FENICI E CARTAGINESI IN SARDEGNA

Sarcofago fenicio di tipo greco
Ho assistito qualche giorno fa ad una trasmissione televisiva della Rai-Storia sulla presenza nella Sardegna nuragica dei Fenici e dei Cartaginesi o Punici: non posso fare a meno di definirla “indecorosa”. I vari “esperti” che si sono susseguiti nella trasmissione in primo luogo molto spesso hanno tralasciato di indicare che, pur appartenendo alla medesima etnia, i Fenici erano semplici commercianti che si limitavano ad esercitare il commercio ambulante nelle coste del Mediterraneo e della Sardegna, non avendo alcun interesse a stanziarvisi in maniera stabile. Soltanto i Cartaginesi ebbero questo interesse per motivi di espansione coloniale, fondando insediamenti stabili nella Sardegna sud-occidentale (Cagliari, Nora, Bithia, Sulci, Monte Sirai, Tharros, Cornus), in siti però che erano già sardi e nuragici.
Nonostante tutto ciò la linguistica è in grado di dimostrare che l’apporto antropico dell’elemento semitico in Sardegna – prima fenicio e dopo cartaginese – sarà stato molto ridotto in tutti i tempi. Una immigrazione notevole di individui di stirpe fenicia e punica nell’Isola è da escludersi con decisione.
Costituisce una luminosa e incontrovertibile prova di ciò la circostanza che nell’intero patrimonio lessicale della odierna lingua sarda sono stati trovati appena 7 (sette) vocaboli che derivano direttamente dalla lingua fenicio-punica: ásuma «alaterno», curma «ruta d’Aleppo», grúspinu «crescione», sicchiría «varietà di aneto», sintzurru «equiseto palustre», tzíppiri «rosmarino» (tutti fitonimi), tzingorra «ceriola, anguilla giovane» e inoltre i toponimi Macomer «Città di Merre», Magomadas «Villa Nova» e Mara e Villamar «fattoria».
Il che ha fatto giustamente dire al linguista Emidio De Felice che in Sardegna «l’apporto fenicio e cartaginese è insignificante» ed a Paul Swiggers: «(a) nelle zone dove i Fenici e i Punici si sono stabiliti, la cultura autoctona – e gli usi linguistici autoctoni – sono sopravvissuti, e (b) la colonizzazione fenicio-punica in Sardegna era soprattutto una espansione economica, e non era guidata da una politica culturale. Concretamente questo vuol dire che la presenza dei Fenici e dei Punici sull’isola sarda era centrata attorno ad empori ed implicava una interazione molto ridotta fra le popolazioni indigene e i colonizzatori».
Nonostante tutto ciò, una quindicina di anni fa da parte di alcuni “feniciomani” nostrani è venuta la brillante proposta di cambiare la denominazione del “Golfo di Oristano” in quella di “Golfo dei Fenici” …!
Con cavalleria poi sorvolo sul fatto che una archeologa docente in una Università sarda crede ancora che i nuraghi possano essere stati costruiti con l’intento di mandare segnali di fumo o luminosi fra l’uno e l’altro: ma quale motivo c’era per costruire edifici cosi numerosi, complessi e impegnativi sulle cime dei colli e dei monti dell’Isola? Non sarebbero bastate per questa necessità queste stesse cime?
Massimo Pittau