LA BARBA DI DIOGENE, Dublin (EIRE) – 20 Years Online. Leggi l'ultimo pezzo pubblicato...

L’Ucraina e un nuovo ordine mondiale

di Michele Marsonet.

L’invasione russa dell’Ucraina sta mettendo in crisi un ordine mondiale già da tempo traballante. Prima imperniato sull’egemonia occidentale (e americana in particolare), quest’ordine si sta ora trasformando in qualcosa di nuovo e di diverso, anche per ora è impossibile attribuirgli dei contorni precisi.
La “operazione speciale” di Putin, ancora in pieno svolgimento, non ha però avuto l’esito che lo zar moscovita si attendeva, e che si aspettavano anche tanti altri, abituati al dilagare delle colonne corazzate dell’Armata Rossa ai tempi della defunta Unione Sovietica. L’inattesa e dura resistenza degli ucraini ci ha invece fatto vedere carri russi distrutti o impantanati, convogli che si smarriscono, soldati di leva che, presi prigionieri, piangono davanti alle telecamere sostenendo di essere stati ingannati.
Vi sono inoltre seri dubbi sulla capacità russa di conquistare totalmente un territorio che è il doppio dell’Italia e con circa 45 milioni di abitanti la cui stragrande maggioranza, da quanto si nota, rifiuta l’occupazione. L’esercito e l’aviazione di Mosca possono continuare l’assedio e la distruzione sistematica delle città, ma non è chiaro se tutto ciò basterà a raggiungere gli obiettivi che Putin aveva in mente.
Si tratta di uno smacco, giacché le forze armate della Federazione Russa godevano di ottima fama, avendo tra l’altro riportato successi in numerosi teatri di guerra, e in Siria in primis (ma anche altrove). Ciò ridimensiona il ruolo della Russia nello scenario globale? Probabilmente sì, anche se è troppo presto per trarre conclusioni definitive.
E’ essenziale tuttavia rammentare che la Repubblica Popolare Cinese è stata invocata come mediatrice tanto da Putin quanto dagli occidentali. Accresce quindi il suo peso, già notevole in precedenza, sul piano globale. Xi Jinping è soddisfatto di quest’esito, pur se si intravvedono esitazioni ed ambiguità nell’atteggiamento cinese. Xi è in pratica “tirato per la giacca” da entrambi gli schieramenti contrapposti.
Con Putin aveva siglato un patto di ferro in occasione delle Olimpiadi di Pechino, proclamando apertamente la comunanza di interessi strategici dei due Paesi, del resto accomunati dall’ostilità all’Occidente. Proprio ciò che gli americani e i loro alleati temevano: un forte asse tra le due maggiori autocrazie del pianeta. Però i cinesi interpretano da sempre l’ordine mondiale in chiave commerciale ed economica.

Temono quindi che le pesanti sanzioni condannino la Russia all’isolamento economico, e ne paventano le conseguenze. Proprio per questo il presidente USA Joe Biden ha spedito a Roma il suo consigliere per la sicurezza nazionale Jake Sullivan, figura chiave dell’attuale amministrazione americana. Nella nostra capitale ha avuto lunghi colloqui con Yang Jiechi, lui pure figura chiave dell’establishment di Pechino. Ex ambasciatore a Washington, ex Ministro degli esteri e capo della diplomazia del Partito comunista cinese.
Sullivan ha detto al suo interlocutore di non inviare armi alla Federazione Russa e di non aiutarla a superare il peso delle sanzioni. Altrimenti, ha aggiunto, anche la Repubblica Popolare verrebbe colpita da sanzioni altrettanto dure, soprattutto per quanto riguarda i settori hi-tech e il commercio in genere.
Xi Jinping, che finora si è mantenuto piuttosto abbottonato, si trova quindi davanti a un dilemma. Se tradisse il patto stretto con Putin rinuncerebbe ad attrarre la Russia nell’orbita cinese, un obiettivo molto attraente per Pechino. Se invece desse ascolto all’inviato di Biden potrebbe continuare la globalizzazione economica e commerciale in cui la Cina è maestra, ma si inimicherebbe la Russia che, per quanto debole economicamente, resta un grande potenza militare dotata di un enorme arsenale nucleare.
Vi sono segnali che i cinesi non intendano per ora uscire dalla loro ambiguità, che in fondo in questo momento conviene. Riservandosi di prendere una decisione quando la situazione in Ucraina diventerà più chiara, magari proprio grazie alla loro stessa mediazione (da tutti auspicata).
In ogni caso, come accennavo all’inizio, è ovvio che assisteremo a grandi cambiamenti nell’ordine mondiale. Con una Cina sempre più importante e centrale, una Russia probabilmente ridimensionata, e un’America costretta a condividere almeno parte del potere con Pechino.
I cinesi sono notoriamente pragmatici. Tuttavia non si può escludere che alla fine decidano di mantenere l’alleanza con Putin per motivi che, grosso modo, possono essere definiti “ideologici”. Sarebbe infatti l’occasione buona per dare una spallata all’ordinamento liberal-democratico occidentale che, come hanno spesso affermato gli stessi Putin e Xi Jinping, non è più attuale (ed è anzi, a loro avviso, dannoso). Se tutto ciò si verificherà vivremo in un mondo diverso, non certo migliore di quello attuale.