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Sempre più complicata la campagna elettorale di Biden

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di Michele Marsonet.

Tra i danni causati dalla pandemia e le violente manifestazioni di piazza che attraversano il Paese, la campagna elettorale Usa in vista del prossimo voto del 3 novembre sta diventando sempre più complicata per entrambi i candidati in lizza.
Lo è sicuramente per Donald Trump, il presidente in carica che può essere accusato di non aver saputo gestire al meglio l’epidemia di coronavirus. Il “tycoon”, inoltre, è odiato in modo viscerale da larghi strati della popolazione,
Non molto meglio, tuttavia, sta Joe Biden, l’ex vice di Barack Obama che è riuscito a conquistare la candidatura democratica dopo una lunga lotta con Bernie Sanders, esponente dell’ala sinistra del partito. I sondaggi lo danno come favorito su Trump con uno scarto di 7-8 punti.
Si sa, tuttavia, che negli Stati Uniti ciò non è significativo. I sondaggi davano anche Hillary Clinton favorita su Trump con uno scarto ancor maggiore, e si è poi visto com’è finita. Questo perché, nel complesso sistema elettorale americano, un candidato può vincere se conquista alcuni Stati chiave anche se il suo avversario ottiene la maggioranza dei voti sul piano nazionale (come appunto accadde alla Clinton).
In un primo tempo tutti erano convinti che la comunità afroamericana fosse schierata in modo compatto con Biden. Tuttavia l’ondata di violenze innescata dai fatti di Minneapolis ha modificato la situazione. E’ emersa, tra i neri, una componente ultraradicale che vorrebbe seriamente ridurre i fondi della polizia o, addirittura, abolirla.
Biden è un moderato e non lo ha mai nascosto. E, infatti, ha subito condannato queste proposte estreme notando, tra l’altro, che un indebolimento della polizia – per non parlare della sua abolizione – nuocerebbe soprattutto ai neri che vivono nei quartieri più poveri delle città Usa, lasciandoli in balia della criminalità. Ovviamente gli estremisti hanno reagito minacciando di non votarlo il prossimo novembre.
Il problema è capire quale sia il peso elettorale della frangia radicale di cui sopra. Si noti, infatti, che numerosi esponenti della comunità afroamericana sono contrari tanto alla violenza quanto all’indebolimento della polizia. Lo sono, tanto per fare un esempio, i negozianti neri che hanno visto vandalizzare i loro locali dai dimostranti. E lo è pure quella parte della comunità che negli ultimi decenni ha raggiunto un certo livello di prosperità.
Se a questi aggiungiamo i tanti seguaci (soprattutto giovani) di Bernie Sanders per nulla convinti della candidatura Biden, il rischio per l’ex vice di Obama è alto. Potrebbero venirgli a mancare nelle urne i suffragi di larga parte della sinistra del partito, così indebolendo la sua posizione.
E non basta ancora. Biden ha promesso di designare una vicepresidente donna (e possibilmente afroamericana). Gli estremisti hanno però già scartato alcuni nomi. Per esempio Val Demings, deputata della Florida che ha diretto per molti anni la polizia di Orlando, e Keisha Lance Bottoms, sindaco di Atlanta, accusata di eccessiva condiscendenza nei confronti della polizia della sua città.
Per capire a quale livello sia giunto lo scontro, basti dire che, secondo gli esponenti del movimento “Black Lives Matter”, i poliziotti afroamericani “smettono di essere dei nostri, non sono più neri”. Biden ha dunque dei problemi seri nella scelta del vice, e la battaglia in corso sulla storia Usa non lo aiuta. Persino Abraham Lincoln, il presidente che affrontò la Guerra di Secessione per porre termine allo schiavismo, viene ora accusato di essere stato un razzista.
Naturalmente anche Donald Trump ha le sue gatte da pelare, giacché noti esponenti dell’establishment repubblicano come Mitt Romney, Condoleeza Rice e l’ex presidente George W. Bush hanno già dichiarato di essere disposti a votare il democratico Biden.
Raramente l’America è stata così divisa, e questo rende assai ardue le previsioni. Trump può contare su un serbatoio di voti sicuri intorno al 40%, e tenta di attrarre i democratici moderati con il classico slogan “law and order”. Il serbatoio di Biden è in teoria più ampio, ma l’ostilità della sinistra democratica e dei radicali afroamericani rischia di alienargli voti preziosi. Tutte conseguenze di un Paese che sta cambiando pelle.