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Elon Musk e la corsa privata allo spazio

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di Michele Marsonet.

Sta diventando sempre più caotica la situazione nello spazio esterno del nostro pianeta. Lo era già prima a causa della competizione – anche spaziale – tra le grandi potenze tradizionali come Usa e Russia, e quelle emergenti quali Cina e India.
Tutti vogliono avere il loro “posto a tavola”, sicuri che in quel campo si giocherà la supremazia economica, commerciale e militare nel prossimo futuro. Ecco perché si punta al potenziamento dei programmi spaziali, trascurando però i pericoli che tale competizione implica.
Finora ad essere coinvolti nella corsa erano soltanto i governi, il che garantiva un certo controllo reciproco (ma mai completo), e la possibilità di avviare un dialogo in caso di incidenti.
Il quadro è tuttavia cambiato con l’impetuosa entrata in scena di Elon Musk, il 50enne multimiliardario di origine sudafricana, ma con cittadinanza canadese e ora naturalizzato Usa.
La grande novità introdotta da Musk è la privatizzazione dello spazio, con il lancio di molti satelliti che, pur facendo riferimento in ultima istanza all’ente spaziale statunitense, si muovono nell’ottica dell’imprenditoria privata puntando al profitto in modo pressoché esclusivo.
Adesso l’incidente è scoppiato poiché risulta che due satelliti del programma “Space X” di Musk siano andati molto vicini alla collisione con la stazione spaziale cinese “Tiangong”, che attualmente ospita alcuni astronauti in orbita. Furiosa la reazione di Pechino che, per trovare ascolto e ottenere soddisfazione, si è rivolta all’Onu.
E’ noto che Musk fa riferimento a Washington ma, essendo per l’appunto un imprenditore privato, tale legame non è affatto trasparente. Di qui la decisione cinese di rivolgersi alle Nazioni Unite in quanto ente super partes.

Tutto ciò lascia intravedere pericoli non certo di poco conto. Fino a che punto è lecito privatizzare lo spazio, lasciando che miliardari come Musk lo utilizzino a loro piacimento? E, in caso di incidente, a chi si devono chiedere i danni?
Risulterebbe per l’appunto più ragionevole (e più sicuro) affidare la gestione dello spazio ai governi nazionali, magari rendendo ancora più stringenti le regole, che già ci sono, che sovrintendono a tale gestione.
Difficile fermare Musk che, sul business spaziale, ha puntato forte. E’ nota la sua intenzione di creare un vero e proprio “turismo spaziale” che consenta a tutti di diventare astronauti, anche se per tempi assai brevi e pagando un conto salatissimo.
Tuttavia la Repubblica Popolare ha in mano un’arma di grande efficacia. Per vendere in quantità sufficiente le sue automobili elettriche “Tesla”, l’imprenditore ha infatti bisogno dello sterminato mercato cinese.
Circa un quarto delle “Tesla” si vende attualmente in Cina, dove Musk possiede anche una fabbrica a Shanghai. E’ prevedibile quindi che si arrivi a un accordo, pur rammentando che l’incidente sfiorato è, in fondo, l’ennesimo capitolo della competizione tra Stati Uniti e Repubblica Popolare.
Occorre però insistere – e si spera lo faccia l’Onu – sulla necessità che i privati non abbiano la preminenza nelle questioni relative allo spazio. La situazione è già difficile, ed avere un Far West spaziale non conviene a nessuno.