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Dubbi sull’alleanza Mosca-Pechino

di Michele Marsonet.

Che cosa resta dell’alleanza “senza limiti” stipulata non molto tempo fa da Vladimir Putin e Xi Jinping? Ben poco, vien fatto di rispondere. Il silenzio gelido di Pechino mentre le truppe della Wagner scorrazzavano in Russia senza incontrare la benché minima resistenza, e mentre un personaggio come Evgenij Prigozin lanciava senza remore i suoi proclami, lascia intendere che nemmeno i dirigenti cinesi si attendevano un simile caos.
Erano ovviamente al corrente dell’attuale debolezza russa, del resto nota a tutti viste le enormi difficoltà incontrate in Ucraina. Tuttavia era difficile indovinare che lo zar moscovita avesse un così scarso controllo del suo Paese. E invece tutti, cinesi inclusi, ora hanno capito che la Federazione Russa rischia l’implosione interna, e che Putin non possiede più la bacchetta magica che finora gli ha consentito di tenere uniti i vari pezzi che la compongono.
Colpa del cattivo andamento della guerra in Ucraina, certo. Ma colpa, anche, di un sistema politico appiattito su una sola persona, del resto incapace di scegliere collaboratori affidabili ed efficienti. Basti pensare al ministro della Difesa Sergej Soigu. Per Prigozin è facile dimostrare che è un incapace e che, in realtà, a combattere duramente sono stati soprattutto i cosiddetti mercenari della Wagner.

La Repubblica Popolare dovrà quindi ripensare la sua strategia internazionale. Si ritrova come alleato un Paese sull’orlo dell’implosione, e che non può più garantire l’appoggio totale sulla questione di Taiwan, questione sulla quale Pechino rischia di restare più isolata di quanto sembrava. Si aggiunga un altro elemento importantissimo.
Pechino e Mosca si muovevano di conserva per rendere il gruppo dei “Brics” sempre più influente sul piano globale, ovviamente in funzione anti-occidentale. Ora questo non è più possibile e gli altri membri si muoveranno in maniera più autonoma, come ha già iniziato a fare il Sudafrica. Si pensi, inoltre, all’India di Narendra Modi. Biden forse s’illudeva di attirarla nella sfera d’influenza Usa. Ma il leader ultranazionalista indù si fa, come si suol dire, gli affari suoi, e accetta solo offerte di chi gli appare come il migliore offerente (e non piò essere la Russia, ovvio).
Xi Jinping, che ha già molti problemi economici e sociali sul piano interno, si ritrova dunque senza alleati potenti e affidabili, cosa difficile da immaginare solo pochi mesi orsono. L’imprevedibilità della situazione russa rende dunque il quadro internazionale ancora più incerto. Anche perché la Federazione Russa possiede un enorme arsenale nucleare e, a questo punto, non è chiaro chi sia in grado di controllarlo.