Venerati maestri. Chi ha ucciso il giornalismo italiano? Il caso Fazio (e a ricordo di una data mirabile nella Storia repubblicana: il 4 marzo 2018).
“Sono stupefatto dell’accanimento che Renzi ha mostrato e continua a mostrare nei confronti della Rai come se fosse roba sua da utilizzare per i suoi interessi politici. Invece non è così. La Rai è dei cittadini italiani che pagano il canone e, caso mai, degli investitori pubblicitari che portano nelle sue casse settecento milioni di euro all’anno”[1].
Nel gennaio 2018, a parlare con toni forti e inusuali per l’establishment imprenditoriale fu il manager Lorenzo Sassoli de Bianchi, presidente dell’Upa (l’associazione che raggruppa i grandi utenti pubblicitari, nonché imprenditore fondatore e presidente della Valsoia), come se finalmente anche l’Italia-che-lavora-e-produce si fosse svegliata dalla catarsi e abbia voluto urlare il suo: basta!
L’occupazione del sistema pubblico televisivo durante gli anni della XVII legislatura (2013-2018), e in particolare modo durante il triennio del governo Renzi (2014-2016), da parte dell’area politica di centro-sinistra fu, infatti, pressoché totale. Rimossa la cortesia di facciata che durante gli anni del berlusconismo imponeva la par-condicio sugli schermi Rai a tutte le forze politiche, e una presenza sui media pubblici in base alla rappresentatività nel Paese, la compagine governativa ha fatto un sol boccone di ogni attimo televisivo a disposizione, sia quando quell’attimo si proponeva in forma di trasmissione dedicata all’approfondimento politico, sia quando si estrinsecava in guisa di programma d’intrattenimento.
Uno dei casi più eclatanti di quegli anni interessò la trasmissione televisiva Che tempo che fa, condotta da Fabio Fazio su Rai1, una trasmissione il cui conduttore si trovava già nell’occhio del ciclone per il contratto milionario firmato con il Servizio Pubblico in un periodo di profonda recessione per il Paese, e a fronte di risultati di audience tutt’altro che incoraggianti e giustificanti il lauto stipendio.
Nel settembre del 2017 fece notizia il rifiuto che avrebbe opposto Fazio a intervistare Luigi Di Maio, esponente di un Movimento Cinque Stelle allora all’opposizione. Nel novembre 2016, prima del referendum costituzionale del 4 dicembre 2016, il già ricordato appuntamento elettorale che pose fine all’avventura politica di Matteo Renzi, in un raro momento di ritrovato orgoglio, fu l’AGCOM[3] a ordinare a Fabio Fazio e alla Rai di mostrare la lista degli ospiti invitati sul primo canale nazionale, in fascia di massimo ascolto. Per quanto si è potuto verificare, non sembrerebbe che la “lista” richiesta sia mai stata fornita, e comunque questa tipologia di screzi mediatici furono solo la ciliegina sulla torta. Non sarebbe azzardato scrivere, invece, che la totale occupazione del Servizio Pubblico radiotelevisivo da parte dei membri dell’Esecutivo Renzi, e da parte dei loro referenti in Rai, fu uno dei motivi che indussero gli italiani a voltare pagina, in maniera così netta, il 4 marzo 2018.
[1] Fonte: prima online.it intervista di Alessandra Ravetta (6 gennaio 2018).
[2] Fonte: Dagospia.com
[3] Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni.
[4] Fonte: ANSA.it
Un morto scomodo e una pletora di potenziali assassini sono i protagonisti di un mistero atipico che per essere risolto dovrà necessariamente farsi viaggio di studio e di conoscenza. Solo partendo dalle origini del giornalismo, dalla nascita dei primi quotidiani italiani, passando per la “Guerra dei venti anni”, l’analisi dei rapporti internazionali sul livello di libertà di stampa in Italia, l’arrivo del giornalismo online, la presentazione di alcuni casi-studio, sarà infatti possibile una attenta lettura della scena del crimine, raccogliere gli indizi e stringere il cerchio intorno al colpevole. Chi ha ucciso il giornalismo italiano? Come in ogni giallo che si rispetti la risposta a questo quesito non sarà affatto scontata, né sufficiente a fugare il dubbio: e se si fosse sbagliato tutto, sin dall’inizio?
Indice
Epitaffio
Capitolo 1
Venerati maestri e soliti stronzi: le origini
1.1 In principio, c’era Gutenberg…
1.2 1976, nasce la Repubblica di Eugenio Scalfari
1.3 Gli anni 90 e Mani pulite
1.4 La guerra dei venti anni
1.5 Berlusconi: “L’Italia è il Paese che amo”
1.6 Quelli di Capalbio
1.7 La rivoluzione digitale
Capitolo 2
I rapporti internazionali sulla libertà di stampa
2.1 1960 1995 Lo studio di Raymond B. Nixon e la lettera dell’IPI al ministro Mancuso
2.2 Freedom House Il rapporto 2002
2.3 Freedom House Il rapporto 2004: l’Italia diventa uno Stato PARTLY FREE
2.4 Freedom House Il rapporto 2014
2.5 Freedom House Il rapporto 2015
2.6 Il rapporto 2016 della Freedom House: reticenza?
2.7 Freedom House Il rapporto 2017
2.8 2013-2018. I rapporti di Reporters sans frontières
Capitolo 3
2014-2018: dal governo Renzi al Salvimaio
3.1 La XVII legislatura, l’intoccabile e la congiura del silenzio
3.2 Il Caso Alessandro Di Battista e il risveglio della “coscienza” giornalistica in Italia
Capitolo 4
La crisi e il giornalismo online
4.1 La crisi nelle vendite
4.2 Dal giornalismo al giornalismo online
4.3 Il problema della credibilità
4.4 Caso studio 1 Repubblica vs Luigi Di Maio
Capitolo 5
Caso studio 2 Il Corriere della Sera
5.1 Il Caso Raggi e il Caso Spelacchio
5.2 Certificazioni ADS e trend negativo
5.3 La svolta di Cairo, oppure no?
Capitolo 6
Caso studio 3 Il Fatto Quotidiano
6.1 Il “Caso Salvini” e i commenti in calce
Capitolo 7
Caso studio 4 La verità
7.1 Sul nuovo giornalismo a destra
7.2 La pagina Facebook di Salvini
Capitolo 8
Caso studio 5 Il problema Rai
8.1 Gli anni del renzismo e il “Caso Fazio”
8.2 Rai: lottizzazione senza fine
Capitolo 9
Caso studio 6 Gli altri players editoriali
9.1 L’impero berlusconiano e il serpente che si morde la coda
9.2 Cairo Communication, l’editore puro?
9.2 Avvenire e gli interessi di Dio in terra
9.2 Il Gruppo Caltagirone
Capitolo 10
Sull’emergenza mediatica in Italia: il problema socio-economico
10.1 I contributi all’editoria
10.2 Alcune interrogazioni di base
10.3 Intermediazione e disintermediazione
10.4 Stampa di regime e censura
10.5 Il falso spettro del populismo
Capitolo 11
Sull’emergenza mediatica in Italia: il problema culturale e deontologico
11.1 Le associazioni culturali: beata ignoranza!
11.2 La censura e il mobbing
11.3 Baroni e mercanti di verità
11.4 Dalla notizia circolare alle marchette
11.5 Dubbi ontologici arcani
Capitolo 12
Chi ha ucciso il giornalismo italiano?
12.2 Il giallo e gli indizi neppure troppo nascosti
12.3 Come Poirot sull’Orient Express
12.4 Codice etico della vita italiana (1921)
12.5 Dénouement
Postfazione
Appendici
1. Quotidiani italiani 2015-2016: tiratura, diffusione cartacea, diffusione digitale
2. Quotidiani nazionali e locali del Gruppo GEDI
3. Quotidiani e periodici del Gruppo RCS
4. Informativa ADS Dati Certificati 2016
5. Informativa ADS Dati Certificati 2017
6. Scene dal giornalismo italiano
Nota bibliografica
Biografia
Libri di Rina Brundu
Rina Brundu – Scrittrice italiana, vive in Irlanda. Ha pubblicato i primi racconti nel periodo universitario. Il romanzo d’esordio, un giallo classico, è stato inserito nella lista dei 100 libri gialli italiani da leggere. Le sue regole per il giallo sono apparse in numerosi giornali, riviste, siti, e sono state tradotte in diverse lingue, così come i suoi saggi e gli articoli. In qualità di editrice ha coordinato convegni, organizzato premi letterari, ha pubblicato studi universitari, raccolte poetiche e l’opera omnia del linguista e glottologo Massimo Pittau, con cui ha da tempo stabilito un sodalizio lavorativo e umano. Negli ultimi anni ha scritto diversi saggi critici, ha sviluppato un forte interesse per le tematiche e le investigazioni filosofiche, e si è impegnata sul fronte politico soprattutto attraverso una forte attività di blogging. Anima il magazine multilingue www.rinabrundu.com.