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QUANTUM LEAP – L’EsserCi come cronotopo “inconnu”

ESTRATTI

5.1 Di temporalità pre-einsteniana

Heidegger inizia il capitolo terzo della seconda sezione di Essere e tempo, ponendo e ponendosi una domanda: “Abbiamo progettato esistenzialmente un poter-essere-un-tutto autentico da parte dell’Esserci. L’analisi del fenomeno ha chiarito l’essere-per-la-morte autentico come anticipazione. Il poter-essere autentico dell’Esserci, considerato nella sua attestazione esistentiva e adeguatamente interpretato esistenzialmente, si rivelò come decisione. Come debbono essere riuniti i due fenomeni?”[1]. Come si sposa il fenomeno della morte con un qualcosa di attivo come l’agire implicito nel decidere?

Per indagare e comprendere il senso ontologico della Cura dobbiamo ricordare che: “L’Esserci è ontologicamene del tutto diverso dalla semplice-presenza e dalla realtà. La sua “consistenza” non si fonda nella sostanzialità della sostanza, ma nella “sussistenza per sé” del se-stesso concretamente esistente, il cui essere è stato definito come Cura”[2]. Il senso ontologico della Cura si risolve quindi nella messa in chiaro della temporalità. Il filosofo analizza e spiega: “Con la decisione anticipatrice, l’Esserci è stato reso fenomenicamente visibile quanto alla possibilità della sua autenticità e della sua totalità. La situazione ermeneutica richiesta dall’interpretazione del senso dell’essere della Cura ha raggiunto l’originarietà richiesta. L’Esserci è ora disponibile nella sua originarietà, cioè nel suo poter-essere-un-tutto-autentico”[3].

Ancora: “La strada finora percorsa dall’analitica esistenziale ha provato la fondatezza della tesi dapprima semplicemente prospettata: l’ente che noi stessi siamo è ontologicamente il più lontano. La ragione di ciò sta nella Cura stessa. Il deiettivo esser-presso ciò di cui si prende innanzi tutto cura nel “mondo”, guida l’interpretazione quotidiana dell’Esserci e copre onticamente l’essere autentico dell’Esserci, privando delle sue basi adeguate l’ontologia di quest’ente. Perciò l’accesso fenomenologicamente originario a questo ente è tutt’altro che immediatamente “evidente””[4].

Dall’unità dei momenti costitutivi della Cura (esistenzialità, effettività e deiezione), passando attraverso i fenomeni esistenziali come morte, coscienza, colpa che la Cura porta con sé, Heidegger arriva a relazionare la Cura con l’Ipseità (l’essenza del se-Stesso che nella modalità della non autenticità diviene si-stesso) e poi afferma “La temporalità si rivela come il senso della Cura autentica[5] e ancora “L’unità originaria della struttura della Cura è costituita dalla temporalità[6].

La Cura diventa un ente che si presenta e scorre nel tempo, mentre “Il senso primario dell’esistenzialità è l’avvenire”[7]. L’avvenire autentico, che temporalizza e esprime la decisione anticipatrice, ha una sua finitezza: “La sua finitudine non ha il significato di cessare, ma costituisce un carattere della temporalizzazione stessa. L’avvenire autentico e originario è “l’ad-sé-verso”, è l’esistere che tende “ad-sé”, esistendo come la possibilità insuperabile della nullità. Il carattere estatico dell’avvenire originario sta proprio nel chiudere il poter-essere, cioè nell’essere esso stesso chiuso e nel render quindi possibile la conclusiva-decisiva comprensione esistentiva della nullità. Il pervenire a se stesso autentico e originario è il senso dell’esistere nella nullità più propria”[8]. L’EsserCi quasi si esalta nel comprendere la sua finitezza, nel comprendere il suo destino ultimo.

La temporalità per Heidegger non è un ente ma si temporalizza. La temporalità viene elaborata come quotidianità, storicità e intratemporalità (la determinazione del tempo propria dell’ente intramondano), come condizione imprescindibile per penetrare l’ontologia originaria dell’EsserCi. Il fattore temporalità è saliente perché permette a un ente come l’EsserCi di esistere come esiste. Solo attraverso la sua temporalità il senso dell’EsserCi può essere spiegato, e dato che questo ente non può essere al di fuori della sua dimensione temporale, piuttosto si storicizza, mentre presente, passato e futuro diventano una totalità intrinsecamente legata al “progetto” dell’esistenza.

Critica e interrogazioni retoriche

È questo uno dei momenti di Essere e tempo, in cui è invece la vena retorica del filosofo a diventare oggettivamente plastica. Questa esaltazione – vista quasi come fosse un ideale e mitico avvenire autentico e originario – della comprensione che l’EsserCi avrebbe della sua finitezza non ha basi valide su cui fondarsi. Si tratta di una idealizzazione, una iperbolizzazione, un’altra delle tante azzardate da Heidegger (quasi thoreauniano in questi passaggi narrativi), malgrado la sua determinazione a non muovere da un piano investigativo empirico. Notabili sono anche le osservazioni sull’interazione EsserCi-temporalità che date le implicazioni teoretiche verranno elaborate più avanti[9]. D’altro canto, di questa prima definizione di tempo che il filosofo propone per l’EsserCi (ovvero un concetto pre-einsteniano che, alla maniera della coscienza, si appiattisce nella sua bidimensionalità storicizzata), tenendo in considerazione anche i limiti analitici che Heidegger stesso pone alla sua investigazione, ne discuterò in calce al prossimo paragrafo.

Continua…

[1] Ibidem, capitolo III, pag. 365

[2] Ibidem, pag. 367

[3] Ibidem, pag. 375

[4] Ibidem, pag. 376

[5] Ibidem, pag. 392

[6] Ibidem, pag. 393

[7] Ibidem.

[8] Ibidem, pag. 396

[9] Cfr. 11.2

La presentazione a questo lavoro la trovi qui

Heidegger, nei contesti rurali preferiti