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Francesco Piccolo – Il desiderio di essere come TUTTI, Premio Strega 2014. Della noia, del Berlinguer che diventa tòpos letterario, del problema del tempo che fugge.

strega2914di Rina Brundu. Fortuna che il ragazzo casertano protagonista di “Il desiderio di essere come tutti” (Einaudi) di Francesco Piccolo - il romanzo vincitore del Premio Strega 2014 – aveva ereditato dalla madre l’imperdonabile tratto della superficialità, altrimenti mi avrebbero trovato alla fine dei tempi ancora intenta a sfogliare le pagine virtuali che raccontano il suo percorso di vita. Il discorso vale per quelle rare volte in cui il termine superficiale è sinonimo di conciso.

Vero è che la “concisione” non sembrerebbe essere una caratteristica dell’autore del romanzo, ma non è neppure questo il problema. Il problema è la noia, il problema è dato dal fatto che il lavoro in questione ha un tratto didascalico esagerato (si arriva fino all’analisi testuale del più ispirato Raymond Carver), che va bene in un saggio ma non in un romanzo. Il didascalismo portato all’eccesso fa insorgere la Sindrome del maestrino che è una brutta peste (altro che il vibrione del colera!). Per fare i maestri occorre una saggezza e una esperienza di vita che mal si combina con scritture quali “sono felice, ho voglia di abbracciarla (nda la mamma) e piangere tenendola stretta, ma so che devo dimostrare una rabbia che non provo”. Così come non si combina con campi semantici fatti di “purghe, dolce euchessina, guttalax” e via così “scaricando” per dirla con lo stesso autore.

Per carità, chi ha letto il romanzo vincitore del Premio Strega 2013, panorama uggioso intessuto di culi, cazzi e negri, si contenta. Il premio lo concederebbe a Piccolo solo per un motivo: per avere proposto una scrittura più semplice ma moderna, almeno leggibile. Una scrittura che andrebbe benissimo per il giornalismo online ma che difetta in un contesto letterario. La scrittura è infatti meramente denotativa, mentre la carica connotante è lasciata appunto alla verve didascalica, manca completamente una dimensione connotativa retorica valida.

Con una eccezione, una eccezione purtroppo negativa. Con questo romanzo infatti possiamo ufficializzare il fatto che il “Berlinguer” è diventato ormai un tòpos letterario a tutti gli effetti. Lo si usa sempre e comunque, soprattutto quando ci si mette a tavolino con l’intento di scrivere un testo da presentare ad un premio importante, ed è come il maiale: non si butta via niente! Lo stesso vale per il comunismo anche se forse l’unico guizzo brillante di tutto il testo in questione è proprio il momento in cui il protagonista scrive. “Meno di un anno dopo (nda – dopo la nascita metaforica che sarebbe avvenuta a 9 anni, nell 1973), il 22 giugno 1974, al settantottesimo minuto di una partita di calcio, sono diventato comunista. Ma non me ne sono reso conto subito”. (Che poi questo passo mi ricorda qualcosa, l’ho già sentita, ma non mi viente in mente dove, ora!).

Il coming out comunistico (un paradosso tra l’altro dato il titolo che vorrebbe TUTTI comunisti), è visto quindi alla stregua del coming out di genere. E questo ci porta all’altro importante problema che pone questo testo, ovvero il problema del digital divide, del tempo che passa e richiede altre visioni e proposizioni, rappresentazioni del mondo. Scorrendo le pagine non riuscivo a non interrogarmi: a che pubblico sta parlando l’autore? E soprattutto, a che pubblico sta parlando il Premio Strega? D’accordo, ho una età per la quale i nomi della Cederna, di Zaccagnini, di Berlinguer, appunto, hanno ancora un senso, ma quale potrebbe essere l’interesse della generazione dei nativi digitali verso questo lavoro? Verso un lavoro che manca del brio, della vivacità scritturale, del know-how letterario che diventano caratteristiche indispensabili quando si vuole far interessare qualcuno alle vicende del nostro personalissimo “romanzo di formazione”, alle vicende “andate”, anche pubbliche, per quanto importanti, della nostra età giovane. Quando questi elementi mancano, meglio stare sempre con Goethe, si va sul sicuro.

Mi fermo qui anche perché mi dispiace non poterne parlare bene. Mi serve di più da un testo che vuole essere letterario, ma forse a mancarmi è la pazienza. A meno che ad infastidirmi davvero non siano stati tutti quei momenti di morettismo strisciante che zompettavano qua e là all along e che a confronto la lunga epopee del germe patogeno del colera – descritta da Piccolo con “ammirabile” dedizione e precisione – era un tocco di nettare dissetante.

La trama cercatela da qualche altra parte, o sfogliate l’Unità (annate anni 70) e poi passate a Libero per il ventennio berlusconiano. Sic.

Featured image, cover.

2 Comments on Francesco Piccolo – Il desiderio di essere come TUTTI, Premio Strega 2014. Della noia, del Berlinguer che diventa tòpos letterario, del problema del tempo che fugge.

  1. Dal panorama “uggioso intessuto di culi, cazzi e negri” a quello grigio piombo in cui tutti hanno lo stesso cazzo, lo stesso culo e sono negri. Chi compra un libro del genere è un idiota, perché è idiota chi va in giro a parlare come un pappagallo e si atteggia come una scimmia. Tutti? Ma chi sono “Tutti”. Anch’io considero “Tutti”, ma per avere pari opportunità esistenziali, e non per le aspirazioni e i desideri di sconsiderati come quelli che si beano nel conformismo egualitario. Tutti possono e devono sentirsi liberi dalle necessità e considerare i desideri come opportunità sulle quali compiere liberamente le scelte. Vuol dire che Tutti possono:

    1. aver coscienza di essere dominanti nella natura e che la natura è asservita alla persona per soddisfare i propri bisogni.

    2. comportarsi liberamente senza nuocere ad alcuno.

    3. agire lealmente ed in modo trasparente e nel rispetto di sé stessi e del prossimo.

    4. scegliere l’occupazione più gradita alla propria indole orientata sui quattro fattori primari di produzione economica (terra, capitale, impresa, lavoro) associandoli al super-fattore che è artefice di propagazione economico-sociale”.

    5.associarsi per la tutela della personalità de dei propri interessi.

    Cosa offrono i comunisti che ci vogliono spianare con le tasse livellatrici? Costoro hanno messo in atto, oltre alla imposizione progressiva sul reddito, anche quella progressiva sulle spese, facendo saltare il principio economico che ogni bene non può essere discriminato dal censo di chi lo possiede. La disintegrazione della proprietà privata è propria dell’ideologia marxista che distrugge la coscienza e la creatività che è il fattore distintivo dell’uomo rispetto alla bestia: impropriamente lo chiamiamo comunismo. Il Comunismo, invece, cerchiamo di riviverlo con la parola e i suggerimenti di Papa Francesco

  2. Come al solito, nella foga di entrare nel merito dei problemi che riguardano l’appartenenza alla nostra società, ho dimenticato l’essenziale. Ho letto con attenzione il testo critico di Rina e lo condivido sotto il profilo letterario. Ma il punto sta nel fatto che il libro non sembra interessare solo la letteratura, come giustamente rilevato nel pezzo, ma toccare argomenti di saggistica. In tale contesto, il trittico in questione è inappropriato perché in tale contesto si usano gli organi superiori del corpo umano rivestito di tutti i colori compatibili con la pelle umana maschile e femminile e non quelli dei due lati del basso ventre solo maschile.
    Credo che occorra considerare l’argomento su un doppio binario: quello del premio e quello dei libri di cui qui si parla.
    Sullo Strega appare chiara la volontà dei promotori di ridarsi una verginità mantenendo solidi i prodromi culturali marxisti. I libri premiati in questo come anche nello scorso anno, presumo che siano stati commissionati secondo gli accordi delle case editrici che patrocinano il premio stesso condotti sulla linea del pensiero unico ancora predominante nel nostro paese.
    Idiota chi compra il libro? C’è sempre un se davanti all’idiozia perché si può essere anche disattenti o semplicemente curiosi per ritrovarci in mano un tarocco!
    Quanti libri ho comprato dandomi poi la pacca sulla fronte (mi è venuto un buco) per aver buttato via i soldi , o sprovveduti del ben dell’intelletto perché obnubilato da qualche curiosità morbosa? Può ben dirsi che non sono conforme all’osservanza della libertà di giudizio della persona che l’esprime, ma, o numi della letteratura e della saggistica, quale interesse può suscitare un’opera che tratta del desiderio di essere uguale agli altri? Questo desiderio è il virus del conformismo che assilla la nostra cultura. Il desiderio di essere uguale a tutti si scontra con la realtà che nessuno vuol somigliare all’altro, soprattutto all’autore del Premio Strega 2014.

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