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Omaggio a una grande donna

Perché parlare della professoressa Cecilia Gatto Trocchi?  Perchè penso che anche la vita di questa antropologa vada ricordata e che a suo modo sia stata una vita che insegna. Beninteso io non ho mai letto nulla di Cecilia Gatto Trocchi e non avrò mai tempo per leggere qualcosa di suo, ma in dato modo la sua figura è presente nella mia memoria. Nello specifico la ricordo quando si presentava da Vespa a dare contro a tutti i contafrottole su miracoli, apparizioni, visioni etc etc.

Come è ben noto a chi frequenta Rosebud anche io tendo ad una castrazione senza-possibilità-d’appello di questi racconti straordinari quando si tenta di farli passare per fenomeni empirici (vedi i casi Fatima, Medjougorie ma non solo), quando si tenta di farli passare per manifestazioni oggettive, ma a differenza della signora Gatto Trocchi non amo la magia da un lato (cioè, anche sforzandomi non riesco ad immaginare un argomento più idiota e stupido da trattare o anche solo da studiare come faceva lei), né credo nel solo visibile agli occhi dall’altro. Di fatto la mia adorata fisica quantistica, ma anche momenti “scientifici” più facilmente dimostrabili nel quotidiano, mi dicono che i miei sensi arrivano solo dove possono arrivare e mi dicono che sul resto noi possiamo dirimere solo limitatamente perché non lo conosciamo. Ne deriva che l’intransigenza sul non-conosciuto che dimostrava questa signora qualche volta mi stava sulle palle, esattamente come le mie filippiche contro la superstizione e contro il renzismo mi faranno sicuramente stare sulle balle ai tanti.

Io però tento sempre di illudermi di essere persona-altra, ovvero di essere una persona capace di vedere il “meglio” negli altri anche quando gli altri la pensano diversamente da me. Per questi motivi, passando oltre i momenti che mi “dividevano” da lei, preferisco concentrarmi sulla sua indubbia capacità intellettuale e sulla sua grande capacità di lucida argomentazione, sul suo know-how importante e indiscutibile. In verità c’é anche qualcos’altro che mi “rode” dentro, che mi sarebbe piaciuto sapere, conoscere, alla stregua di un pettegolezzo d’intelletto davvero proibito. Per esempio mi sono sempre chiesta come una persona abituata a non considerare il metafisico ma a vivere nel “fisico” h24 si sia confrontata con il dramma che l’ha investita, in questo caso la prematura morte del figlio. A primo acchitto, si potrebbe concludere che quel “confronto” lo abbia indiscutibilmente perso, proprio a causa della sua decisione di togliersi la vita, forse perché incapace di sopportare un dolore così grande, ma come ho già scritto la mia filosofia dell’anima si occupa soprattutto di ciò che non colpisce immediatamente l’occhio.

Da questo punto di vista io mi ostino quindi a chiedermi cosa sia accaduto in quel momento di confronto con l’invisibile e il suo mistero durato dal momento della morte del figlio fino al momento della sua stessa morte. Ecco, si, mi sarebbe piaciuto conoscere il diario di quei suoi giorni, il filo dei suoi pensieri, le contorsioni dei suoi ragionimenti, le sue conclusioni che a dispetto della sua triste fine dovevano essere per forza più grandi, più importanti. Come del resto accade a tutte le vite che insegnano e che è nostro dovere non dimenticare persino quando non le abbiamo particolarmente amate né direttamente conosciute. Anche perché, chissà!, magari un giorno qualcun altro si ricorderà di noi allo stesso modo nel caso improbabile che lo meritassimo!

Rina Brundu