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DOLLARO E TALLERO di origine etrusca

Uno studio di Massimo Pittau.

Il nome delle monete ‘dollaro’ e ‘tallero’, diffuse in tutto il mondo, è finora privo di etimologia, dato che quelle correnti sono del tutto prive di valore scientifico e sembrano uscite dalle mani di semplici dilettanti. Eccone due spiegazioni o, meglio, pseudo-spiegazioni:

«Grossa moneta d’argento che ebbe corso, con valori variabili, in alcuni stati della  Germania e in gran parte dell’Europa, dalla fine del sec. XV al XIX. – s. m. ‘grossa moneta d’argento coniata per la prima volta da Sigismondo d’Austria nel 1484, poi diffusa in tutta l’Europa e in Italia con diverso valore’ (per l’epoca ant.: talero, 1565, Olao Magno, cit. da O’ Connor 211 n. 3, e tallari, tallerini nei Gridari milanesi del 1646-47, riportati da Zacc. Ra. 147, 148; per i tempi più recenti: tallero, 1801, Stampa milan.)».

«Ted. T(h)aler, perché orig. (1519) riferito a Joachimst(h)al, la ‘valle di S. Gioacchino’, in Boemia, dove furono coniati i primi joachimstaler, sfruttando le miniere argentifere locali.

A mio avviso ‘dollaro’ e ‘tallero’ derivano dall’appellativo etrusco tular (ThLE), il quale significa «terra, terreno, cippo di terreno o confinario, cippo». Nella terminologia della numismatica tular «cippo» avrà preso il significato di “moneta prima, moneta di base, moneta principale”.

Sul piano fonetico io ritengo che in realtà tular si  pronunziasse *tullar, in ciò autorizzato da questi altri esempi etruschi: Apulu, *Apullu «Apollo», cela *kella «cella mortuaria», rapale/«Rapallo».-

Ma a questo proposito la prova migliore è data dalla stretta connessione e derivazione dei lat. tellus,- ūris «terra, Madre Terra» e suo marito Tellūrus appunto dall’etr. tular.

Ciò detto, considerato che la corrispondenza delle vocali etrusche tra loro e inoltre con quelle latine è – come noto – molto libera e varia (LLE, norme 1, 2), si può concludere con tranquillità che pure la corrispondenza fra tular/*tullar con ‘dollaro’ e ‘tallero’ è del tutto verosimile e plausibile.

Venendo al piano semantico pure la entrata e la presenza dell’appellativo tular/*tullar nell’area linguistica “germanica” è del tutto giustificabile.

Sul piano storico è noto che quando nel secolo VI a. C. gli Etruschi dilagarono nella pianura padana, si infilarono anche nelle vallate alpine sia per la ricerca di nuovi giacimenti di minerali, sia per la conquista di nuove vie per i loro commerci. Essi pertanto arrivarono nel cuore dell’area germanica, cioè a Vipiteno nell’Alto Adige, a Belluno, Chiavenna, Marcheno, Ginevra, nel Cantone di Uri, e probabilmente anche a Berna, (cfr. Verna TTM), Carena, Locarno, Lugano (etr. LUCANE, LAUCANE).

Lo stesso nome antico della Svizzera, Helvetia deriva dall’etrusco Helve, gentilizio masch. da confrontare con quello lat. Helvius (RNG) e inoltre con l’aggettivo lat. helvus «giallastro, di colore isabellino», e infine col lat. Helvetia (da cui ‘Schveiz’, ‘Svizzera’) come “terra degli abitanti dal colore biondo dei capelli”.

Dunque è assolutamente fondata la tesi della presenza degli Etruschi nella parte centrale dell’“area germanica” e quindi dell‘entrata del loro vocabolo tular/*tullar “moneta di base” nelle odierne lingue germaniche.

E tutto ciò è una prova abbastanza chiara della valenza della civiltà degli Etruschi: molto probabilmente essi hanno dato il nome alle due più importanti monete che dominano tutta l’economia dell’intero nostro pianeta.

Attorno al quale nostro pianeta ruotano e “vigilano” sulla vita degli umani ormai decine di quegli strumenti di altissima tecnologia, che sono i “satelliti”; il cui nome deriva anch’esso dalla lingua degli Etruschi, zatlaθ!