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Sull’impeachment a Donald Trump

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di Michele Marsonet.

Ora che il procedimento di impeachment contro Donald Trump è stato avviato, lo scenario politico Usa appare ancora più incerto di prima. Nonostante l’esultanza degli anti-trumpiani in Italia e nel resto del mondo, non è per nulla scontato che tale procedimento abbia successo.

Il livello di discrezionalità lasciato a deputati e senatori nelle prove richieste è infatti alto e, finora, la messa in stato d’accusa dei presidenti non si è mai conclusa con la radiazione.

Per restare ai casi più recenti, Richard Nixon di dimise prima che il processo approdasse a Camera dei rappresentanti e Senato, mentre Bill Clinton, accusato per il celebre caso Lewinsky, fu assolto (anche dall’opinione pubblica) con la motivazione che il suo comportamento riguardava la sfera privata e non quella istituzionale.

C’è comunque chi teme che il procedimento avviato contro Trump finisca addirittura per favorirne la rielezione, anche tenendo conto della ben nota abilità mediatica e manipolatrice del tycoon.

Mette conto notare che la vicenda potrebbe pure danneggiare più i democratici dei repubblicani, visto il coinvolgimento di Hunter Biden, figlio dell’ex vicepresidente e frontrunner democratico nelle prossime elezioni Joe Biden, nell’oscura vicenda ucraina.

Allo stato dei fatti, pur concordando tutti sulla serietà dell’affare ucraino, non è ancora arrivata la cosiddetta “smoking gun”, vale a dire prova irrefutabile in grado di inchiodare in modo definitivo l’attuale presidente.

E infatti Trump si sta muovendo, sempre con la solita abilità, come se il processo fosse destinato naturalmente a fallire. Ha assunto insomma la sua abituale posa da bullo che non ha paura di niente e ritorce la minaccia sugli avversari, seguendo il copione classico dei film western. Uno solo contro tutti, sicuro di sé e alla fine vincente per la pochezza dei nemici.

Impossibile sapere se tale sicurezza sia solo una posa studiata con cura, oppure una reale sopravvalutazione di se stesso. E’ un fatto, però, che egli si muove con una sorprendente noncuranza, utilizzando il solito frasario che ormai tutti ben conoscono da quando fu eletto.

Del resto è già uscito praticamente indenne dall’inchiesta Mueller, e non si contano più gli scandali e scandaletti privati e non in cui è rimasto coinvolto in questi anni. E, lo si noti, senza mai subire conseguenze pratiche.

Il tycoon sta puntando sull’effetto di compattamento degli elettori repubblicani – e moderati in genere – che l’impeachment potrebbe causare, e sulla paura che lo stesso impeachment suscita nell’opinione pubblica. E’ infatti una procedura da “stato di eccezione”, in quanto tale in grado di scalfire quella “sacralità” della presidenza che gli americani sentono moltissimo.

Inoltre, se la cacciata di Trump avvenisse realmente, il partito repubblicano si troverebbe in enorme difficoltà. Non si vedono all’orizzonte candidati in grado di contendere la presidenza ai democratici, né si capisce come il partito potrebbe superare lo shock in tempi così brevi.

Per fortuna dei repubblicani, i democratici non godono affatto di buona salute. Hanno molti candidati di secondo piano e quello più plausibile, Joe Biden, rischia di essere azzoppato dalla stessa vicenda ucraina che ha condotto all’impeachment di Trump.

Molti si augurano che questa sia l’occasione di concludere definitivamente il capitolo iniziato con l’elezione di un presidente così anomalo – e per molti versi estraneo  – alla tradizione politica Usa.

Ma occorre fare molta attenzione. Se non arriverà qualcosa di davvero sconvolgente e in grado di chiudere sul serio la partita, gli americani potrebbero ritrovare il Donald Trump del reality show “The Apprentice” e farsi ancora una volta incantare dalle sue notevoli doti di imbonitore mediatico, col risultato di altri quattro anni di presidenza anomala.