Impossibile la laicità nel mondo islamico
di Michele Marsonet. Ma non sarà il caso, dopo l’ecatombe francese, di rispolverare la vecchia espressione “scontro di civiltà”? Noi non lo facciamo perché abbiamo – quasi tutti – paura di violare le regole del “politically correct” e del pacifismo che si è insinuato così profondamente nella nostra cultura da diventare parte del linguaggio e del sentire comuni. Vediamo insomma il mondo come vorremmo che fosse, non come è.
Eppure che uno scontro di civiltà sia in atto è evidente, tenendo anche conto del fatto che l’incredibile massacro di Parigi è solo l’ultimo di una serie, ahinoi, lunghissima di episodi, con decapitazioni, tagli di gole e teste mozzate esibite quali trofei di vittoria.
Una vittoria che senza dubbio arriverà, visto il torpore che sembra annichilire il mondo occidentale. Forse, questa volta, l’impressione è stata maggiore perché i fatti sono avvenuti nel cuore dell’Europa stessa, e non in qualche landa desertica del Medio Oriente.
Mi ha molto stupito, a questo proposito, leggere su “La Stampa” del 9 gennaio le dichiarazioni di un filosofo algerino che non si fa scrupolo di usare l’espressione suddetta, “scontro di civiltà”, commentando quanto è accaduto. “C’è lo scontro di civiltà e noi siamo nel mezzo”, ha dichiarato.
Si chiama Hamid Zanaz e ha scritto un libro che gli ha causato un sacco di guai, per usare un eufemismo. Titolo: “Sfida laica all’Islam”. Docente all’Università di Algeri, dopo la pubblicazione del volume ha dovuto fare i bagagli in fretta e furia rifugiandosi in Francia. E quale la sua colpa? Aver scritto in modo chiaro che l’attività filosofica, per sua stessa natura, può spingere ad abbracciare l’ateismo o l’agnosticismo. E’ bastato questo in Algeria, Paese che tra l’altro non è neppure il peggiore quanto a diffusione dell’integralismo, per essere bollato subito come nemico dell’Islam e della stessa nazione.
Com’è possibile, ci si chiede, che una persona nata e cresciuta in un contesto islamico parli di scontro di civiltà, mentre chi vive in Occidente deve stare attento, poiché ricorrere a tale concetto implica immediatamente essere bollati come reazionari, oscurantisti o, peggio, fascisti?
Qualcosa non va, mi sembra chiaro. Siamo vittime di un corto circuito che ha bruciato ogni capacità di resistenza e ci sta conducendo, lentamente ma in modo inesorabile, alla resa, all’abbandono di tutto ciò che la cultura occidentale ha prodotto negli ultimi secoli. Non solo la completa libertà di espressione, tesoro inestimabile, ma pure la distinzione tra filosofia e teologia, il rispetto per l’opinione degli altri, la tolleranza verso visioni del mondo diverse dalla nostra.
Premetto subito che, a mio avviso, la connessione tra attività filosofica (e pure scientifica) da un lato, e ateismo o agnosticismo dall’altro, non è affatto scontata. Vi sono fior di filosofi e di scienziati che si proclamano credenti, e questo in Occidente non è mai stato un problema. Al massimo atei e agnostici si mettono a discutere con i credenti. Ognuno porta le sue argomentazioni e nessuno si sogna di espellere gli “avversari” dalla comunità degli studiosi. La discussione va avanti senza posa dal momento che viene percepita quale strumento di arricchimento reciproco.
Nel mondo islamico non è così, e vale tanto per i fondamentalisti quanto per i moderati. Quando l’ateneo in cui insegno conferì la laurea “honoris causa” in filosofia al celebre teologo svizzero Hans Kung, costui fece notare nella sua prolusione che il mondo islamico non ha mai avuto un Illuminismo, e che la parola “laicismo” continua a essere considerata anatema. I tentativi di laicizzazione, come quello operato da Ataturk in Turchia, sono alla fine falliti a causa della perdurante sottomissione delle masse a un clero che non ha mai rinunciato, in nessun momento, a considerare il libro sacro quale unica fonte della verità (e della legge).
Ci siamo illusi, adottando un multiculturalismo indistinto e senza barriere, di neutralizzare un pericolo del quale, in fondo, si è sempre compresa la pericolosità. I risultati si vedono ora in modo chiarissimo. David Cameron, tempo fa, fu attaccato con violenza solo per aver detto che il multiculturalismo è fallito. Purtroppo aveva ragione, anche se è forse troppo tardi per trovare rimedi efficaci.
Le lezioni sono sempre preziose, a patto che si riesca a recepirle in tempo utile. Se invece si va fuori tempo massimo accade il disastro. E’ quanto sta avvenendo, con la prospettiva di precipitare in un buco nero del quale è impossibile scorgere il fondo.
Featured image, Voltaire Portrait by Nicolas de Largillière
Mi piace l’analisi, ma non sono certo di aver capito quale sia la conclusione. Che esiste uno scontro di culture? Io lo definirei confronto, com’è inevitabile che sia quando persone molto diverse si trovano a dover convivere ed è ciò che sta avvenendo anche in Italia con l’immigrazione. E anche se volessimo chiamarlo scontro, cosa dovremmo fare, rinunciare forse ai nostri principi di democrazia e libertà?
Dobbiamo lottare contro il terrorismo e portare dalla mostra parte le migliaia di islamici moderati, ma non dobbiamo scendere sullo stesso piano di quegli invasati che compiono atti brutali e incomprensibili come quello di Parigi, perché altrimenti significherebbe ammettere la debolezza elle nostre idee. Anche noi abbiamo un’idea logica e dobbiamo dimostrare che è più forte, più bella e più radicata della loro.
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Per capire meglio quel che sta accadendo.
Parlare di scontro di Culture mi sembra di nobilitare una squadra di imbecilli assassini. Fortunatamente esiste una nobilissima Cultura religiosa musulmana che non ha nulla da invidiare alla nostra Cultura cattolica. Entrambe sono capaci di convivere con l’agnosticismo prevalente nella società occidentale che attualmente è indubbiamente leader del pianeta. L’ateismo è pure esso una fede, senza preti, che deve convivere con le altre fedi. Il paganesimo antico è morto dopo lunghissima malattia, ma molto di esso è passato nel cristianesimo e da questo anche in Maometto. Come molto del cristianesimo è entrato nella cultura laica senza per questo toccare le differenti credenze dei singoli individui, così capiterà con la cultura musulmana, la cui relativa debolezza è legata a una massa di fedeli più arretrati economicamente e più lontani dal mondo tecnologico occidentale, anche se questo sta cambiando con le ricchezze apportate dal petrolio. Ma noi occidentali siamo solo un pochino più avanti. Basta ricordare Marx che magnificamente descrive le condizioni della massa malgrado le ricchezze del carbone e del ferro. Che nelle culture religiose rimangano tradizionalisti più restii alla tolleranza é indubbio, basti pensare per il cristianesimo alla condanna del Modernismo e anche quella del Relativismo di Ratzinger. Credo che se la storia fosse la personificazione dello sviluppo della nostra specie sulla terra, apparentemente si presenta come una menefreghista (il caso?) che va avanti per conto suo, l’unico punto che mi stupisce è che il bilancio finora è positivo. Che abbia un cervello da cui nasce un fine attraverso prevalenti disastri?
Ho letto il tuo post fino a “Vi sono fior di filosofi e di scienziati che si proclamano credenti, e questo in Occidente non è mai stato un problema……” e poi non ce l’ho fatta più ed ho abbandonato la lettura perchè non so se ci sia da ridere o da piangere leggendo tale affermazione e ricordando Giordano Bruno solo per citarne uno …
Reblogged this on Renato Augelli.
Poiché il mio pc a casa non funziona bene (lo cambierò tra poco) trovo solo ora i riferimenti a Giordano Bruno che sono francamente fuori luogo. Se si legge bene quanto ho scritto, si vedrà che faccio riferimento alla frattura introdottta dall’Illuminismo e alla separazione tra religione da un lato e vita politico-sociale dall’altro. Nel mondo islamico tale frattura non c’è stata e, quando è la si è calata dall’alto (vedi Ataturk), è fallita. Il vero problema è questo, e coinvolge purtroppo anche i musulmani moderati. Certo che abbiamo avuto Giordano Bruno! Dopo tutto nella mia facoltà insegno filosofia, mica storia della cucina (materia peraltro degnissima e di enorme fascino). Tuttavia la consapevolezza che i testi religiosi vanno interpretati metaforicamente e non alla lettera, retaggio per l’appunto dell’IIluminismo e anche della successiva lettura liberale di tali testi, fiorita nell’800 e proseguita nel secolo scorso, ci ha posto in grado di comprendere che il rogo di Campo de’ Fiori era non solo un abominio, ma pure intrinsecamente anticristiano. Mi auguro che tale processo possa avviarsi pure nell’Islam, anche se non vedo segni incoraggianti in tale direzione.