LA BARBA DI DIOGENE, Dublin (EIRE) – 21 Years Online. Leggi l'ultimo pezzo pubblicato...

La Cina riempie il vuoto lasciato dagli Usa nel Pacifico

di Michele Marsonet.

La Repubblica Popolare Cinese ha subito approfittato del caos istituzionale verificatosi negli Stati Uniti dopo le ultime elezioni presidenziali per rafforzare le proprie posizioni nell’area del Pacifico. E lo ha fatto con una mossa che riguarda in primo luogo gli scambi commerciali, ma destinata inevitabilmente a riverberarsi anche in ambito geopolitico.
Pechino è infatti il perno e la locomotiva di un importante accordo di libero scambio che unisce – oltre alla stessa Repubblica Popolare – ben 14 nazioni asiatiche, le quali hanno concordato di abbattere i dazi per favorire l’import-export tra loro eliminando molti degli ostacoli che ora frenano gli scambi commerciali. Il trattato si chiama Regional Comprehensive Economic Partnership (RCEP),
Di grande rilievo il fatto che il premier cinese, Li Keqiang, abbia a tale proposito esaltato, da un lato, il multilateralismo e, dall’altro, il libero mercato. Le sue parole impressionano perché sono state pronunciate dalla seconda carica di un Paese che continua a definirsi ufficialmente “comunista”, e che impone ancora il marxismo-leninismo come unica filosofia di Stato.
Si tratta del più grande accordo di libero scambio che sia mai stato firmato. Basti dire che coinvolge 2,2 miliardi di persone e circa un terzo del Pil mondiale. Copre, oltre al territorio cinese, l’intero Sud-Est asiatico e quasi tutto l’Oceano Pacifico. Verranno abbattuti i dazi rendendo le esportazioni verso la Cina e le importazioni dei suoi prodotti molto più facili e convenienti. La sorpresa, tuttavia, è ancor più grande se scorriamo la lista dei Paesi che hanno firmato, giacché parecchi di essi sono alleati “storici” degli Stati Uniti.
Non desta sensazione trovare tra i firmatari Cambogia, Laos e Myanmar, nazioni entrate ormai da tempo nell’orbita cinese grazie al fatto che Pechino ha destinato ad esse enormi investimenti economici e infrastrutturali, legandole di fatto al suo carro. E neppure sorprende trovarvi Paesi di scarso peso come Brunei o che, comunque, con il Dragone intrattenevano già relazioni cordiali, come Indonesia e Malesia.
Il dato rilevante, e gravido di conseguenze, è leggere che hanno aderito pure nazioni dichiaratamente filo-occidentali e che, un tempo, dell’anti-comunismo facevano la loro bandiera. Parliamo in primo luogo del Giappone, grande potenza regionale che, oltre a mantenere sul proprio territorio un forte contingente di truppe Usa, con la Cina ha rapporti tesi a causa delle dispute su alcuni arcipelaghi.
Forse ancora più eclatante è l’adesione della Corea del Sud, che si è sempre giovata dello scudo americano per parare le minacce provenienti dal Nord Corea dominato dalla dinastia Kim. Identica la situazione per altri alleati “di ferro” degli americani come Thailandia, Singapore e Filippine, anch’essi firmatari dell’accordo.
E che dire del Vietnam, che ha tra l’altro ospitato la videoconferenza in cui l’accordo è stato siglato? In questo caso non esistono grandi differenze ideologiche trattandosi in entrambi i casi di regimi comunisti a partito unico. Eppure sappiamo che anche il Vietnam ha, con la Cina, aspri contenziosi territoriali in corso.

Tra cinesi e vietnamiti si sono susseguiti negli ultimi anni scontri navali anche violenti con numerose vittime. Hanoi, in sostanza, accusa Pechino di minare la sua integrità territoriale, ma ciò non ha affatto impedito agli eredi di Ho Chi Minh di firmare il trattato. Dulcis in fundo, ci sono pure Australia e Nuova Zelanda, da sempre considerati “bastioni occidentali” nel Pacifico. Questi due Paesi, e soprattutto l’Australia, hanno ingaggiato con Pechino una dura battaglia riguardante la mancanza di democrazia e lo scarso – per non dire inesistente – rispetto dei diritti umani da parte dei cinesi. In primo luogo a Hong Kong, ma anche nello Xinjiang popolato dagli uiguri musulmani e nel Tibet. Pure i due ex Dominion britannici, comunque, hanno aderito al trattato RCEP.
L’unico grande assente che non partecipa è la Federazione Indiana, che con la Cina ha da sempre pessimi rapporti sfociati ultimamente in frequenti scontri militari sulle cime dell’Himalaya. Il premier indiano Narendra Modi teme, firmando il trattato, di aumentare il già esistente squilibrio commerciale a favore della Cina, ma non ha totalmente escluso futuri ripensamenti.
Un accordo di enorme portata, indubbiamente, che consente alla Repubblica Popolare di acquisire una posizione dominante in Estremo Oriente, rimpiazzando gli Usa ancora frenati dalla succitata crisi istituzionale susseguente alle ultime elezioni presidenziali. E l’adesione dei principali partner commerciali e militari asiatici degli Stati Uniti dovrebbe far suonare più di un campanello di allarme a Washington.
Ancora una volta, dunque, ha vinto il tradizionale mercantilismo cinese alla luce del tradizionale slogan business is business, e contenziosi territoriali, diritti umani e scontri armati passano in secondo piano. La Repubblica Popolare, grazie alla sua forza economica, riesce a legare al suo carro amici ed avversari.
Tutto questo fa pensare che la politica dei dazi di Donald Trump non abbia dunque funzionato. Il presidente eletto Joe Biden dovrà ora affrontare una Cina di nuovo in crescita economica e decisa a estendere ovunque i suoi tentacoli commerciali. Si attende di vedere se, dopo la firma dell’accordo, Pechino adotterà con i nuovi partner una politica meno aggressiva e più conciliante. E’ possibile che accada per non mettere subito in crisi l’importante accordo appena firmato.
Grande assente, come sempre, è l’Unione Europea. Ma è possibile che Xi Jinping a questo punto rivitalizzi il progetto della “Via della seta”, che nel frattempo è entrato in un cono d’ombra. Il fatto certo è che dalla Repubblica Popolare e dal suo peso nel commercio mondiale non si può prescindere. Non resta che attendere le mosse di Biden per capire come l’America si rapporterà con questa nuova sfida.

1 Comment on La Cina riempie il vuoto lasciato dagli Usa nel Pacifico

  1. Complimenti per l’articolo Michele. Anche i cinesi sembrano essere stati molto interessati allo stesso. Non scherzo!

Comments are closed.