LA BARBA DI DIOGENE, Dublin (EIRE) – 20 Years Online. Leggi l'ultimo pezzo pubblicato...

Un ritorno al pensiero magico

di Michele Marsonet.

Quando Max Weber afferma che la vita conosce soltanto il conflitto insanabile fra posizioni ultime, quando insiste sul suo noto concetto di “disincantamento del mondo”, sembra essere prigioniero di schemi mentali assai diffusi nella sua epoca, ma che – così almeno si riteneva – difficilmente possono essere applicabili nella nostra. Il sociologo e filosofo tedesco usa spesso espressioni come “il destino della nostra epoca” (la quale sarebbe senza dei e senza speranza). Al pari di Heidegger – si rammenti la sua celebre frase “ormai solo un dio ci può salvare” – il nostro autore ipotizza che soltanto nuovi profeti potranno redimere le nostre società dal razionalismo strumentale che le pervade. Al di là delle molte e talora contrastanti caratterizzazioni che gli interpreti hanno fornito delle sue concezioni, Weber ci appare come un antesignano del pensiero negativo, e significativi echi delle sue tesi si possono facilmente trovare anche nei rappresentanti di quella Scuola di Francoforte che tanto successo ha avuto nei decenni passati.
Tuttavia, non occorre essere neopositivisti per comprendere che il démone che egli invoca, e al quale ognuno di noi dovrebbe rivolgersi per trovare e riannodare i fili della sua vita, non è concetto che risulti facilmente fruibile. La critica dello scientismo positivista e neopositivista, insomma, non deve indurci ad abbracciare tesi che si limitino a prendere in considerazione gli aspetti negativi del progresso. Per molti è difficile accettare alcuni stereotipi tipici della nostra epoca. Nomino – e faccio solo due esempi tra i molti possibili – il rifiuto del concetto di “eroismo” e la credenza ampiamente diffusa che gli esseri umani siano tutti uguali.
Si pensi al fenomeno della Cavalleria medievale, ai motivi del fascino che tuttora continua a esercitare, all’esistenza di modi di pensare, di interi schemi concettuali ad essa legati. Questi elementi non si ritrovano in testi storici, ma altrove. In sommo grado nel ciclo arturiano, miscuglio di esaltazione della Cavalleria cristiana da un lato, e di miti e leggende celtici e nordici dall’altro. Campo d’indagine dei filologi romanzi e degli studiosi del mito, più che degli storici di professione. Ma anche terreno di caccia di tanti poeti e visionari che credono nell’esistenza reale di un gruppo di nobili Cavalieri riuniti intorno a Re Artù e alla Tavola Rotonda.
Il tema eterno è la lotta tra il Bene e il Male, e non è affatto facile separare i due domini. Essi, anzi, s’intersecano vicendevolmente, impedendo di tracciare distinzioni molto nette. Come proferire un giudizio nei confronti di combattenti che sono sì guerrieri, ma dei guerrieri “spirituali”? Lo si sospende, il giudizio, nell’incapacità di valutarli come infami o generosi, sublimi o criminali. Talora i due attributi si combinano, e proprio allora l’attenzione è calamitata al massimo. Attrae sempre, in questi casi, non il mero esercizio della forza, ma la coniugazione di questa con lo spirito. Compare, nelle saghe, nei romanzi, nei film, una sorta di ideologia che esorta alla lotta e la nobilita fecondandola con elementi spirituali. La lotta si sposta su un piano più elevato, sublime.
Nella storia abbiamo veramente alcuni gruppi che si sono prefissi tale compito, in Occidente e in Oriente. Gli Ordini Cavallereschi sono un chiaro esempio occidentale di questo clima spirituale, come i Samurai in Oriente. E, per quanto sia pericoloso oggi un simile accostamento, i richiami islamici alla guerra santa che combatte la modernizzazione auspicando il ritorno a una società ispirata da principi strettamente religiosi, dovrebbe richiamare alla memoria di noi occidentali elementi importanti della nostra storia passata.
Sembrano legate al passato, ma solo perché l’uomo occidentale oggi ha paura di un simile connubio. Eppure sentiamo che dietro il concetto di guerra santa si celano forze quasi sovrannaturali, tutt’altro che defunte in Occidente, dove si limitano a sonnecchiare. Esse sono in realtà ben vive, e attendono la fine del razionalismo per riprendere l’antico vigore.

Qualcuno ha parlato di “ideologia” della Crociata. Ebbene, si tratta di un’espressione appropriata. L’ideologia crociata ha il suo fondamento nell’abitudine dei pellegrinaggi e nella pratica della guerra santa, entrambe sviluppate all’interno di un mondo culturalmente unito. Trae forza dall’accordo delle sue pulsioni con credenze antiche ma ancora vive (attitudini di fronte alla natura, il meraviglioso, etc.), e da una profonda convinzione religiosa.
Nel ciclo arturiano, Galaad è il Cavaliere da tutti atteso, l’Eletto, il novello Messia destinato a dare compimento a quell’avventura del Graal preconizzata fin dai tempi di Giuseppe di Arimatea. In Galaad si configura il Cavaliere Celeste, che è al contempo monaco e soldato, difeso da un doppio usbergo di fede e di ferro, eletto da Dio, casto e moralmente integro. Tale è Galaad, personaggio senza chiaroscuri, alieno da esitazioni e debolezze. Proteso a perseguire la missione riservatagli dall’alto, bello nel corpo, candido nell’anima, saldo nel braccio. Del tutto diversa la figura del più famoso Lancillotto del Lago. Cavaliere supremo, il migliore di tutti, che tuttavia non può aspirare a raggiungere il Graal perché schiavo delle passioni terrene e, soprattutto, della carne.
La tradizione vuole che il Graal, una volta ritrovato e svelato il suo segreto, venga tratto in cielo da una mano da lì protesa. Forse un giorno tornerà a essere visto sulla terra. E Merlino istituisce la Tavola Rotonda al fine di formare una rinnovata cavalleria cristiana. Profetizza i misteri del Graal. Merlino è il profeta dell’avventura suprema, il demiurgo storico della nuova Cavalleria, di cui regge le fila in virtù della sua preveggenza. A queste doti è subalterna la sua sapienza magica, al servizio delle benefiche imprese dei cavalieri.
E’ necessario riflettere sul fatto che Merlino è una sorta di archetipo. E’ il modello cui si rifanno, in misura più o meno fedele, il Gandalf del ciclo di Tolkien “Il Signore degli Anelli”, e il druido Allanon, mistico, storico e filosofo, grande protagonista dell’epopea di Brooks, “La spada di Shannara”. Ma elementi di Merlino si ritrovano anche in Yoda, il Maestro Jedi del ciclo di “Guerre Stellari”. E non è affatto strano, se ripensiamo a quanto detto in precedenza. I Cavalieri Jedi del ciclo di George Lucas altro non sono che una rivisitazione, tecnologicamente aggiornata, dei Cavalieri medievali, e soprattutto di quelli inquadrati negli Ordini Cavallereschi. Proprio come loro rappresentano un ordine chiuso, al quale si accede solo dopo un durissimo noviziato di ordine sia spirituale che guerresco. In tutti questi casi, associato al druido che domina le forze della magia, troviamo la figura del Cavaliere buono che lotta per il Bene, e del Cavaliere malvagio che sta dalla parte del Male. Entrambi, se vogliamo, “guerrieri dello spirito”.
La Tavola Rotonda è il simbolo di una società cavalleresca perfetta, contraddistinta da forza guerriera e cortesia sempre al servizio di chiunque patisca ingiustizie. Essa diventa il simbolo della militanza secolare della Cavalleria di Dio, complemento dell’attività contemplativa associata al Graal. Artù è d’altro canto “the once and future king”, il Re passato e futuro, il Re che è stato e che sarà sempre, il Re destinato a ritornare. Abbiamo Avalon come isola paradisiaca, dove i campi danno grano e gli alberi frutti senza bisogno di alcuna cura. Ecco infine l’interesse crescente per i Templari, per la loro ricerca del tesoro del Tempio di Salomone. Ad alcuni Ordini Cavallereschi che sarebbero sopravvissuti sino ai giorni nostri, viene attribuito un piano volto al dominio del mondo. Di qui la costante associazione con organizzazioni esoteriche di vario tipo.
Ebbene, la pandemia ha fatto riemergere tendenze che possiamo definire, al contempo, antiscientifiche e irrazionali. Il successo della rivoluzione scientifica e dei suoi risultati ci aveva illusi che non si potesse tornare a forme pre-scientifiche di valutare il mondo e di interagire con esso. E invece sta accadendo proprio il contrario. L’incertezza manifestata dalla medicina nel trattamento di un virus sconosciuto ha fatto risorgere maghi e folletti, fate e streghe. E tanti – diciamo i politici più furbi – ne stanno approfittando per fare il pieno di voti tra i settori più frustrati della società contemporanea.