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Il nuovo premier accelera il riarmo giapponese

di Michele Marsonet.

Dopo il lunghissimo periodo di governo di Shinzo Abe, dal settembre di quest’anno il Giappone ha un nuovo premier. Si tratta del 72enne Yoshihide Suga, finora poco noto all’estero ma conosciuto nel Paese del Sol Levante per la sua lunghissima esperienza politica e amministrativa.
Capo di Gabinetto dello stesso Abe, è stato infatti anche ministro dell’Interno e delle Comunicazioni. La sua intera carriera si è svolta nel Partito liberaldemocratico di maggioranza, di cui ora è diventato il capo succedendo proprio a Shinzo Abe.
Il suo viso diventò noto quando, lo scorso anno, in occasione dell’abdicazione dell’imperatore Akihito, fu lui ad annunciare il nuovo “kanji”, vale a dire l’ideogramma della nuova era imperiale (che si chiama “Reiwa”). Compito solo apparentemente modesto, considerato il prestigio di cui la dinastia imperiale continua a godere tra la grande maggioranza del popolo.
Com’è noto Shinzo Abe aveva promosso il riarmo giapponese sfidando la forte componente pacifista presente nella popolazione del suo Paese, e ha stretto alleanze con tutte le nazioni vicine timorose dell’espansionismo e dell’aggressività della Cina di Xi Jinping. In questo senso era riuscito a restituire al Giappone un’importanza politica, e non solo economica come accadeva in precedenza.
Com’era lecito attendersi, Suga sta proseguendo la politica di Abe soprattutto per quanto riguarda la delicata partita con la Repubblica Popolare Cinese, con la quale il Giappone ha un contenzioso aperto circa il possesso dell’arcipelago delle isole Senkaku, collocato in una posizione strategica e rivendicato da Pechino anche se è sotto la sovranità nipponica.
Ma il contenzioso è assai più vasto, giacché – com’è noto – la Cina rivendica anche vaste porzioni dell’Oceano Pacifico che, secondo il diritto internazionale, sono aperte e non appartengono ad alcun Paese specifico.

Shinzo Abe aveva già portato il budget militare giapponese alla ragguardevole cifra 48 miliardi di dollari. Ora Suga ha deciso un nuovo aumento portando gli stanziamenti per Esercito, Marina e Aviazione a quasi 52 miliardi di dollari. La mossa è indubbiamente significativa poiché indica che il Giappone non teme il grande esercito della Repubblica Popolare né i missili balistici del dittatore nordcoreano Kim Jong-Un, che negli ultimi anni hanno più volte sorvolato il territorio nipponico.
Suga sembra dunque intenzionato (come del resto Shinzo Abe) a recuperare le grandi tradizioni militari giapponesi, entrate nell’ombra dopo la cocente sconfitta nella seconda guerra mondiale e gli olocausti nucleari di Hiroshima e Nagasaki.
L’aviazione verrà rinforzata con oltre 140 caccia americani di nuova generazione F-35, di cui una quota a decollo verticale per essere utilizzati sulle portaerei di cui il Paese dispone.
C’è però una grande novità. Il Giappone non si limita più a importare velivoli, ma sta puntando anche sull’industria nazionale con il nuovo caccia sperimentale ad alte prestazioni Mitsubishi X-2. Si rammenti, a tale proposito, che nei primi anni ’40 del secolo scorso un altro caccia della Mitsubishi, il celebre “Zero”, aveva dominato i cieli dell’Estremo Oriente fino all’arrivo di velivoli americani più potenti.
Consistenti stanziamenti andranno anche alla Marina con il varo di navi altamente robotizzate, e a sistemi missilistici anti-nave di stanza a Okinawa e nelle isole Ryukyu, destinati a contrastare le portaerei della Repubblica Popolare Cinese.
Essendo le forze armate giapponesi molto sofisticate dal punto di vista tecnologico, è probabile che Pechino debba adottare una maggiore prudenza, attenuando la spinta espansionistica che ha caratterizzato la sua politica estera e la sua strategia militare negli ultimi anni.