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Bloomberg, un altro tycoon alla Casa Bianca?

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di Michele Marsonet.

Fino a che punto è attendibile la notizia della candidatura di Michael Bloomberg alla Casa Bianca? La notizia in sé lo è, le prospettive di vittoria sono invece assai nebulose. Curiosa, comunque, la possibilità di avere un altro tycoon come presidente Usa dopo il caso Trump.
Secondo indiscrezioni del New York Times e di altri importanti quotidiani, Bloomberg si accinge a varare la sua campagna elettorale, o a “scaldare i motori” come si dice in gergo, spinto da due principali motivazioni.
La prima è la profonda disistima per Donald Trump, che pure è un suo collega multimiliardario, e il timore consistente che possa essere rieletto per un secondo mandato. La seconda è lo stato caotico delle candidature democratiche, nessuna delle quali pare forte a sufficienza per vincere la contesa elettorale.
Mette subito conto notare che, fatta salva la differenza delle posizioni politiche, tra i due ci sono notevoli somiglianze. Sono entrambi della costa orientale, Trump di New York e Bloomberg di Boston. Entrambi ricchissimi ma, a differenza di quanto si pensa di solito, Bloomberg lo è molto di più. Secondo Forbes vanta un patrimonio di 52 miliardi di dollari, figurando così ai primi posti nell’elenco dei Paperoni americani.
Tutti e due sono piuttosto anziani, 77 anni Bloomberg, 73 Trump. Entrambi inoltre non hanno una connotazione politica forte e amano oscillare tra partiti diversi a seconda delle convenienze e degli obiettivi personali. Trump ha appoggiato per parecchio tempo i democratici – in particolare ai tempi di Bill Clinton – per poi passare ai repubblicani.
Bloomberg nasce democratico e passa ai repubblicani quando si candida, con successo, alla carica di sindaco di New York. Nel 2007 diventa indipendente, e ora passa nuovamente ai democratici per candidarsi alla presidenza. Per usare una celebre espressione di Enrico Mattei, i due multimiliardari usano i partiti politici come taxi.
Entrambi sono abili nell’uso dei mass media e non eccellono in quanto a doti di simpatia personale. Una differenza significativa è data dal fatto che Bloomberg è da tempo impegnato in consistenti attività filantropiche mentre non si hanno simili notizie per Trump. Quest’ultimo, inoltre, si è sempre collocato a destra, mentre il bostoniano ha fama di “liberal”, anche quando militava nel partito repubblicano.
Dalle scarne notizie uscite finora Bloomberg sarebbe intenzionato a fare di tutto (“whatever it takes”) per impedire un secondo mandato trumpiano, e si proporrebbe a questo fine di gettare nella contesa tutto il peso del suo enorme patrimonio personale. Che poi riesca per davvero a sbarrare la strada a “The Donald” e tutto un altro discorso.
In ogni caso le difficoltà maggiori gli verranno proprio dal campo democratico, dove una pletora di candidati si sta contendendo l’investitura senza che sia sinora emersa una candidatura realmente forte e in grado di prevalere sulle altre. Joe Biden resta leggermente favorito, ma lo scandalo ucraino rischia di tagliargli le gambe a causa del coinvolgimento del figlio. Bernie Sanders e, soprattutto, Elizabeth Warren sono in piena corsa, ma vengono giudicati troppo a sinistra dall’establishment del partito democratico e dal suo elettorato più tradizionale.
E’ interessante osservare, a questo proposito, che Bloomberg cercherà di conquistare il partito partendo proprio da posizioni centriste, sfruttando quindi la debolezza di Biden e la collocazione a sinistra di Sanders e Warren. Se ci riuscirà dovrà vedersela nel 2020 con il suo collega tycoon Donald Trump, a meno che la corsa di quest’ultimo non venga stoppata dalla procedura di impeachment in corso.