Studi etimologici
uno studio di Massimo Pittau.
L’appellativo lat. perna «coscia o gamba dell’uomo», «prosciutto del maiale», di area popolare, ha avuto una larghissima diffusione tra le lingue neolatine, tanto è vero che è entrato e rimasto in tutte (cfr. REW 6418).
Particolarmente notevole è l’ampiezza del suo sviluppo semantico nella lingua sarda, nella sua propria caratteristica di lingua popolare, importata e diffusa nell’Isola da militari romani, in genere ex-contadini. Ecco infatti i numerosi e vari significati che ha assunto in sardo:
perra (< lat. perna) «coscia, gamba, chiappa, natica», «metà», «mezzaporta»; perra ‘e culu «chiappa, natica» (plur.) perras, pèrrias «cosce»; perra-perra «per metà»; perra de conca «mezzatesta» (individuo mezzo matto); frades de perra «gemelli»; una perra ‘e janna «un battente di porta»; (Orgosolo) a rulqu perra «né in piedi né coricato, né bene né male»; fai a perras «dividere a metà»; non narrer perra ‘e parágula «non dire mezza parola»; isperrare, sperrai «spacare in due», isperrache «(frutto) spiccace».
Imperriada, imperria-coddos, imperrione; a(ss’)
imperriada «a cavalcioni», da imperriare,-ai.
imperriadura a ~ «a cavalcioni», da imperriare,-
ai; imperriare, imperriái «stare a cavallo di un filare o di una riga», «scavalcare», «inciampare»
imperrilqare «intralciare» (Orgosolo), imperrilqu «intralcio», da imperrilqare; impérriu (m.) «apertura di gambe», da imperriare; perricare, perrigare «riuscire a giungere, arrampicarsi», «contendere, contrastare» (log., camp.) (NVLS).
L’appellativo latino perna viene accostato al greco ptérna «coscia» e viene considerato come probabilmente di origine indeuropea (DELL, DELG).
Ed esiste pure fra i relitti della lingua etrusca, ma come antroponimo: Perna, Pernal, Pernei (ThLE² pag. 305.)
Tutto ciò premesso dico che l’appellativo italiano, di forte significato volgare e senz’altro triviale, pernacchia, pernacchio deriva per l’appunto dal lat. perna «coscia».
Il significato comunemente attribuito a questo appellativo dai vocabolari italiani è suppergiù questo: «Suono volgare che si produce emettendo un forte soffio d’aria tra le labbra serrate, talvolta con la lingua interposta, più spesso premendo la bocca col dorso o col palmo della mano, in segno di disprezzo o di derisione» (Vocabolario Treccani). E il Grande Dizionario della Lingua Italiana di Salvatore Battaglia aggiunge «in modo da produrre un rumore simile a quello della scorreggia».
Orbene – osservo e concludo io – la scorreggia si fa con la stretta delle “cosce” o delle “chiappe” e dunque possiamo legittimamente concludere che la pernacchia si fa con la stretta delle labbra in maniera simile a come si fa la scorreggia con la stretta delle “cosce” o delle “chiappe”.
E posso fare un’aggiunta umoristica, suggeritami dall’amico Cristiano Becciu, valido cultore di questioni linguistiche: di certo il nostro Dante Alighieri ricorse a un eufemismo quando scrisse “ed elli avea del cul fatto trombetta” (Inferno, XXI). E non è finita: tutti i suonatori di trombe suonano il loro strumento producendo con le labbra una serie di “pernacchiette”…
Risulta dunque dimostrato che il triviale appellativo italiano pernacchia/o deriva dal lat. perna «coscia» o, meglio, da un suo derivato *pernacula/um.
Invece tutti gli odierni vocabolari italiani fanno derivare il nostro appellativo al lat. verna «schiavo nato in casa» e precisamente da vernaculus «di casa, domestico-a». Senonché questa derivazione implica parecchie difficoltà, sia di carattere fonetico sia di carattere semantico, per cui va eliminata dai nostri vocabolari.