioni per le terapie intensive.
A ciò va aggiunta una povertà endemica, aggravata dall’aumento dei prezzi al consumo, e dalla sempre più accentuata difficoltà di reperire i beni di prima necessità.
Pur essendo, come sempre, difficile tracciare una precisa distinzione tra islamisti estremisti e islamisti moderati, occorre pur dire che in Tunisia gli estremisti hanno un peso notevole – e ora crescente – nella vita politica nazionale.
Lo stesso partito “Ennahda”, che finora faceva parte del governo, si presenta ufficialmente come “moderato”, ma alcune sue componenti – non si sa se maggioritarie o meno – assumono in realtà posizioni radicali.
L’impressione è che, ancora una volta, la potente “Fratellanza Musulmana”, alla quale rappresentanti di primo piano di “Ennahda” sono tradizionalmente vicini, stia giocando un ruolo fondamentale nello spingere la Tunisia verso il caos.
Con il supporto, peraltro, della Turchia di Erdogan, del Qatar e dei “fratelli” di Hamas che dominano la striscia di Gaza. Se è così, la decisione presa dal presidente Kais Saied appare, più che un colpo di Stato, una mossa preventiva per frenare la presa del potere da parte dei fondamentalisti.
Il quesito è sempre il solito. In Egitto i militari fecero bene a prendere il potere per evitare la deriva fondamentalista verso cui l’ex presidente Morsi – lui pure esponente di spicco della “Fratellanza” – stava conducendo la nazione?
Oppure avrebbero dovuto lasciare che il radicalismo islamico si impadronisse di tutte le leve del potere, trasformando il più grande Paese del mondo arabo in un bastione della stessa “Fratellanza”?
Si sa che, al riguardo, le opinioni divergono in modo netto, ma chi scrive ritiene che, in ogni caso, l’esercito sia preferibile ai fondamentalisti.
Come già detto lo scenario tunisino è tuttora troppo confuso per consentire di formulare opinioni precise. Senza dimenticare che le forze armate tunisine non sono certo paragonabili a quelle egiziane per potenza ed efficienza.
Mette solo conto notare che all’Italia non conviene avere i fondamentalisti alle porte. Dopo tutto, per quanto ci riguarda, una Libia basta e avanza.