La malattia di Kim Jong-un e il Regno Eremita coreano
di Michele Marsonet.
Tutti coloro che si occupano a vario titolo della Corea del Nord sono costretti a fare i conti con la possibilità della disinformazione. Il Paese, spesso definito “Regno Eremita”, è infatti una sorta di fortino ermeticamente chiuso all’esterno e che ha rapporti veri solo con pochissime altre nazioni e in questo caso, nello specifico, con la Repubblica Popolare Cinese.
Il suo giovane leader Kim Jong-un, appena 36nne, aveva a un certo punto dato l’impressione di voler cautamente aprire i confini. Celebri i suoi incontri con Donald Trump, uno nella zona demilitarizzata con una brevissima puntata del presidente Usa addirittura in territorio nordcoreano.
Il tema, ovviamente, era la rinuncia di Kim al lancio di missili balistici e all’uso delle armi nucleari. Delle trattative, tuttavia, non si è saputo più niente e il lancio dei missili, pur diminuito rispetto ad anni recenti, non è comunque cessato.
E’ anche noto che la Cina, pur continuando a fornire un limitato appoggio a Kim, ha preso parzialmente le distanze invitandolo con insistenza a proseguire le trattative diplomatiche. Il motivo è che a Pechino interessa mantenere al suo confine uno Stato cuscinetto per evitare di ritrovarsi a stretto contatto con la Corea del Sud, stretta alleata degli Stati Uniti.
Ora giunge notizia che Kim Jong-un sarebbe seriamente ammalato e ricoverato, dopo un intervento chirurgico, in un ospedale riservato ai vertici della nomenklatura comunista nordcoreana. Il problema, come sempre, è capire se si tratta dell’ennesima “fake news” oppure se la notizia è vera.
I sospetti nascono dal fatto che è stata fornita da un giornale legato all’intelligence di Seul, e poi ripresa da fonti americane. La notizia in sé non ha alcunché di strano. Si sa infatti che le condizioni di salute del dittatore, nonostante la sua giovane età, non sono affatto ottimali, e le fotografie che vengono spesso diffuse lo mostrano in forma fisica tutt’altro che smagliante.
Il fatto interessante è che, parlando dell’eventuale successione, tutti concordano – ammesso che la notizia sia vera – sulla continuità familiare. La Corea del Nord, infatti, più che uno Stato comunista, appare un regno non proclamato ufficialmente e dominato, sin dal lontano 1948, dalla famiglia Kim. I regnanti, finora, sono stati Kim Il-sung, fondatore dello Stato e nonno dell’attuale leader, e Kim Jong-il, che era suo padre.
E non finisce qui. Qualora la gravità delle condizioni di Kim Jong-un venissero confermate, gli analisti concordano sul fatto che destinata a succedergli sarebbe la sorella minore Kim Yo-jong di appena 32 anni. Una conferma, dunque, che la Repubblica Democratica Popolare di Corea è a tutti gli effetti una monarchia, retta dai membri di una sola famiglia che si succedono l’un l’altro.
Naturalmente da Pyongyang non giungono conferme né smentite. Nella Corea del Nord l’informazione è controllata dal regime in modo così rigido da far apparire anche la Cina un esempio di società aperta. Mette comunque conto riflettere su questa caratterizzazione dinastica dello Stato, che lo accomuna ad altre nazioni che un tempo facevano parte del blocco sovietico.
Occorre adesso capire sino a che punto la Cina, alle prese con le conseguenze economiche della pandemia di coronavirus originatasi proprio nel suo territorio, sarà ancora in grado di fornire al regime di Pyongyang un ombrello protettivo. E sono forti le preoccupazioni di Stati vicini, per esempio il Giappone, per l’eventuale instabilità in un’area chiave del Pacifico, dove l’arsenale atomico della Corea del Nord potrebbe rappresentare un pericolo per tutti.