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Il Covid non c’entra con l’ideologia

di Michele Marsonet.

Molti rammenteranno che, nel mese di settembre del 2020, il governo cinese fece sapere al mondo che il Partito comunista sotto la guida di Xi Jinping era riuscito a sconfiggere il Covid. Pechino parlò allora di una “guerra popolare” contro il virus, nella quale la disciplina del Partito aveva infine prevalso.
Atteggiamento quanto meno curioso. Virus e pandemie da essi causati nulla hanno a che fare con l’ideologia, si parli del marxismo-leninismo o quant’altro. Si tratta invece di un problema medico e sanitario, che in quanto tale va affrontato.
E, a tale riguardo, i vaccini occidentali si sono dimostrati parzialmente efficaci, anche se non hanno certamente sconfitto la pandemia. Sono però riusciti a rallentarla evitando almeno le conseguenze più drammatiche.
Quelli cinesi, invece, non sono risultati utili, anche se Pechino ha in sostanza proibito di vaccinare i propri cittadini con prodotti provenienti dall’Occidente. Vengono concessi solo agli stranieri che risiedono nel Paese.
In ogni caso la vittoria nella “guerra popolare” contro la pandemia si è dimostrata una della più clamorose fake news della storia. Oppure, per dirla in termini ancora più espliciti, si è trattato di una colossale bufala. Xi Jinping e il suo gruppo dirigente hanno continuato a imporre lockdown totali in ogni parte dello sterminato Paese.
Ora stanno facendo una parziale retromarcia grazie alle proteste sempre più violente dei cittadini segregati in casa, che hanno dato vita a manifestazioni inusuali per la Repubblica Popolare.
Possiamo dedurne che il Partito ha finalmente cambiato rotta? Non pare proprio. Pur accorgendosi dell’impossibilità di praticare la politica “Covid zero”, gli alti papaveri del regime ricorrono ancora una volta alla propaganda, il loro terreno favorito.

I contagi, così, vengono azzerati d’autorità, come se la dimensione politica e ideologica dovesse comunque prevalere su quella medica e sanitaria. Il fatto è che, a dispetto delle frasi roboanti di Xi, il sistema sanitario e l’industria farmaceutica di Pechino sono fragili e deboli.
L’organizzazione Mondiale della Sanità, per molto tempo prona alla volontà di Pechino, ora mostra grande preoccupazione per la forte recrudescenza del contagio, lasciando implicitamente intendere che le politiche adottate dal regime sono del tutto inadeguate.
E non si dimentichi che le statistiche governative ufficiali continuano a fornire un numero di contagi ridicolmente basso, fermo da anni a poco più di 4000.
Eppure, nonostante la rigidissima censura, qualcuno è riuscito a far filtrare in Occidente immagini dei forni crematori di Pechino che lavorano a pieno ritmo, nonché di reparti di terapia intensiva sovraffollati e vicini al collasso. Il che significa che i contagi aumentano in modo esponenziale.
Purtroppo l’opacità comunicativa del regime impedisce di avere un quadro completo e preciso della situazione. Dunque la Cina comunista, non paga di essere all’origine della pandemia e di averla diffusa nel mondo intero, continua con le narrazioni propagandistiche rigettando ogni richiesta di chiarimenti.
Ecco perché si parla ormai di “catastrofe Cina”, destinata inevitabilmente a causare conseguenze tragiche ovunquel mondo. E’ ovvio che Xi Jinping dovrebbe pensare a questi problemi, piuttosto che creare basi militari artificiali nel Mar Cinese Meridionale o minacciare un giorno sì e l’altro pure l’invasione di Taiwan.
Ma è inutile illudersi. A Xi e al gruppo di fedelissimi di cui si è circondato interessa soltanto mantenere il potere ad ogni costo. La salute dei suoi cittadini e di quelli delle altre nazioni rappresenta, per loro, un problema trascurabile.