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Cultura, scuola e formazione: dalla “normalizzazione” wikipedica alla censura su Twitter, in gioco ci sono etica e libertà

di Rina Brundu.

In gioco c’è la nostra libertà. Finanche il nostro futuro. Negli ultimi venti anni abbiamo creato un mostro “social” distopico, orwelliano nell’essenza, il quale va combattuto con tutte le nostre forze, prima che sia troppo tardi. Tuttavia, va combattuto con mezzi leciti, con l’impegno intellettuale, politico e non con le sue stesse armi.

Quanto è accaduto su Twitter in America alcuni giorni fa ai danni del Presidente democraticamente eletto Donald Trump, è di una gravità inaudita. Ancora più grave è che quei drammatici fatti vengano usati, nell’Italia dell’emergenza mediatica conclamata, per incensare alla censura, al bavaglio sui principali giornali del paese; per fare campagna politica.

Naturalmente, non siamo arrivati a questa situazione di punto in bianco. Complici dello status-quo sono il laissez-faire generalizzato, l’appiattimento intellettuale e un degrado culturale che, specialmente nella nostra penisola, comincia a fare paura nel suo ricordare molto da vicino le purghe mussoliniane e nazionalsocialiste: chi non è d’accordo viene zittito. Scompare.

Su questo fronte però occorre coltivare speranza: nessuno scompare mai nell’universo e tutto ciò che viene dato ritorna, nel bene e nel male. Nell’attesa occorre armarsi di forza e di pazienza.

In un’età in cui anche i bimbi vengono privati di una sana formazione scolastica a causa di una pandemia che invece di essere combattuta con mezzi scientifici viene osteggiata con metodologie ancora medievali, e dunque intere famiglie sono costrette a rivolgersi alla Rete, diventa ancora più importante ricordare ai genitori di frequentare siti didattici, nei quali venga divulgato un sapere certificato, frutto dello studio, dell’impegno, della fatica.

È importante anche tenere i bimbi lontani dai social, provvedere un diverso universo e orizzonte intellettuale, ma soprattutto non date soldi a queste organizzazioni, mai! Forse è anche il caso di riflettere attentamente a quali giornali vi state abbonando: quando una redazione che dovrebbe occuparsi di etica, di deontologia, di diversità, di mostrare una visione pluralistica del mondo incita al bavaglio e alla censura significa che è stata infiltrata da elementi preoccupanti.

Secoli fa Shakespeare scriveva che “c’é del marcio in Danimarca”; oggi ne abbiamo certezza: non è solo lì!

PS A questo proposito bravissimo Massimo Cacciari su Repubblica. Così parla una persona abituata a pensare…

Gli odiatori invece si commentano da soli. Eccone un esempio sul Corriere (sotto)…. Pazzesco!

Riportate De Bortoli alla guida di questo giornale: subito!