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Sorprese democratiche nelle primarie Usa

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Screenshot source: nytimes

di Michele Marsonet.

Alcuni risultati sorprendenti del Super Tuesday hanno attirato l’attenzione degli analisti. Pochi si attendevano il successo di Joe Biden, eppure l’ex vice-presidente di Obama ha riportato un successo clamoroso, tale da oscurare la stella di Bernie Sanders che era considerato da tutti il favorito.
E’ evidente che l’elettorato democratico moderato ha sentito il bisogno di concentrarsi su un nome rassicurante e Biden lo è a tutti gli effetti, nonostante le frequenti gaffe che costellano la sua lunga carriera. Le figure radicali come Alexandria Ocasio-Cortez sono state messe in ombra, e l’establishment del partito – moderato per definizione – ha avuto la sua rivincita puntando su un politico assai esperto. E pure la diffidenza per il tycoon ex repubblicano Michael Bloomberg ha avuto un certo peso.
Insomma, per usare una battuta, i moderati e l’establishment hanno preferito puntare sull’ “usato sicuro” per contrastare Trump. Sviluppando al contempo la battaglia interna contro Bernie Sanders che, autodefinendosi “socialista”, viene percepito da molti come un pericolo per il destino del partito.
E anche il ritiro di Elizabeth Warren, che non ha ancora detto chi appoggerà, è una sconfitta dei radicali. A questo punto la loro unica bandiera resta per l’appunto Sanders che, però, non tutti i democratici di sinistra amano.
Ovviamente i giochi sono ancora aperti poiché è tuttora in palio un grande numero di delegati. Tuttavia gli inviti alla moderazione di Barack Obama, tuttora popolarissimo nella base del partito, e l’appoggio discreto fornito al suo ex vice, hanno sortito un grande effetto riportando i democratici alle loro posizioni tradizionali.
Difficile dire se Biden avrà la forza, nel caso ottenesse la nomination, di battere un Donald Trump leggermente indebolito dalle incertezze nella gestione dell’epidemia di coronavirus (nel frattempo giunto pure negli Usa). Ma è certo che, se c’è qualcuno un grado di contrastare il presidente nei dibattiti televisivi, questi è proprio Biden che vanta una lunga esperienza al riguardo. Non possiede un’oratoria esplosiva ma, da vecchia volpe del mondo politico, conosce i trucchi per convincere gli elettori incerti.
Interessante l’appoggio pressoché completo che l’ex vice-presidente ha ricevuto dalla importante comunità afroamericana. Lontani ormai i tempi degli estremisti, i neri hanno assunto posizioni sempre più istituzionali dimostrando di diffidare del radicalismo di Sanders e, anche in questo caso, i consigli di Obama hanno avuto un peso notevole. Se davvero vorrà vincere la nomination, Biden dovrà sfondare nel campo dei latinos la cui maggioranza, almeno finora, si è schierata con Sanders.
Da notare che, ancora una volta, lo scenario politico Usa sembra non gradire le candidature presidenziali femminili. Nelle ultime elezioni Hillary Clinton aveva sfiorato la Casa Bianca e le polemiche sulla sua sconfitta finale sono ancora vive. Questa volta Elizabeth Warren non è riuscita a imporsi neppure nel suo Stato, il Massachusetts, mentre la senatrice del Minnesota Amy Klobuchar ha rinunciato ancor prima (a favore di Biden).
E’ un dato significativo se si rammenta che, negli Stati Uniti, il movimento femminista ha una forza notevole. Tale forza, tuttavia, si manifesta soprattutto nelle università e nei circoli intellettuali, e viene invece a mancare nell’opinione pubblica più vasta. Il che significa che il mondo americano, ivi incluso quello politico, è tuttora largamente maschile.
Un ultimo dato merita di essere sottolineato con forza. Negli Stati Uniti si è esaurita l’onda giovanilista che aveva spinto Barack Obama al potere, e gli anziani hanno avuto una rivincita completa. Si rammenti infatti che, a meno di eventi imprevedibili, a battersi per la presidenza saranno il quasi 74enne Donald Trump e uno tra Joe Biden (77 anni) e Bernie Sanders che di anni ne ha 78. Dunque un rovesciamento totale rispetto alla tendenza di pochi anni fa.
Poiché la politica Usa anticipa molto spesso quella degli altri Paesi occidentali, ci si può chiedere se qualcosa di analogo accadrà, per esempio, anche in Italia. Da noi sono emersi nell’ultimo periodo leader giovani che hanno man mano emarginato quelli più anziani. Se però iniziasse a spirare un “vento americano”, potremmo assistere anche in Europa al ritorno dei politici anziani che dispongono di maggiore esperienza.