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Michael Schumacher: riflessioni

Non smette di meravigliarmi la straordinaria parabola di vita dell’ex pilota Ferrari Michael Schumacher. Il duo Ferrari-Schumacher riporta alla memoria un tempo bellissimo della nostra vita, quando la domenica bisognava per forza di cose fermarsi per seguire la Formula Uno, per seguire Michael Schumacher, appunto. Per seguirlo avendo quasi la certezza che saremmo arrivati sul gradino più alto del podio, prima di ascoltare l’inno tedesco e poi quello italiano in sequenza, tra spruzzi di champagne e altra euforia varia ed avariata!

Altri tempi! Altri tempi per tutto, e non solo perché non c’è più Schumacher, non solo perché non c’è più la Ferrari che amavamo. Non è infatti della Ferrari che mi interessa scrivere in questa circostanza, quanto della parabola di vita tremendamente didattica del suo pilota più vincente e celebrato. Per chiunque ne abbia seguito le imprese sportive, non può che meravigliare un elemento straordinario che si è verificato nella vita di colui. Di fatto, pur avendo partecipato a centinaia di competizioni in uno sport pericolosissimo quale è quello della Formula Uno, pur non essendosi mai sottratto a combattere qualsiasi sfida, Schumacher è riuscito a uscirne indenne da tutti i pericoli a cui poteva andare incontro, salvo poi… salvo poi finire vinto durante uno stupidissimo incidente in montagna!

Non è una sciocchezza questo evento, quanto piuttosto un fattore che dà molto da pensare. Certo, potremmo catalogare tale avvenimento come un caso della vita, ma se così fosse il suo valore didattico aggiunto sarebbe quasi uguale a zero. Se invece investighiamo questa straordinaria circostanza sotto altra luce, allora le domande che ci possiamo fare sono tante. E le domande potrebbero pericolosamente somigliare a queste: a) Schumacher ha avuto questo incidente perché era in qualche modo destinato ad averlo, ma era riuscito a fuggire il suo destino in precedenza? b) Che senso ha per un’anima come quella di Schumacher scegliere di fare l’eroe quasi invincibile per una intera esistenza, e poi perdersi quasi in un bicchier acqua? C) Il suo incidente è un insegnamento per lui, per i suoi cari, per tutti noi? Perché?

Già! Quella del “perché?” è sempre la questione che frega sempre chi è abituato a pensare. Perché? Francamente ritengo che ci possano essere solo due spiegazioni: 1) Un elemento didattico da impartire urbi-et-orbi data la tipologia di figura molto nota che sperimenta questo percorso 2) Un elemento didattico privatissimo di quest’anima, cioè una ragione di cui noi non possiamo sapere per ora. Certo è che, qualsiasi sia il perché? da considerare, esso è a suo modo maestoso, straordinario… A dirla tutta si fa quasi un istante plastico in cui le dinamiche che dirimono sul nostro esistere sfiorano quelle più “alte” e nascoste alla nostra percezione sensoriale, le toccano, le accarezzano, dando a riflettere in maniera meravigliosa, importante, insegnando, diventando didattiche… appunto!

Rina Brundu