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Altre incognite nelle elezioni americane

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di Michele Marsonet.

A soli cinque mesi dalla data fatidica del 3 novembre, la campagna elettorale americana continua a riservare sorprese a ripetizione. E questo nonostante già si conoscano ufficialmente i nomi dei due sfidanti: il presidente in carica Donald Trump per i repubblicani, e l’ex vice di Obama, Joe Biden, per i democratici.
La prima grande sorpresa è riservata dall’andamento dell’economia. A causa della pandemia di coronavirus, dell’alto numero di morti e del conseguente lockdown, gli analisti avevano preannunciato conseguenze catastrofiche. Si prevedevano chiusure di aziende e milioni di disoccupati.
Si profilava insomma uno scenario simile a quello della Grande Depressione degli anni ’20 e ’30 del secolo scorso, con una crisi sociale montante e pericoli per la stabilità stessa del sistema democratico. Il che rendeva la rielezione di Trump assai problematica.
E invece l’economia Usa ha dato ancora una volta prova di grande flessibilità, al contrario di quanto sta accadendo nei Paesi europei. Nel solo mese di maggio sono stati creati 2,5 milioni di posti di lavoro, il che significa che la disoccupazione è scesa al 13,3 per cento invece di salire al 20 per cento come tanti economisti avevano previsto.
Le prospettive sono inoltre favorevoli man mano che ci si avvicina alla fine del lockdown. Lo stesso presidente ne è rimasto sorpreso e l’ha fatto notare con il solito “tweet”. Senza dubbio approfitterà dell’occasione respingendo al mittente l’accusa di non aver gestito bene l’emergenza sanitaria, ed è molto probabile che ciò gli giovi dal punto di vista politico, giacché in America l’andamento dell’economia è da sempre la chiave del successo elettorale.
Tuttavia il presidente può sfruttare anche un altro grande “assist”, questa volta fornitogli dalle frange più radicali del partito democratico. In molte città, infatti, sindaci e consiglieri democratici hanno adottato slogan come “Defund the police” o, addirittura, “Abolish the police”. In una nazione dove la criminalità organizzata è molto potente, parole d’ordine di questo tipo altro non fanno che spaventare l’elettorato moderato, sia repubblicano che democratico.
Se si rammenta quanto sia stato faticoso per Joe Biden prevalere sull’ala sinistra di Bernie Sanders, è ovvio che il candidato democratico sia assai preoccupato per gli slogan anzidetti. E, infatti, sta cercando di rassicurare la parte moderata – che è maggioritaria – del partito smentendo che, con lui alla presidenza, si procederebbe al depotenziamento o addirittura alla eliminazione delle forze di polizia.
Persino un esponente dei democratici di sinistra come il sindaco di New York Bill De Blasio, la cui figlia è stata arrestata per aver bersagliato i poliziotti con oggetti contundenti, si è premurato di ribadire che gli slogan dianzi citati sono privi di senso. E anche noti esponenti della comunità afroamericana, schierata nella stragrande maggioranza con Biden, hanno preso le distanze dagli slogan suddetti.
Come si diceva poc’anzi, gli slogan estremisti costituiscono, per un politico abile e spregiudicato come Donald Trump, un “assist” perfetto e, soprattutto, insperato. A questo punto può infatti insistere senza timore sulla necessità di “law and order”, praticamente sicuro che pure molti elettori democratici moderati lo seguiranno su questa strada.
Questo potrebbe parare il colpo infertogli da esponenti del vecchio establishment repubblicano come Colin Powell, l’ex presidente Bush e Mitt Romney, i quali hanno dichiarato che in novembre voteranno il democratico Biden e non lui.
La battaglia, dunque, è più che mai aperta. Mentre sino a pochi giorni fa per Trump suonavano campane a morto, ora il presidente in carica appare più fiducioso nella possibilità di raggruppare intorno a sé non solo i repubblicani, ma anche una parte degli elettori democratici moderati. Le previsioni sono ancora molto incerte ma, senza dubbio, le prospettive trumpiane sono adesso migliori.