Orban il reprobo e altri reietti della Ue

di Michele Marsonet.
Si sta diffondendo in Italia e, purtroppo nell’intero Occidente, una sorta di nuovo “senso comune” teso a imporre a tutti l’adozione di certe opinioni, soprattutto in tema di diritti (ma non solo).
Faccio l’esempio più eclatante. Il premier ungherese Victor Orban è diventato un vero e proprio spauracchio da agitare, come il panno rosso dei toreri, davanti agli occhi di un’opinione pubblica sempre più sconcertata.
I circoli dirigenti di Bruxelles l’hanno messo nel mirino per parecchi motivi. Quello più “scandaloso” – ovviamente secondo la Ue – si deve al fatto che Orban non è per nulla convinto che i diritti gender vadano promossi sempre e comunque, pure nelle scuole.
Adotta invece una posizione più prudente e più vicina al vecchio senso comune, secondo il quale coloro che hanno orientamenti sessuali diversi non vanno certamente perseguitati, ma neppure proposti quali modelli alle giovani generazioni.
Non si capisce cosa vi sia di tanto scandaloso in tale approccio che, in quanto tale, dovrebbe invece essere discusso liberamente e con franchezza. Eppure le elite Ue preferiscono lo scontro frontale, sempre desiderose di farsi sommergere dalle bandiere arcobaleno.
Secondo autorevoli quotidiani nostrani e internazionali, Orban è “un problema” o “un guaio”, e si è ormai giunti al punto di invitarlo a lasciare l’Unione spontaneamente, per evitare procedure di espulsione che finirebbero per essere sanguinose (in senso metaforico, s’intende).
E il clima sta diventando sempre più pesante, giacché posizioni simili a quelle del leader ungherese sono sostenute da altri governanti dell’Europa orientale, in primis dai polacchi, ma anche da cechi e slovacchi.
Tutti costoro, dopo aver vissuto per decenni sotto il giogo del pensiero unico marxista imposto dai tank dell’Armata Rossa sovietica, non vogliono ora ritrovarsi costretti ad abbracciare un altro pensiero unico, per quanto di segno assai diverso.
Si spiega così anche il diffuso rifiuto di abbandonare i termini “padre” e “madre” a favore di “genitore 1”, “genitore 2” e via dicendo. Non occorre affatto essere sessisti per negare la validità di sciocchezze di questo tipo.
Si può tranquillamente difendere la libertà di tutti coloro che hanno orientamenti diversi, senza per questo accettare la pretesa che siano loro a imporre agli altri la loro visione del mondo.
Altrimenti la bandiera stellata della Ue si trasformerà ben presto in un vessillo arcobaleno. Processo del resto già in corso di realizzazione, come si evince anche dal tentativo, spesso riuscito, di illuminare con i colori dell’arcobaleno gli stadi prima degli eventi sportivi.
E, a proposito di sport, va notato un altro fatto. Il nuovo senso comune vorrebbe imporre agli atleti di inginocchiarsi prima delle gare come segno di anti-razzismo.
Anche in questo caso le polemiche fioccano. Molti atleti rifiutano di farlo non a causa di un recondito anti-razzismo, ma semplicemente perché giudicano il gesto inutile o addirittura insulso. Se uno non è affatto razzista, perché dovrebbe dimostrarlo con un gesto meramente esteriore?
Eppure anche i calciatori italiani, che nelle ultime partite erano rimasti in piedi, in seguito si sono inginocchiati per adeguarsi agli avversari belgi.
Insomma l’ipocrisia del nuovo senso comune avanza a tappe forzate, imponendo – con il beneplacito delle autorità di Bruxelles – l’unicità del pensiero e del comportamento. E allora una domanda: siamo davvero sicuri che il problema (o il guaio) sia proprio Viktor Orban?