Sul caso Barilla
di Rina Brundu. Mi ha colpito in questi giorni il “fattaccio Barilla”, ovvero la dichiarazione di Guido Barilla “Non farei mai uno spot con una famiglia omosessuale” e mi ha colpito ancor di più l’effetto-rinculo che un simile scivolone dialettico ha procurato e che ha portato la Barilla-nel-mondo a diramare comunicati di scusa francamente ridicoli “To all of those that we have hurt or offended, we are deeply sorry”. Ma chi è la società che si occupa del marketing Barilla? E se non ne esiste una, non sarebbe il caso di cominciare a farci un pensierino?
Ciò che preoccupa è la modalità con cui da un errore grave, quale è quello di rilasciare incaute dichiarazioni che incitano alla creazione di cittadini di serie A e cittadini di serie B in virtù del loro orientamento sessuale, si sconfini nel ridicolo andando a scaricare sulle spalle di una intera azienda – per inciso una azienda che esporta in tutto il mondo, che procura lavoro in tutto il mondo – le “colpe” del singolo. A mio modo di vedere infatti sarebbero dovute bastare le sole scuse dello stesso Guido Barilla accompagnate da una decisa presa di distanza della società dalle sue dichiarazioni; una presa di distanza seguita magari nel prossimo futuro da una dimostrazione tangibile di quale sia la vera linea corporativa rispetto a questi importantissimi temi.
Ho parlato prima di “colpe” del singolo, ma ho usato le virgolette. Purtroppo penso che ciò che ha palesato Guido Barilla – con la sua dichiarazione indiscutibilmente avventata, ma che non è tale da condannare un uomo a vita – non faccia che riflettere i reali pensieri rispetto alle famiglie omo della stragrande maggioranza degli abitanti della cattolicissima Italia; ovvero degli abitanti di un paese nel quale anche i giornali più progressisti si sono guardati bene dal porre la giusta enfasi su quanto sta avvenendo dovunque nelle nazioni del primo-mondo, laddove i matrimoni omossessuali sono stati riconosciuti dalle diverse legislazioni con buona pace dei benpensanti che, in quanto tali, sono presenti in ogni luogo e non perdono mai occasione di esternare il loro diritto a vivere un ideale mondo politically-correct pensato a misura del loro piccolo-io.
Che cosa potrebbe fare dunque la Barilla per dare una mano sostanziale nella lotta contro la discriminazione? Molto, moltissimo. Intanto smetterla di diramare ridicoli statement-di-scusa e impegnarsi con delle campagne sostanziali sull’web, in televisione, nelle scuole, dovunque ci siano organizzazioni di persone di buona volontà, allo scopo di far passare l’idea che la famiglia moderna non è da vedersi alla stregua di un gruppo di adepti inneggianti a riti obsoleti o alle imprescindibili necessità imposte dai vincoli-di-sangue stile romanzo di Mario Puzo; al contrario, è (o dovrebbe essere) un cenacolo aperto dove per nascita, elezione o destino si ritrovano spiriti diversi, quando non smarriti, in cerca della serenità che solo una famiglia sana può dare e uno Stato capace dovrebbe poter garantire, un dono questo il cui valore non è, a mio avviso, ancora ben compreso.
Featured image, pasta Barilla.
“Avrete notato che con il caso di Guido Barilla è emerso il lato autoritario, prescrittivo, del politicamente corretto. Tu industriale della pasta non puoi dire alla radio che per te, con rispetto per tutti, quel che conta, quel che importa ai fini dello sviluppo, dell’investimento, dell’immagine, del marketing, è la famiglia tradizionale biparentale, maschio e femmina e bambini al seguito. Il Mulino bianco, lo spaghetto, i biscottini entrano nello spettro delle cose scorrette e discriminatorie se non si combinano con uno spot gay o «favorevole all’integrazione», secondo il linguaggio edulcorato o eufemistico scelto da Dario Fo, già testimonial della pubblicità Barilla. Guido Barilla viene aggredito, non solo in Italia, non solo dai militanti della cultura gay, non solo dai progressisti cosiddetti: ormai il linguaggio della correttezza ideologica è unificato, lo condividono le grandi maggioranze conformiste, è una seconda pelle della nostra cultura. L’aggressione punta a risultati umilianti e li ottiene, Barilla è costretto a scusarsi, anche con i suoi dipendenti, perché certe opinioni sono o stanno per diventare crimine di legge, alla faccia del diritto di pensiero e di parola, alla faccia delle libertà liberali. […] I politici cattolici e democristiani in giro per l’Europa se ne impipano, i vescovi parlano d’altro, […] Eppure un certo grado di autoritarismo repressivo si affaccia come una necessità se si intenda riformare e riaggiustare dalle radici la società e il set più o meno tradizionale di opinioni che la riguardano. La tecnica è quella dei totalitarismi democratici moderni, che sono cosa diversa dai fascismi e dal nazismo. Si procede negando la realtà, il fatto, e dando tutto il potere alle formule verbali che edulcorano o deformano in modo anche grottesco ciò che è. […] L’obiettivo dei politicamente corretti è l’instaurazione di un regime mentalmente carcerario, di una grande prigione culturale.”
Giuliano Ferrara – Dom, 29/09/2013 – 08:32 da “Il Giornale”