Nuove tensioni tra Russia e Turchia
di Michele Marsonet.
I nuovi e pesanti scontri militari al confine tra Armenia e Azerbaijan, oltre che per la loro gravità intrinseca, sono importanti perché accentuano la tensione tra la Russia di Putin e la Turchia di Erdogan. Anche se il leader russo nel 2016 aveva aiutato quello turco a sventare il golpe militare poi fallito, i due Paesi si trovano da tempo in rotta di collisione per ragioni di geopolitica.
Caso emblematico è la Libia, dove i turchi sono riusciti, con un intervento militare rapido e di successo, a bloccare l’avanzata del generale Haftar – appoggiato dai russi – così favorendo il governo di Tripoli capeggiato da Fayez al-Sarraj. Né vanno dimenticate le tensioni in Siria, dove un aereo russo venne addirittura abbattuto dai turchi.
Ora si ripropone l’annoso conflitto Armenia e Azerbaijan, due repubbliche ex sovietiche collocate ai confini meridionali della Federazione Russa. Gli azeri, sono musulmani, turcofoni e di etnia turca. Ankara dunque li sostiene nell’ambito del progetto neo-ottomano di Erdogan che punta, in modo piuttosto evidente, a restaurare il Sultanato e ad assumere la leadership in ambito sunnita.
Dal canto suo l’Armenia, che vanta una delle più antiche chiese cristiane del mondo, è stata supportata dai russi anche in occasione di scontri militari precedenti, e da loro dipende tanto economicamente quanto dal punto di vista delle forniture militari.
L’Azerbaijan, tuttavia, è un Paese importante non solo per le enormi risorse energetiche (gas e petrolio) di cui anche l’Italia è tributaria, ma pure per la sua posizione strategica nella regione caucasica. E’ governato da Ilham Aliyev, figlio di Heydar Aliyev, già segretario del locale Partito Comunista nell’era sovietica. Dunque un’altra dinastia al governo, attenta però a prevenire ogni insorgenza di fondamentalismo in una nazione che è totalmente islamica.
Da notare che tanto Armenia quanto Azerbaijan non sono certamente esempi di democrazia e lasciano entrambi a desiderare dal punto di vista dei diritti umani. Alcuni osservatori tendono ad attribuire l’ostilità tra i due Stati all’eterno conflitto tra cristianesimo e islam, ma la spiegazione è più complessa e va piuttosto spostata sul terreno geopolitico ed energetico.
L’Armenia è più povera e meno dotata di risorse energetiche, ma è comunque riuscita a risultare vincitrice nei numerosi conflitti prima menzionati. Gli azeri imputano tale situazione all’aiuto russo, che in effetti c’è sempre stato, e proprio per questo vedono in Erdogan colui che li può supportare nel conflitto con gli armeni.
Tra l’altro gli azeri hanno una tradizione culturale tollerante e cosmopolita, ulteriormente rafforzata nel periodo sovietico quando l’elemento religioso, pur senza subire proibizioni ufficiali, non era di certo incoraggiato in scuole e università. Significativo, inoltre, che il russo venga sempre meno usato come lingua veicolare, e qui la frattura generazionale è evidente. Lo parlano correntemente tutte le persone oltre i 35 anni, segno evidente del ruolo primario che aveva ai tempi della ex Urss. I giovani usano invece l’azero, lingua strettamente imparentata con il turco.
Non è quindi un caso che la Turchia rappresenti ora un punto di riferimento, non solo per l’affinità linguistica cui accennavo in precedenza, ma anche per ragioni culturali e geografiche. Da quando è iniziata l’era di Erdogan, che ha subito manifestato la volontà di restituire alla nazione il ruolo perduto dopo il crollo dell’Impero ottomano, i turchi si sono molto adoperati per scalzare l’influenza russa e ci sono in buona parte riusciti.
Miracoli di gas e petrolio, che gli azeri possiedono in abbondanza e i turchi no. Si rammenterà che uno dei principali obiettivi dell’operazione Barbarossa di Hitler erano proprio i pozzi di Baku, giudicati in grado di colmare la penuria energetica del Terzo Reich. I tedeschi non li raggiunsero mai, ma l’iniziale spinta della Wehrmacht verso il Caucaso era per l’appunto giustificata dalla necessità di impadronirsi del petrolio azero.
In ogni caso è chiaro che anche in questo contesto geografico Russia e Turchia sono impegnate l’una contro l’altra, nonostante le dichiarazioni ufficiali di amicizia. Erdogan e Putin hanno già dimostrato di essere abili giocatori nello scacchiere internazionale, ed è sorprendente che i turchi, meno potenti dei russi sul piano militare, osino sfidarli in modo aperto. Per concludere, non si può evitare di notare l’assenza dell’Unione Europea anche in questo importante contesto strategico.