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Più forte l’alleanza Russia-Cina

di Michele Marsonet.

 I regimi autoritari da sempre sempre utilizzato gli eventi sportivi con intenti propagandistici. L’esempio più citato al riguardo è quello delle Olimpiadi del 1936 a Berlino, che offrì a Hitler una passerella ideale per proiettare un’immagine positiva del nazismo. A parte, naturalmente, qualche piccolo “incidente” come le quattro medaglie d’oro vinte dall’atleta afroamericano Jesse Owens, che al Fuhrer rovinarono la festa.
Ci sono pure casi più recenti. Ai tempi della Guerra Fredda, le nazioni occidentali e quelle alleate dell’Urss entravano in competizione anche per dimostrare al mondo che i rispettivi sistemi economici e politici erano migliori di quelli degli avversari. Rammento personalmente, al riguardo, l’entusiasmo di molti militanti del PCI a fronte di ogni vittoria degli atleti sovietici, della DDR etc. Lo sport, insomma, usato quale arma di competizione politica.
Oggi i due vecchi blocchi non ci sono più, anche se la Nato mantiene un certo ruolo come scudo occidentale, mentre la Federazione Russa sta sfruttando con abilità gli accordi militari con molte ex Repubbliche sovietiche, come si è visto di recente in Bielorussia e Kazakistan.
E’ naturale, quindi, che la Repubblica Popolare Cinese stia sfruttando i giochi invernali attualmente in svolgimento a Pechino per “rinfrescare” la sua immagine internazionale, appannata dopo l’incidente (ancora in gran parte misterioso) di Wuhan, la repressione del movimento democratico a Hong Kong, e la persecuzione contro i tibetani e gli uiguri musulmani dello Xinjiang.
In questo senso è indovinata l’idea di far accendere il braciere olimpico proprio a un’atleta uigura, la fondista Diniger Ylamuijang. Si sarà accorta che il suo gesto ha una grande valenza propagandistica, giacché intende dimostrare che la persecuzione degli uiguri è un’invenzione della propaganda occidentale, che ricorre a una caterva di “fake news” per screditare il regime cinese?
Eppure i lager cinesi, i famigerati “laogai”, nello Xinjiang esistono per davvero, così come in Tibet e in alte regioni “autonome” del grande Paese asiatico. 

Pechino vuole però dimostrare che si tratta di semplici prigioni in cui i detenuti, quasi sempre dissidenti, trascorrono le loro giornate lavorando serenamente e ricevendo un’opportuna “rieducazione politica”, come già avveniva ai tempi di Mao Zedong.
Ciò che più importa, tuttavia, è la presenza importante di Vladimir Putin ai giochi invernali di Pechino. Il leader russo non si muoveva da Mosca da parecchio tempo, molti dicono per il timore di contrarre il Covid 19. Il fatto che ora, invece, abbia deciso di partecipare in prima persona la dice lunga sui suoi progetti e sui futuri scenari internazionali.
Xi Jinping lo ha infatti accolto con calore e ha già avuto lunghi colloqui con lui. Da molto tempo tra Mosca e Pechino non c’erano rapporti tanto cordiali. Il ricordo della vecchia ostilità, a un certo punto sfociata addirittura in pesanti scontri militari sull’Ussuri nel 1969, non è stato cancellato del tutto. Il problema è che, ora, i due leader hanno compreso di aver bisogno l’uno dell’altro. Il più potente è Xi, ma ciò non impedisce a Putin di comprendere che dell’appoggio cinese la Russia ha grande bisogno, ovviamente in funzione anti-occidentale.
I due regimi si appoggiano a vicenda quando vengono attaccati per qualsiasi ragione. Putin ha fatto capire di essere a favore dell’annessione di Taiwan da parte della Repubblica Popolare. Xi Jinping, dal canto suo, non si è opposto agli interventi russi in Kazakistan e Bielorussia, attribuendo loro una funzione stabilizzatrice.
Pur non essendo accettabile che Mosca chieda alla Nato di impegnarsi formalmente a non far entrare l’Ucraina nell’Alleanza Atlantica, è probabile che si potesse fare qualcosa di più per impedire che l’asse tra i due regimi diventasse così forte. Si tratta di un problema che il presidente Usa Biden dovrà affrontare in tempi rapidi. Gli Stati Uniti, che attraversano un periodo difficile sul piano interno dopo le ultime rivelazioni sul ruolo di Trump nell’assalto al Campidoglio, non possono fronteggiare contemporaneamente Pechino e Mosca.
Forse è troppo tardi per dividere Putin da Xi, cui conviene restare uniti per fronteggiare un Occidente quanto mai debole e incerto. Tuttavia qualcosa si può fare, e si spera che l’esperienza internazionale del presidente Usa gli consenta di trovare soluzioni per staccare, almeno parzialmente, i due leader.