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Giornalismo online: lotta di “classe”

Editoriale: sulla forza delle idee e sul miglior modo di esprimerle

di Rina Brundu. Ho sempre pensato che nella Rete si incastri l’anima, ovvero si incastri la nostra essenza più vera, soprattutto perché, nella maggior parte dei casi, noi ci esprimiamo online attraverso la scrittura. Ovvero, attraverso quell’unico mezzo che – per quanto artigianale – permette al nostro spirito, alla parte più sensibile di noi, di raccontarsi. Si potrebbe quindi dire che se la televisione e il cinema hanno premiato per un tempo infinito le ragioni importanti della superficie, le velleità dell’apparire, Internet ha saputo restituire ogni dignità alle nostre motivazioni più profonde. E nascoste. Nel bene e nel male.

Ne deriva che all’anima non serve un nome per identificarsi. E se Mario, Carlo, Giovanni, Pietro sono delle convenzioni linguistiche che danno identità a dei corpi, il singolo nick Signor-Rossi sarebbe sufficiente a fare esistere questi quattro signori in Rete come le quattro identità-spirituali ben distinte che in realtà sono. Naturalmente, questo potrebbe accadere solo qualora costoro decidessero di interagire scritturalmente in un qualsiasi angolo virtuale, per un tempo sufficientemente lungo da permettere a quell’identità più nascosta di cui si è detto di fare capolino. Né più né meno di quanto accade sul piano del reale quando ci prendiamo quel giusto tempo per conoscere meglio questo o quel nuovo amico, questo o quel nuovo compagno di scuola o di vita.

Ma se all’anima non serve un nome, al giornalista gli/le serve di sicuro.  Di fatto, il giornalista non può essere l’oscuro-mandante dei suoi pensieri, né di quelli grandi né di quelli minimi. E insieme alla forza delle sue idee dovrebbe metterci la faccia (anche quando quest’ultima non è venuta troppo bene) ad accompagnare la sua scrittura.  Soprattutto, meglio sarebbe se si presentasse in Rete con il suo nome ed il suo cognome. Insomma, dovrebbe essere determinato a farsi tuttuno con la sua firma come ben converrebbe ad ogni professionista degno. Da spirito libero aggiungo anche che il suo nome e il suo cognome dovrebbero accompagnarsi ad ogni esplosione o manifestazione dell’Essere, che non dovrebbe venire sminuito optando per il nome Mario Rossi negli elevati consessi, e per il nick Rombodituono76rompoleballeatutti quando in vena di irriverenze goliardiche. Ma immagino questo possa voler dire chiedere troppo.

Di sicuro, non si pensa di chiedere troppo quando si auspica che quel nick non venga usato come arma contundente dietro cui, alla bisogna, nascondere una incapacità paramount. O qualsiasi altro shortcoming formativo. Paradossalmente è infatti proprio quell’anima che, incastrandosi nella Rete alla maniera dell’ostrica che resta avvinghiata allo scoglio, riesce a far venire a galla i difetti educativi e asinini che marcano una qualsiasi esistenza. E non importa se ci si chiama Giacomo Giovanni Giustino Guglielmo, sempre asini si resta. Nell’anima, appunto!

Senza considerare che, nella maggior parte dei casi, in Rete non si incontrano asini alla Benjamin, il saggio ciucco di orwelliana memoria, quanto piuttosto asini-tout-court. Finanche maleducati, acidi e iracondi. Questo è un fattore-di-crescita (personale e professionale) che ogni autore, giornalista, bloggista, scrittore, scribacchino dovrebbe considerare molto attentamente quando si presenta online. Infatti, qualora fosse rimasto ancora il dubbio, il concetto di forza nell’espressione la forza delle idee, nulla ha a che spartire con la capacità di gridare in maniera più acuta degli altri alla scopo di imporre il proprio pensiero. Men che meno ha a che vedere con gli alterchi, le furiose diatribe, finanche le lotte fine-a-se-stesse che potrebbero derivare da comportamenti poco accorti in una qualsiasi arena virtuale. O, per meglio dire, qualcosa ha sicuramente a che fare con una forma di lotta … la lotta di classe… che manca!