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Sulla natura del male. Sul perché non sono d’accordo con il giovane Joel Bellviure a proposito della sua “colorazione” delle fotografie delle vittime dell’Olocausto.

 

dailySiamo al punto che ogni giorno ce n’è una! Stavolta la notizia viene dalla Spagna: il tal Joel Bellviure, 17 anni, ha preso molte fotografie dell’Olocausto e  le ha “colorate” (il termine inglese è “colorize”, si tratta di una tecnica fotografica molto in voga al momento, e che tecnicamente interessa tutti i datati scatti in bianco e nero).

Quando intervistato sul perché del suo progetto, Joel ha detto tra le altre cose: “Non ho legami personali o familiari con l’Olocausto, ma ritengo che sia i morti che i loro assassini avessero un tratto comune, e cioè erano tutti esseri umani. Questo mi aiuta a capire che in quel momento noi siamo passati dallo stato di vittime a quello di esecutori. L’Olocausto e la Seconda Guerra Mondiale ci hanno provvisto con molti insegnamenti, ma noi non li abbiamo seguiti, e dunque ora ci ritroviamo a vagare nel deserto della barbarie una volta ancora”.

Fa piacere scoprire che un ragazzo di 17 anni abbia così tanto “insight”, soprattutto quando dice chiaramente che “noi”, dunque non Tizio, Caio, Sempronio, ma tutti noi (anche noi che non c’eravamo), durante il periodo del Terzo Reich ci siamo trasformati da esseri umani in bestie. Fa piacere sentirlo dire che ha tratto “insegnamento” da quel periodo nefasto della nostra Storia. Fa piacere che abbia voluto rendere omaggio a suo modo alle vittime, del resto ciò che ha fatto non è deprecabile, e in certi casi è indubbio che egli abbia anche raggiunto il suo obiettivo di voler rendere questa tragedia sempre attuale, a maggior scorno dei fanatici negazionisti che straparlano ancora oggi.

Però… però, io non riesco ad essere completamente d’accordo con la sua iniziativa, e infatti anche a corredo di questo post pubblico solo uno screenshot di un collage delle fotografie più “guardabili”. In realtà si tratta di una cosa mia, ma io non riesco a “gestire” completamente quelle testimonianze fotografiche. Anche quando scrissi “Sulla natura del male” ebbi molti momenti “difficili”, proprio come credo possa accadere a chiunque vada a studiare questi fatti seriamente, o anche solo a conoscerli. Penso anche che solo lo spirito di un criminale seriale, cioè di un soggetto privo di empatia verso i suoi simili, possa sopravvivere una tale esperienza senza esserne toccato. Credo che, subito dopo la fine della guerra, sia stato anche in virtù di questa tipologia di ragionamenti che i comandanti Alleati scelsero di portare i tedeschi cittadini comuni a vedere con i loro occhi le sconcezze scoperte nei campi di concentramento; in tanti casi li forzarono letteralmente, proprio nella certezza che nessuno potesse testimoniare quegli orrori e restare la stessa persona che era stato/a prima.

Un altro motivo per cui non sono “d’accordo” con questo ragazzo è perché ritengo che ci debba essere anche un senso di rispetto che non possa essere violato troppo, neppure per una giusta causa come sembrerebbe essere quella di questo diciassettenne. Senza dimenticare che se proprio vuole documentare tragedie-a-colori, tragedie-moderne, purtroppo non avrebbe che l’imbarazzo della scelta: dalla Siria a buona parte dei paesi africani, e non solo, è tutto un “fiorire” di piccoli olocausti che vengono azionati senza che nessuno si degni di fare qualcosa per fermarli, men che meno quelli che si presentano come i buoni, i giusti, i pii, gli spiriti etici dei tempi.

Detto altrimenti, qualcuno dica a Joel che purtroppo siamo ben lontani dall’esserci fatti scolari gramsciani, ma glielo dica dolcemente, a 17 anni è troppo presto per vivere sulla pelle, con troppa intensità, gli orrori del mondo!

Rina Brundu