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L’embargo totale del gas russo causerebbe problemi enormi

di Michele Marsonet.

La proposta del segretario del PD, Enrico Letta, di bloccare totalmente e da subito la nostra importazione di gas russo ha destato sconcerto e preoccupazione. Innanzitutto nello stesso Partito Democratico, dove molti deputati e senatori si sono dichiarati contrari. E anche il segretario di Azione, Carlo Calenda, ha dichiarato che in casi come questo “ci vuole più serietà”.
Com’è noto una simile strategia è fortemente caldeggiata dall’amministrazione Biden, che sta spingendo i Paesi della UE ad adottarla senza troppi indugi. Si noti però che gli americani possono permetterselo, giacché gli Stati Uniti sono autosufficienti dal punto di vista energetico grazie alle loro enormi riserve di petrolio e di shale gas.
Purtroppo non è così per gli europei che, in caso di blocco totale dell’importazione del gas russo sono costretti a trovare nell’immediato fornitori alternativi, in grado di esportare almeno gli stessi quantitativi che finora Mosca ha garantito. E non è detto che ciò sia possibile, nonostante i continui viaggi del nostro ministro degli Esteri Di Maio volti a reperire Paesi disposti a colmare i buchi lasciati dall’eventuale blocco di cui sopra.
Fatta salva la necessaria condanna dell’invasione dell’Ucraina e delle efferatezze compiute dall’esercito russo in molte località di quella nazione, occorre pure essere realisti e tenere conto delle conseguenze che il blocco comporterebbe per le industrie e le famiglie italiane.
E’ chiaro che un’azione di quel tipo rischia di farci sprofondare in una crisi economica di proporzioni tragiche, proprio quando il PIL forniva timidi segnali di ripresa (peraltro già indicati in ribasso). E quando non si capisce ancora che fine farà il celebre Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), varato dalla UE prima che scoppiasse la crisi ucraina.

In realtà pare che detto Piano debba essere riscritto, visti i drammatici cambiamenti della situazione internazionale sopravvenuti nel frattempo. Nemmeno il premier Mario Draghi, pur forte della sua esperienza come ex presidente della BCE, ha saputo fornire al riguardo risposte certe o almeno plausibili. Navighiamo insomma nella nebbia, senza sapere cosa accadrà nei prossimi mesi.
L’offerta americana di inviare via mare in Europa delle quantità di gas liquido non risolve il problema per parecchi motivi. In primo luogo perché ha un costo assai maggiore del gas che importiamo dalla Russia, e poi perché non abbiamo abbastanza rigassificatori in grado di riportare il prodotto dallo stato liquido (GNL), utilizzato nel trasporto marittimo, a quello gassoso richiesto per il consumo. Altro segno, questo, delle gravi carenze italiane in tema di politica energetica.
Non a caso il governo tedesco sta frenando la richiesta americana di blocco totale e immediato delle importazioni dalla Russia, essendo la Germania la prima importatrice europea (l’Italia è seconda). In altri termini molti governi non vogliono causare nei loro Paesi una crisi economica da cui sarebbe molto difficile uscire.
Ci troviamo quindi di fronte a una strada molto stretta, che può costringerci a condannare Putin per l’invasione, senza però rinunciare a forniture energetiche fondamentali per l’economia e per la vita quotidiana dei cittadini. Da notare, tra l’altro, che anche la stessa Ucraina dipende per il suo fabbisogno energetico dal gas russo in modo pressoché totale.
Per tutti i motivi anzidetti una proposta come quella di Enrico Letta appare non solo pericolosa, ma anche irrealistica. Per fortuna le reazioni negative ci sono state, anche nel suo stesso partito, ed è auspicabile che i politici dimostrino maggiore responsabilità quando trattano temi così cruciali.