GLI ETRUSCHI nell’Adriatico e in Albania
uno studio di Massimo Pittau
Il fatto che tutto un ampio bacino del Mediterraneo, l’Adriatico, abbia derivato il suo nome dalla città etrusca di Adria non dimostra solamente la grande potenza marittima acquistata da questa città, ma dimostra anche che in realtà gli Etruschi disseminarono le coste di quel bacino di numerosi loro insediamenti, compreso qualcuno nell’Albania.
Adria
(in povincia di Rovigo) deriva dal lat. (H)Adria, il quale probabilmente è da connettere con l’appellativo etr. aθre (Liber linteus, XII 11) «atrio, tempio» e col gentilizio etr. Haθri e inoltre è da riportare alla glossa latino-etrusca atrium «atrio, casa, tempio» (ThLE¹ 415): atrium appellatum ab Atriatibus Tuscis (Varrone, L.L., V 161) «atrio è così chiamato dagli Etruschi di Adria».
Però ovviamente il collegamento fra atrium (anche adrium) e(H)Adria) (anche Atria) va rovesciato: sarà stata la città, per la forma di «ingresso, imboccatura» oppure di «bacino» del suo porto, simile appunto ad un atrio, a derivare la sua denominazione da atrium e non viceversa.
Sono da considerare gli etnici lat. Atranius, Atranus (RNG) che sono da confrontare con quello etr. Atrane.
La presenza degli Etruschi nell’antica Adria è assicurata sia da reperti archeologici sia da numerosi rinvenimenti epigrafici (ET pagg. 325-327).
L’importanza di Adria era determinata sia dalla sua vicinanza al mare, sia da un canale, la Filistina (Philistina in latino), che la connetteva con l’ampio e ricco retroterra, che arrivava anche alla città etrusca di Mantova (Manθva).
Di certo gli Etruschi di Adria manifestarono subito grande interesse per l’antistante regione di Trieste e dell’Istria. Su questo argomento si deve considerare che per tutta l’antichità, fino alla seconda metà dell’Ottocento, quando fu inventata, costruita e adoperata la “ferrovia”, “viaggiare” significava «navigare», come dimostra anche il fatto che il verbo italiano e romanzo arrivare in origine significava “attraccare”, derivando dalla espressione marinara ad ripam venire «arrivare alla riva». Pertanto in antico andare da Adria a Trieste attraverso il mare Adriatico era enormemente più semplice, più veloce e più sicuro che non per terra, seguendo l’ampio arco dell’intero Veneto.
Trieste
Della città di Trieste fino al presente risultano sconosciute sia l’origine del centro abitato, sia quella del suo nome. Però l’uno e l’altro risultano conosciuti fin dall’epoca classica, dato che Tergeste, Tergestum è citato da Pomponio Mela (II 55 e 57), da Plinio il Vecchio (Nat. Hist. III 127-128), Térgeston da Claudio Tolomeo (III 1, 23) Tergéste, Tergéstai da Strabone (V 1, 9).
Per l’etimologia il toponimo è stato riportato a una supposta base *terg-, illirica oppure venetica, che avrebbe avuto il significato di «mercato», ma questa derivazione ha giustamente suscitato forti perplessità negli specialisti (DTI).
Per parte mia invece ritengo che il toponimo sia di origine etrusca e precisamente corrisponda al gentilizio etr. Tarcste, che a sua volta corrisponde al cognomen lat. Tergeste (RNG). Il gentilizio etrusco è citato in una iscrizione incisa su un cippo funerario trovato a Montaione (FI), del IV/III sec. a. C. (TLE, 411; ThLE) (da notare l’alternanza etrusca a/e ed il suffisso –st-; LLE, norme 1, 5). Quasi certamente il gentilizio etrusco aveva un valore teoforico o sacrale rispetto al mitico personaggio Tarχ(i), abbreviazione affettiva di Tarχnte «Tarconte», mitico personaggio della “religione rivelata” degli Etruschi e dio eponimo di Tarquinia, da connettere con quello luvio-ittita Tarchunt «dio delle tempeste»., col significato dunque di «consacrato a Tarχ(i)».
Ciò detto, a mio giudizio, è possibile e plausibile questa spiegazione del toponimo Trieste: può significare «centro abitato consacrato a Tarχ(i)».
Per tale ipotesi è appena il caso di ricordare che dappertutto e in tutti i tempi sono stati e sono innumerevoli i centri abitati consacrati a una divinità o, in epoca cristiana, a un santo.
L’origine etrusca del toponimo viene confermata dal suffisso –in– del suo aggettivo etnico Tergestinus «Triestino» (Cesare, Bell. Gall, VIII 24; Plinio, Nat. Hist. III 127), il quale si ritrova di frequente nella lingua etrusca e nelle zone già abitate dagli Etruschi: Aretinus, Perusinus, Florentinus, Velitrinus, ecc.
Non deve affatto apparire strano che un toponimo etrusco sia registrato nella Venezia Giulia: Trieste e la zona circostante sono quasi dirimpetto ad Adria, ragion per cui è facile intravedere l’interesse che gli Etruschi dovevano avere di tenere un punto di approdo e di appoggio a Trieste in vista dei loro scambi commerciali con le popolazioni della zona circostante.
D’altra parte esistono altri tre toponimi che confermano la presenza degli Etruschi di fronte ad Adria: i toponimi del retroterra di Trieste, Carnia, Quarnaro e Carso.
Carnia
Subregione delle Alpi Orientali abitata dagli antichi Carni. Il toponimo odierno deriva dal (tardo) lat. Carnia, a sua volta probabilmente dal lat. caro, carnis «carne»; gentilizi lat. Carnenus (suff. –en-; LLE, norme 5), Carnius (RNG) da confrontare con quelli etr. Carna, Carnei, Carni(a). È da considerare la lat. Carna, dea degli organi vitali, probabilmente etrusca (DELL s. v. caro). Forse Carni significava «adoratori della dea Carna» oppure «crudeli come i carnefici» (LISNE 182; DETR; DICLE 57).
I Liburni del Quarnaro
In un suo commento a Silvio Pieri (TTM) Giuliano Bonfante ha scritto: «Ma liburna nome di nave sarà certo dal popolo illirico dei Liburni nel Quarnero, da cui forse il nostro Livorno». A mio avviso il Bonfante ha errato sul verso della derivazione: saranno stati i naviganti del Quarnero o Quarnaro (evidentemente derivato da Carnia; Istria o Croazia) ad aver derivato il loro nome dall’uso che essi facevano delle liburne e non il contrario. Ed essi avranno appreso l’uso delle liburne e il loro nome dagli Etruschi dell’Adriatico, quelli di Adria che erano proprio di fronte all’Istria. Più precisamente si può con verosimiglianza pensare che i Liburni del Quarnaro avessero derivato il loro nome dal lat. liburnus «trasportatore, traghettatore» e facevano il loro mestiere verso Adria, esattamente ma al contrario di come nel Tirreno settentrionale c’erano i traghettatori che portavano il ferro dall’isola d’Elba al porto di Livorno.
Carso
Zona calcarea delle Alpi Orientali, aggettivo Cársico, è da confrontare con l’appellativo etr. carsi (Liber linteus, X 31) significato compatibile col contesto «a/in pietra, marmo» (in dativo) e con la base mediterranea *karsa «roccia» (AEI 68, 484). Sono da considerare i gentilizi lat. Carsius, Carsedius, Carsenus, Carsicius, Carsidius, Carso,-onis (RNG) che sono da confrontare con quelli etr. Carśe, Carsui, Karse, Carsna, Karsiu, Karsu (suffissi –ic-, -en-, -on-/-u(n)-; LLE, norme 5, 7) (DETR; DICLE 58).
Ortona
Nell’Italia centrale esistono due cittadine chiamate una Ortona (in provincia di Chieti, situata su un colle che domina la costa dell’Adriatico) e l’altra situata nel centro dell’Abruzzo (in provincia dell’Aquila) e chiamata Ortona dei Marsi. Entrambe sono in posizione elevata e in maniera particolare la seconda che sta a 1003 metri sul livello del mare. Ancora entrambe sono in una posizione orografica volta ad “Oriente”.
Della prima Ortona (fino al secolo scorso detta Ortona a Mare per distinguerla dall’altra) è incerta la data di fondazione; sappiamo dai ritrovamenti nella zona del “Castello Aragonese”, che il sito fu abitato già dall’Età del Bronzo. Sono rimasti i resti di antiche mura ciclopiche.
In epoca storica Ortona fu abitata dalla popolazione italica dei Frentani che ne fecero il loro porto, da cui la definizione del geografo greco Strabone (V, 4.2) che la chiamò Órtōn epíneion Phrentanón, “Ortona scalo dei Frentani”.
Fino ad ora si era ritenuto che il toponimo Ortona (vedi Plinio, nat. hist. III 106), potesse essere di origine pre- o protoindoeuropea. Io dico di essere dell’avviso che il nome delle due Ortone è probabilmente di origine etrusca.
Una prima osservazione di carattere linguistico: il suffisso –on– è di sicura origine etrusca, come dimostrano gli appellativi di origine etrusca caerimonia, histriones, phaboulónia e i toponimi Ansedonia, Cortona, Cremona, Populonia, Vetulonia (LLE norme 7, 8).
Però questo suffisso spesso si presenta tronco, terminante cioè con una /ũ/ nasalizzata: Aplu, aplun, Apulu «Apollo»; Apluni «Aplonio, Apollonio»; fulu, Fulu «follone, Follonio»; lucumu «lucumone».
Ciò detto segnalo che in etrusco (ThLE²) esistono due vocaboli che possono essere connessi col toponimo Ortona, cioè il gentilizio masch. Urtusnas (emendato su Urtcsnas in quanto è impronunciabile), probabilmente in origine cognomen = “nativo di Ortona”; e l’altro Urtus (si vedano i gentilizi lat. Urtius, Ortius; RNG).
Venendo all’etimologia, dico che, considerato che entrambe le Ortone – come già detto – sono volte verso l’Oriente, viene spontaneo l’accostamento con l’appellativo lat. ortus «il sorgere, l’uscire, il nascere dei corpi celesti», dal verbo oriri «sorgere, uscire, scaturire, nascere». E la conclusione mi sembra ovvia: molto probabilmente Ortona, l’una e l’altra, ha la bella denominazione di “Città dell’Oriente”, ossia di “Città del Sole Sorgente o Nascente”, di “Città del Sol Levante”.
Cupra
Koũpra «Giunone», glossa greco-latina (manca nei TLE, ThLE). Il geografo greco Strabone (V 4,2), parlando del Piceno, dice: «Segue poi il santuario di Cupra innalzato e dedicato dagli Etruschi; danno essi a Giunone il nome di Cupra»; ma, a mio avviso, probabilmente va inteso «Afrodite», suo epiteto greco Kýpria.
Albania
Siccome la regione dell’Albania rappresenta la “chiusura” di quell’ampio sacco costituito dal bacino dell’Adriatico, gli Etruschi non potevano non avere un grande interesse a inserirsi anche in questa regione.
C’è da ricordare che nella lingua etrusca non esisteva la consonante [B], alla quale corrispondeva quasi sempre la [P]. Ebbene, fra i resti della lingua etrusca troviamo la seguente ampia serie di vocaboli omoradicali:
Alpi «Alpio-a», gentilizio masch. e femm., da confrontare con quello lat. Alpius (RNG).
Alpiu «Alpionio», gentilizio masch., da confrontare con quello lat. Alpionius (RNG).
Alpiuial «di Alpionia», femm. del gentilizio Alpiu, in genitivo.
Alpiuś «di Alpionio», genitivo del gentilizio Alpiu.
Alpna «Alpinio», gentilizio masch, da confrontare con quello lat. Alpinius (RNG).
Alpnana «Alpiniano», gentilizio masch., da confrontare col cognomen lat. Alpinianus (RNG).
Alpnani «Alpiniana», femm. di Alpnana.
Alpnas «(di) Alpinio»,gentilizio masch. da confrontare con quello lat. Alpinius.
Alpnei «Alpinia», femm. del gentilizio Alpna.
Alpui «Alpiona» (ThLE²).
Alpuialisa «di quello-a (figlio-a) di Alpionia», matronimico pronominale del femm. del gentilizio Alpiu.
Alpunea «Alponia» (ThLE²).
Alpuz «di Alpionio», gentilizio masch. in genitivo, da confrontare con quello lat. Alpionius (RNG).
Tralasciamo per ora questa lunga serie di gentilizi, i quali non sono significativi dal punto di vista semantico o del significato, e fissiamoci invece su questi altri vocaboli, che invece sono significativi:
Alp (ET, Pa 4.2, rec; sul Fegato di Piacenza) abbreviazione di Alpan(u)s «(casella) di Grazia», nome di una delle Lase, accompagnatrici di Turan «Venere», probabilmente le “Grazie”.
alpan «dono, regalo, offerta votiva». (ET, Cr 3.26; Co 3.3-6) Avles V[i]pinas alpan «dono di Aulo Vipinio o Vipenna»; (ET, Vc 3.9 – 5:m; su vaso) Temreś alpan Tinaś «dono a Thanr (e) a Tinia» (su statuina di piombo forse di sacerdote; ET, AS 4.2 – 4:); (ET, OA 3.8 – rec; su una kylix) Marce Svincinas alpan puts «vaso dono di Marco Suncio» (flessione di gruppo).
Alpan, Alpanu una delle accompagnatrici di Turan (Venere), probabilmente le “Grazie” (ET, Vs S.13; Vc S.27; OI S.29, 45; su specchi).
alpanu «(il) donato, dono», variante di alpan, alpnu «dono» (ThLE²).
alpnina (ET, OA 3.9) probabilm. «piccolo dono, regalino», diminutivo di alpan, alpnu.
alpnu probabilmente «(il) donato, dono», variante di alpan «dono». (TLE 14; ET, Cm 2.49 – 5:p; su patera) Cnaive Caisies alpnu puznu probabilmente «piccolo dono di Gneo Caesio»; (TLE 559; ET, Ta 3.9; su bronzetto di uomo) ecn turce Larθi Leθanei alpnu Selvansl canzate «questo ha dato come dono Lartia Litania a Silvano protettore».
Alpnu una delle accompagnatrici di Turan (Venere), probabilmente le “Grazie” (ET, AH S.6; Vs S.19; OI S.23; su specchi).
E la logica ed ovvia conclusione a me sembra essere la seguente: Albania significa «Terra dei doni, dei beni, dei frutti, della grazia o delle Grazie». E lo si deve riconoscere: questa è una gran bella denominazione!
D’altra parte, riprendendo l’ampia serie dei gentilizi su indicati, se ne deve trarre la conclusione che nell’Albania gli Etruschi erano piuttosto numerosi.
Il mio amico albanaese Ilir Mati, cultore di storia e di civiltà del suo paese, mi ha comunicato due importanti notizie: I) In Albania c’erano giacimenti di rame e di ferro; ed io commento che gli Etruschi potevano avere interesse per l’Albania anche per l’esistenza di questi giacimenti minerari; II) Nel Museo archeologico di Durazzo si trovano numerosissimi ex voto di terracotta (in tutto 1.800 kg), i quali – come ha dichiarato l’archeologo francese Arthur Muller dell’Università di Lille, rappresentano la dea Artemide. Sono state rivenute nel lago di Belsh, dove c’era il rito di gettare le statuette in acqua.
Ed io commento questa seconda notizia segnalando che anche gli Etruschi conoscevano e veneravano questa divinità, come dimostrano le sue numerose citazioni fra i resti della lingua etrusca:
Aritimi (Aritim-i) «a/per Artemide», in dativo di comodo o di attribuzione, da confrontare col greco Ártemis,-idos (ET, OB 3.2).
Aritimipi (Aritimi-pi) «per Artemide». (TLE 45; ET, Ve 3.34 – 6:; su olla) mi θ[ina Apu]niies Aritimipi Turanpi mi nuna «io (sono un’) olla di Aponio per Artemide (e) per Turan; io (sono un’) offerta».
Artame «Artemide» (su specchio; ET, La S.1 – 5:2).
Artmsl «di Artemide », in genitivo di dedicazione (su una kylix; ET, Ru 4.3 – 5:).
Artume «Artemide» (ET, Ta 4.14; AH S.4; su specchio).
Artumes «di Artemide» (ET, Ta S.15; Vs S.6, 20; Vc S.1, 22; Cl S.4 ; su specchi).
E c’è da precisare che gli Etruschi conoscevano bene e veneravano la grande dea Artemide, che costituiva la protettrice della Lidia, regione dell’Asia Minore, da cui, secondo il famoso racconto di Erodoto (I 94), erano partiti gli Etruschi stessi alla volta dell’Italia centrale. La grande dea era venerata come una divinità nazionale, alla quale era dedicato un famoso santuario nella capitale Sardis (Artemide Sardiana) ed uno ancora più famoso ad Efeso (Artemide Efesia). Quest’ultimo era tanto grandioso che veniva incluso nel novero delle «Sette Meraviglie del Mondo».
Infine c’è un’altra notizia, ultima ma non la meno impostante: fra le statuette di terracotta rinvenute in Albania, se ne trova una che assomiglia strettamente ad uno dei famosi sarcofagi etruschi, che presentano sul coperchio, sdraiati e appoggiati al gomito sinistro come in un banchetto, l’immagine del marito e della moglie defunti.
SIGLE E BIBLIOGRAFIA
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LELN = Massimo Pittau, Lessico Etrusco-Latino comparato col Nuragico, Sassari 1984 (Koinè).
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TLE = Massimo Pallottino, Testimonia Linguae Etruscae, ii ediz., Firenze 1968.