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Permane il mistero sull’origine del coronavirus

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di Michele Marsonet.

La storia sulle origini di laboratorio del “coronavirus”, che è sempre stata classificata come una delle tante “fake news” che circolano in Rete, sta ora assumendo una nuova dimensione dopo che il “Washington Post” ha aperto un’inchiesta al riguardo.
Non è certamente l’ennesimo atto della strategia di contenimento della Cina messa in atto da Donald Trump, giacché il “Post” si caratterizza, nell’ambito della stampa Usa, proprio per le sue posizioni anti-trumpiane, evidentissime anche quando si discuteva di un possibile “impeachment” del presidente.
Ora si apprende infatti che a Wuhan, epicentro della pandemia, c’è un Istituto di Virologia che si occupa, tra l’altro, anche dello studio della tipologia di virus cui appartiene il famigerato Covid19.
Alcuni specialisti stranieri – non solo americani – lo hanno visitato negli ultimi anni rilevando che le condizioni di sicurezza al interno sono assai precarie, e invitando i loro colleghi cinesi a porvi rimedio.
Nessuno più mette in dubbio che il virus abbia origini naturali, e pare proprio che oggetto di studio nel laboratorio suddetto siano i pipistrelli. Tuttavia, ammettere le origini naturali non esclude affatto che il virus sia uscito dal laboratorio a causa di un incidente involontario.
Se fosse così, crollerebbe la teoria secondo cui il virus si sarebbe diffuso a partire dal mercato del pesce di Wuhan. Tesi tuttora sostenuta ufficialmente dal governo di Pechino e continuamente ripetuta dagli organi ufficiali del Partito comunista.
Ma non è tutto. Una delle più celebri virologhe cinesi, Shi Zhengli, ha condotto nel laboratorio di Wuhan ricerche sul legame tra il coronavirus e i pipistrelli, concentrandosi sulla possibilità che il virus sia trasmissibile agli esseri umani. Fu proprio lei a lanciare l’ipotesi che il virus si fosse diffuso in quell’area per un incidente avvenuto nel suo laboratorio.
Come sempre accade in Cina, tuttavia, si affrettò poi a smentire la sua stessa ipotesi, molto probabilmente dietro pressioni politiche delle autorità centrali. E questo potrebbe anche spiegare l’imperdonabile ritardo informativo alle origini della pandemia.
A questo punto è del tutto ovvio che i governi occidentali vogliano vederci chiaro. Agli americani si è ora aggiunto il presidente francese Macron, che chiede l’apertura di un’indagine internazionale sulla vicenda.
Notizie al riguardo sarebbero molto utili, almeno per evitare che incidenti simili possano ripetersi in futuro. Purtroppo la mancanza di trasparenza da parte di Pechino non aiuta.
Certo, può anche darsi che l’intera vicenda sia un tentativo di mettere in cattiva luce la Cina per frenarne le ambizioni di supremazia globale ma, allo stato dei fatti, ogni ipotesi resta sul tappeto.
E, infine, mette pure conto notare l’enorme lavoro di propaganda che la Repubblica Popolare sta conducendo in Occidente, con particolare riferimento a giornali e mass media. Pechino ha investito grandi somme per far pubblicare a quotidiani americani, inglesi, francesi e tedeschi inserti pubblicitari in cui si loda l’operato del presidente Xi Jinping.
Una prima reazione si è avuta quando il giornale britannico “Daily Telegraph” ha rifiutato una grossa somma annuale per far uscire uno degli inserti anzidetti. Ritiene infatti che il governo cinese stia usando la pandemia per aumentare ancor più la sua influenza nelle nazioni occidentali.